One-shot Nico

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Quella era la tipica giornata che il figlio di Ade odiava. Magari gli altri ragazzi stavano splendendo di gioia, ma lui si sentiva privato della sua energia vitale. Nico adorava le giornate buie, piovose e fredde. Lo facevano sentire a casa ed era come se i suoi sentimenti coincidessero con quelli del mondo intero per cui, si sentiva un po' meno solo.

In quel momento si trovava nella cabina 13, seduto sul pavimento ad aspettare la notte, quando la sua attenzione fu attirata da un ombra che sembrava nascondersi dietro una parete divisoria. Il figlio di Ade si alzò incuriosito e un po' spaventato sguainando la spada di ferro dello Stige. Quella era una comune anima condannata alle Praterie degli Asfodeli, ma emanava una sorta di aura negativa. Sembrava quasi che rispecchiasse le sue intenzioni.
- Chi sei? - chiese Nico con un tono di voce deciso. Il fantasma non disse una parola, tantomeno si mosse.
- Esci e affrontami se vuoi, ma dimmi chi sei!
A quel punto l'anima si mosse e prese a parlare.
- Mi ha mandato tuo padre. Desidera che tu vada al suo palazzo. Ti vuole parlare.
- Cosa vuole? E perché ti ha permesso di uscire dagli inferi? Deve essere importante immagino...
- Io non so niente, mi ha solo mandato qui come messaggero.
Dopodiché quell'anima cominciò ad andarsene e quando Nico si riprese, ormai non c'era più nessuno. E quel nessuno non aveva detto niente riguardo a chi fosse. Ad ogni modo era strano che suo padre, il dio degli Inferi, volesse parlargli. Solitamente i genitori divini sono sempre assenti dalle vite dei figli. La guerra contro i Titani era terminata da poco e loro avevano già parlato di tutto ciò di cui dovevano parlare. E poi come se non bastasse Nico credeva di aver già visto quello spettro in passato. Era molto giovane ed ebbe quasi l'impressione di averlo conosciuto, ma non diede troppo peso a quella che lui credeva immaginazione. Così trascorse la giornata a rimuginare nella cabina di Ade su quello che era successo. Una volta fatto buio, con un viaggio nell'ombra, fece il suo ingresso negli Inferi.

Stava vagando come un'anima persa tra la solitudine e la disperazione degni del regno di suo padre quando giunse in prossimità del fiume Stige. Appena sulla riva, Nico pensò a Percy, la sua cotta segreta. Non era certo fosse solo una semplice cotta ma ad ogni modo nessuno sarebbe mai venuto a saperlo. Adesso Percy stava con Annabeth e quella era la prova che serviva a Nico per convincersi che non sarebbe mai potuto stare con lui. Inoltre al Campo tutti lo evitavano e lo guardavano male e sua sorella se ne era andata lasciandolo solo. Nessuno avrebbe accettato la sua diversità e per questo si sarebbe sentito ancora più isolato. Senza tenere conto, ovviamente, del fatto che adesso Percy era fidanzato e se lui avesse confessato la sua cotta sarebbe passato male davanti a tutti e le cose sarebbero solamente peggiorate. Si ricordava di tutto ciò che aveva fatto per lui e si sentì un po' stupido perché nonostante tutto Percy non lo aveva mai ringraziato come avrebbe desiderato.

Era diretto verso il palazzo di suo padre di nuovo concentrato su ciò che lo circondava, quando improvvisamente si abbassò, riuscendo per un pelo a sfuggire ad un attacco. Sfoderò con prontezza la spada di ferro dello Stige e quando si voltò, si ritrovò davanti qualche decina di spiriti armati che sembravano avere intenzione di ucciderlo, a giudicare dai loro sguardi assassini. Nico non esitò e andò all'attacco essendo consapevole che quella poteva essere l'unica via d'uscita che poteva permettersi in quel momento. Tentò di controllarli ma erano così arrabbiati che era letteralmente impossibile. Non gli era mai capitato prima di allora di controllare così tante anime ma si stava allenando. Se fosse veramente riuscito a gestirle tutte avrebbe avuto sicuramente un grande potere. Peccato che con loro non ci riuscisse. Parava ogni colpo e menava fendenti a non finire, ma non era per niente semplice contro tutti quei fantasmi. Le loro lame potevano ferirlo ma anche lui poteva disintegrarli con la sua spada. Se avesse avuto un'arma in bronzo celeste sarebbe stato fregato, ma essendo figlio di Ade aveva preferito il ferro dello Stige. In ogni caso una scelta particolare.

