Capitolo 1.

1.8K 93 18
                                        

                                                                     We drew a map to a better place

                                                                             But on that road I took a fall

                                                                      Oh baby why did you run away?

La signora Clark era in cucina, seduta a tavola e con una tazza di camomilla tra le mani mentre osservava sua nipote seduta nel salotto; le stava dando le spalle a causa della posizione del divano : la spalliera era rivolta verso l'ingresso del salone, diviso dalla cucina da un cortissimo corridoio che permetteva l'accesso all'unica rampa di scale presente in casa. Sospirò profondamente: non sapeva cosa fare, si sentiva vulnerabile e inutile; era oramai passato un anno ed Eveline , ogni martedì, si recava dalla signorina Greender-la sua psicologa-per delle sedute, sedute che non partivano mai: Eveline rimaneva lì dentro per massimo 30 minuti in completo silenzio e non permetteva a nessuno di aiutarla.

La ragazza spense il televisore e si diresse in cucina, mentre sua zia, così presa dai suoi pensieri,  non notò nemmeno il suo arrivo; le poggiò le mani sulle spalle e si chinò su di lei per lasciarle un bacio sulla guancia.

< Se hai fame ti preparo qualcosa >, le propose la donna e lei scosse la concedendole un piccolo sorriso, per poi allontanarsi lentamente verso le scale che l'avrebbero portata in camera sua. La donna si fece coraggio prima di parlarle.

< Oggi è martedì, ti ricordi di andare dalla signorina Greender, vero? > Le domandò e vide sua nipote fermarsi proprio sul ciglio della porta, dandole ancora le spalle. Eveline si voltò verso di lei e le annuì atona, perdendo ogni forma di emozione, poi sparì velocemente dietro l'angolo.

La signora Clark sospirò per l'ennesima volta, come di consuetudine: si poteva ritenere soddisfatta, almeno non le aveva urlato contro come le prime volte, e non scappava più di casa come era solita fare in precedenza ogni martedì pur di saltare le sedute in questione; Eve, però, era ancora in un mondo tutto suo- o in un inferno tutto suo- e non permetteva a nessuno di entrarci, forse per gelosia, forse per orgoglio, forse per buon cuore.

***

Anche quel giorno Eveline si ritrovò seduta sul divano in pelle graffiato dalla moltitudine di unghie che avevano cercato di affondarvi dentro alla ricerca di un po' di conforto; lo stesso divano puntualmente ghiacciato in inverno e appiccicoso in estate, ma quella era una qualunque giornata d'autunno e non c'era nessun problema. La donna di fronte a lei la guardava annoiata, sembrava aver perso tutta la passione per la sua storia, quella passione che l'aveva caratterizzata fino ad una seduta prima, ma Eveline non la biasimava.

< Allora... > Cominciò la donna e, stranamente, non afferrò ne taccuino ne penna.

< Che hai mangiato a pranzo? > Domandò e i muscoli facciali si ammorbidirono in un'espressione più rilassata, quasi divertita; per la prima volta la signorina Greender riuscì a sorprendere la ragazzina a qualche metro da lei che sgranò leggermente gli occhi dalla sorpresa, per poi lasciarsi andare ad una risatina e scrollare le spalle, dandole così una risposta.

< Nulla? Io sono andata a pranzo con mio marito invece >, continuò la bionda mettendosi comoda sulla poltrona. Eveline aggrottò leggermente le sopracciglia: da quando la signorina Greender era sposata? 

La psicologa comprese il suo dubbio.

< Mi sono sposata il mese scorso, è strano dirlo e sentirlo dire. Lo so. > Spiego gesticolando ed Eveline giurò di vederla arrossire leggermente. Sorrise intenerita da quella scena: lei a 17 anni aveva smesso di arrossire da un po' e sua zia continuava a ripeterle che non era normale, e che non doveva privarsi di una sensazione così. 

Wreck || Ashton IrwinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora