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Un nuovo mondo

Non sapevo esattamente che ore fossero quando, ripresa dallo stordimento, l'uomo dal camice bianco venne a prendermi. Mi disse di non fare domande fino a quando non avremmo raggiunto la biblioteca. Sicuramente immaginava quanto io fossi confusa in quel momento ma era necessario attendere per le risposte che cercavo. Il ragazzo timido, che aveva nominato le mie origini misteriose, aveva suscitato in me non solo incredulità ma anche interesse. Cosa poteva avere di speciale la mia nascita? Cosa non mi era stato raccontato o piuttosto nascosto?

Attraversammo il corridoio, di cui il pavimento era fatto da lastre di marmo bianco e le pareti di carta da parati rossa, e raggiungemmo presto una grande porta con due battenti di legno. Quando la varcammo, vidi l'inimmaginabile: una mastodontica sala in stile gotico, che pensai fungeva da atrio, era rivestita d'oro. Nel soffitto, costituito da arcate a sesto acuto, c'erano dei bellissimi affreschi che ritraevano il diluvio universale e la crocifissione di Cristo mentre, ai lati della sala, c'erano le finestre trifore che erano mosaici di vetro colorato raffiguranti il fuoco, l'acqua, il soffio del vento, la terra e forse qualcos'altro sulla natura. Era davvero uno spettacolo, e fu per quello che desiderai molto di poter restare ancora in quella specie di paradiso per gli amanti dell'arte, ma invano.

L'uomo, che mi stava conducendo alla biblioteca, non badava granché a me, che lo seguivo, bensì era immerso nei suoi pensieri. A me non restava altro che guardarmi intorno stando attenta a non perderlo di vista. Quell'uomo aveva un'aria stanca, lo si notava dal suo passo pesante e dai suoi occhi spenti, tuttavia la sua bocca, rivolta all'insù in un sorriso, mi faceva pensare che fosse anche appagato da una buona notizia.

Dopo quella sala, ce ne fu un'altra più piccolina, altrettanto bella, e poi raggiungemmo finalmente la biblioteca. È dire poco che mi emozionai nel vedere tutta quella miriade di scaffali che partiva dal basso e si prolungava in altezza in un salone di almeno una cinquantina di metri quadri. Oltre ai libri, era meraviglioso il design del legno, intarsiato nelle librerie, a forma di foglia d'acanto e varie volute.

Avrei voluto soffermarmi a leggere i nomi dei titoli per tutto il pomeriggio ma la curiosità sul mio passato era ancor più grande.

L'uomo, prima di parlare, decise di sedersi in una comoda poltrona e mi invitò di fare lo stesso nel sofà accanto. Prese poi una pipa e finalmente iniziò: «Allora Milena, vedo dai tuoi occhi che questo posto ti incanta. Anche a me piace tanto, non c'è posto più bello per chi adora leggere, non trovi?»

«Si, è davvero stupendo qui ma, non solo la biblioteca, anche tutto il complesso. Non ho mai visto qualcosa di così bello in vita mia. Che posto è questo?» domandai curiosa.

«Ci troviamo semplicemente in una scuola, solo che è per ragazzi speciali. Tu sei una di quei ragazzi e avresti dovuto fare l'esame di ammissione fra qualche giorno.»

«Speciali in senso di prodigio, giusto? Non avevo alcuna idea che si potesse entrare in scuole simili senza alcuna domanda di ammissione, insomma...» Ero sorpresa dalla notizia ma, dall'espressione dell'uomo che mi stava parlando, sembrava sbagliato esserlo. Non avevo avuto il tempo di esprimere il mio stupore ed entusiasmo che fui interrotta.

«No, Milena. Sono sicuro che tu sia una bravissima studentessa ma non è quello che intendevo. Io parlo di una specialità diversa, che si eredita dal sangue dei propri antenati.» mi disse l'uomo con tono quieto. Che cosa intendeva dire?

L'arrivo della famiglia Hyde sarebbe stato l'ultimo dei miei pensieri. Infatti, la cosa più normale che mi stesse capitando era proprio l'arrivo dei nuovi vicini che, nonostante poteva essere anch'esso un gran mistero, non era paragonabile a quello che mi stava capitando.

Elemen: il potere elementare~ITDove le storie prendono vita. Scoprilo ora