Aveva dissolto molte di quelle anime ma stava cominciando a stancarsi e ne mancavano comunque tante. Stava inevitabilmente per essere sopraffatto. Per sconfiggerle aveva bisogno di molta più energia rispetto a quando combatteva con gli esseri viventi... beh non già morti. Se hai a che fare con le anime conta molto anche il pensiero, le emozioni e la forza di volontà, ed era proprio quest'ultima a scarseggiare. Mentre combatteva aveva avuto un'idea per salvarsi: avrebbe potuto fare un tuffo nello Stige tentando di non morire e diventando invulnerabile. Stanco com'era sarebbe stato difficile appigliarsi a qualcosa con il pensiero che lo legasse alla vita mortale, ma sapeva che se avesse pensato a sua sorella Bianca non sarebbe stato complicato.
Non sapeva cos'altro fare, se avesse aspettato un altro secondo lo avrebbero senza dubbio infilzato con una di quelle particolari spade di cui Nico non conosceva né la fattura, né il funzionamento. Fu così che si lasciò cadere all'indietro nell'acqua dello Stige.

Avvolto da quell'acqua scura e malvagia sentì il suo corpo bruciare e sciogliersi, come la plastica nell'acido. Si concentrò sul mignolo del piede, che sarebbe diventato il suo tallone d'Achille, e cominciò a pensare a sua sorella, alla sua risata, ai suoi capelli, ai giochi di quando era piccola e persino alle sue sgridate. Ma quando pensò alla statuetta di Ade della collezione di Mitomagia per la quale lei era morta, una lacrima si dissolse nell'acqua del fiume dell'odio. Nico non sentiva più il bruciore che fino a poco tempo prima lo tormentava, non sentiva più nemmeno il dolore fisico. Sentiva solo il dolore emotivo che quel pensiero aveva provocato, e fu proprio quello a tenerlo in vita. Quando si sentì più forte si aggrappò alla riva del fiume, si diede lo slancio come poteva e uscì. Quando aprì gli occhi quello che vide lo lasciò di stucco.

Davanti a sé, Bianca lo guardava in un misto di dolore, amore e orgoglio.
- Bianca... - una lacrima rigò impercettibilmente la guancia di Nico.
- Fratellino non piangere. Io sto bene, lo sai, ne avevamo già parlato.
- Lo so ma... ma mi manchi così tanto.
Le sue parole erano interrotte da singhiozzi strozzati. Era così felice di rivedere sua sorella. Bianca si avvicinò a lui.
- Nico sono molto orgogliosa di te, e sono sicura che anche mamma lo sarebbe. Anche papà a modo suo lo è, ne sono certa.
I singhiozzi cessarono ma le lacrime continuavano a sgorgare salate e forse anche amare dagli occhi scuri di Nico di Angelo.
- Bianca mi manchi così tanto. Se solo mi dicessi dove, io verrei da te a trovarti.
- Nico non cercare di passare del tempo con me, peggiorerebbe solo le cose. Se per ragioni strettamente necessarie scenderai qua sotto sarò io a cercare te, ammesso che ci sia ancora.
- Bianca cosa significa... dimmelo ti prego.
- Piccolino devo andare. Ricordati che ti voglio bene e che forse ci rivedremo.
Lo spirito di Bianca si allontanò fluttuando e poco istanti dopo era già sparita. Nico decise che se veramente Ade avesse voluto vederlo lo avrebbe ricontattato, ma dubitava fortemente. Così tornò nel mondo mortale.

Era quasi mattina al Campo Mezzosangue. Nico non riusciva più a reggersi in piedi e aveva la mente affollata di domande. Chi erano quegli spiriti e perché lo avevano attaccato? E perché Bianca si era fatta vedere proprio dopo che aveva pensato a lei così intensamente? Nico non conosceva le risposte a queste domande. Oltretutto si era anche dimenticato di essere invulnerabile. Dopo tutto quello che era successo non riusciva a pensare lucidamente e i viaggi nell'ombra avevano disintegrato le sue energie, proprio come aveva fatto lui con la maggior parte di quei fantasmi. Decise quindi di andare a dormire. Appoggiò la testa sul cuscino certo che il giorno dopo avrebbe indagato, e si addormentò pensando a sua sorella Bianca.

~Come si è capito questa one-shot è ambientata dopo la guerra contro i Titani.

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