Capitolo 11 (parte 2)

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Steve era morto e non c'era nulla che potesse fare per evitarlo, perché era già successo, era stato un imprevisto scomodo e pieno di sangue, e né lei né Yael potevano tornare indietro ed evitare di coinvolgerlo in quella faccenda.



La sua morte faceva male. Non tanto perché era colpa sua, quanto più perché chiunque si avvicinasse a lei finiva per sviluppare quel triste epilogo; era già successo con Jason, e adesso chi altro avrebbe coinvolto? Quante altre vittime innocenti – non che Jason lo fosse, Lily aveva capito il perché era stato punito, eppure pensava che la morte fosse una punizione troppo drastica e definitiva, non lasciasse all'individuo la facoltà di riprovare a vivere in modo sano – sarebbe stato capace di uccidere, Alexander, prima che lei e Yael arrivassero a catturarlo?



Lasciò che l'acqua bollente assorbisse le sue lacrime e le sciogliesse i nervi troppo tesi. Poi uscì, circondandosi il corpo con un asciugamano. Si sedette sul bordo della vasca, dopo aver iniziato a svuotarla dalle troppe bolle di sapone, e pensò che avrebbero pesato molto meglio le prossime situazioni. Non potevano mai abbassare la guardia, nemmeno per un momento.



Non aveva nessuna voglia di asciugarsi i capelli. Li tamponò con l'asciugamano per un po', ferma davanti allo specchio. La sua immagine era sfocata, il vetro appannato dal calore.



Si vestì alla svelta. Le magliette erano state infilate alla rinfusa nella borsa e più o meno tutti i vestiti erano stropicciati. Sospirò e uscì dal bagno.



Pensò che la morte di Steve, sebbene fosse più vicina, non le causava la sofferenza che invece aveva sentito addosso quando era stato Jason ad andarsene. Pensò che se aveva superato la sua morte, poteva superare anche quella.



La verità era una sola. Era stato facile uccidere Steve, per l'assassino, e per questo sapeva di non avere alcuna possibilità contro di lui. Il fatto che non fosse sola in quella storia e che ci fosse anche Yael non significava nulla. Non erano nulla, loro due, in confronto a qualcuno talmente folle da uccidere più individui.



C'era stato un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui la sua unica preoccupazione erano quegli esami che doveva dare senza avere voglia di studiare. Poi c'era stato il virus e aveva iniziato a sentirsi impaurita di fronte ai social network, a tutte le informazioni esposte a un mondo pieno di matti. Interi mondi virtuali occupati da ragazzine con la sindrome della Barbie, bevande detox, cibo fotografato che non finisce mai davvero giù nello stomaco.



Le sarebbe piaciuto stare ancora in quel mondo patetico, piuttosto che vivere quell'incubo e non sapere se sarebbe riuscita a sopravvivere oppure no.



Cercò Yael, chiamandolo e sentendo la sua risposta arrivare dalla direzione della cucina. Si trascinò fino a quella camera e prese posto di fronte al tavolo, incrociando le braccia.



«Ora devi dirmi com'è morto» iniziò. Non pensava che avrebbero trovato qualche informazione utile, ma aveva comunque bisogno di saperlo.



Yael si passò una mano fra i capelli bianchi, poi sospirò. Prese posto davanti a lei. «Gli ha tagliato la gola.»


Cercò di non costringersi a formare quell'immagine nella sua testa e la cestinò. Se avesse pensato a quell'omicidio sarebbe solo stata peggio. Dovevano trovare una soluzione. Dovevano rimanere vivi.



«Qua siamo al sicuro? Ora che ha ucciso Steve potrebbe farlo anche con la tua coinquilina, o con Maddie.» Quella prospettiva era orribile, ma bisognava prenderla in considerazione. Non potevano farsi cogliere di nuovo impreparati.


«Non siamo al sicuro da nessuna parte, Lily. Soprattutto se sospetteranno che sei colpevole di quell'omicidio. La situazione si complicherà davvero molto se non avremo solo lui contro, ma anche la polizia. Ti rendi conto di questo?»


«Proprio per questo dovremmo dire tutto alle forze dell'ordine» replicò Lily.

The ghost in your roomDove le storie prendono vita. Scoprilo ora