Sua madre le accarezzò amorevolmente la guancia, il suo viso era così vicino quanto pallido: molto; indossava ancora quella maledetta camicia bianca da lavoro e quel tubino nero che le arrivava all'altezza delle ginocchia, sembrava non possedere alcun altro vestiario se non quello. Eveline chiuse gli occhi facendo sfregare ulteriormente le nocche di sua madre contro la pelle che reclamava avidamente quel contatto, ma più vi si spingeva contro, più percepirne la consistenza, il calore, l'odore di pesca, risultava difficile. La ragazzina sgranò gli occhi e la figura perfettamente sistemata di sua madre si macchiò di sangue, mentre la sua mano ricadeva priva di forze lungo il fianco. Eveline reagì nell'unico modo che le era concesso: urlò.
La ragazza alzò di scatto il petto cercando di inalare quanto ossigeno possibile; la camera era avvolta nell'oscurità e i suoi occhi vagarono nel nulla, non trovando alcun appiglio. Provò a bisbigliare tra se e se la frase che Ashton le aveva oramai inculcato, ma fu proprio il ricordo di quell'individuo così meschino e poco affidabile ad agitarla ulteriormente; si posò una mano sul cuore sentendoselo scoppiare nel petto mentre pompava quanto più sangue possibile ad una velocità disumana. La luce nel corridoio si accese e filtrò dalla parte inferiore della sua porta chiusa, illuminando flebilmente le scarpe poggiate vicino all'uscio; la signora Clark spalancò la camera di sua nipote e accese immediatamente la luce: la ragazzina respirava affannosamente ancora raggomitolata tra le coperte, con i lunghi capelli scompigliati e bagnati di sudore. Avrebbe voluto poter fare di più ma i dottori glielo avevano ripetuto centinaia di volte: non si possono fermare gli attacchi di panico, non si può combattere contro la psiche di una persona dall'esterno; così si limitò a sedersi al suo fianco e a guardarla con quanto dispiacere e amore possibile, pregando che quella notte finisse in fretta.
***
Quella domenica pomeriggio casa Hemmings era pressocchè vuota, tra i lunghi corridoi echeggiavano i vocii provenienti dalla strada e in camera di Luke nessuno fiatava. Il proprietario di casa saettava lo sguardo sul display del computer fisso, alla ricerca di qualche canzone interessante e con le cuffie alle orecchie per evitare di fare casino; a pochi metri da lui, infatti, sdraiato sull'enorme letto a due piazze, Ashton riposava beatamente: i pantaloni della tuta gli cadevano sui fianchi, divenuti da qualche mese a quella parte un po' troppo larghi- o forse lui un po' troppo magro- e la maglia gli si era arrotolata sull'addome. Luke ruotò la sedia girevole nella sua direzione, osservandolo: non era la prima volta che Ashton si presentava a casa sua per potersi fare, praticamente sempre, semplicemente una bella dormita. Il biondo, tuttavia, la riteneva una cosa normale e, puntualmente, lo lasciava in pace, aspettando pazientemente che si svegliasse. La verità era che Ashton pareva dormire bene solo a casa di Luke, solo con qualcuno al suo fianco, e il migliore amico l'aveva percepita come una grossa responsabilità e un enorme atto di fiducia nei suoi confronti. La situazione rimase tale per un'ulteriore ora sino a quando, di punto in bianco, il riccio non si alzò di scatto soffocando un urlo. Luke, terrorizzato a morte dall'improvviso suono, gettò le cuffie per terra per poi voltarsi incazzato nero verso Ashton.
<Ma ti sei bruciato il cervello??> Gli domando, scandendo bene ogni parola. Ashton si guardò un po' intorno, mentre il petto gli si alzava e abbassava in maniera regolare, prima di posare lo sguardo spaesato e scombussolato sull'amico.
<Ho avuto un incubo, scusa>, biascicò a disagio, tastando le lenzuola sotto di lui alla ricerca di conferme: aveva il terrore che, da un momento all'altro, quella situazione potesse rivelarsi essere nuovamente un'illusione. Nonostante l'inverno fosse alle porte, in quella camera faceva sempre terribilmente caldo: sul materasso, infatti, non vi erano altro che delle lenzuola in flanella. Ashton, che, soprattutto nei mesi invernali, la notte si trovava spesso a sudare freddo e a gelare sotto le coperte, ne era geloso.
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Wreck || Ashton Irwin
FanfictionHa l'impulso di distruggere tutto ciò che ama prima che esso distrugga lui. E lui la ama da morire.