Eveline sbattè il piede per terra, furiosa.
< E poi ha osato dire: " che c'è, il gatto ti ha mangiato la lingua"? >
Meredith ascoltava l'amica che camminava in maniera irrefrenabile mentre lei la osservava seduta sulla panchina. Eveline era tornata da poche ore dalla sua seduta psichiatrica e il sole era già calato oltre l'orizzonte; il Chiosco ghermiva di ragazzi della scuola superiore: era il punto di ritrovo per eccellenza a Greenville, non era un vero e proprio chiosco, in realtà implicava tutta la zona del Parco, ma veniva chiamato così a causa del chiosco di gelati abbandonato-e puntualmente aperto con la forza dai soliti teppisti-, presente all'interno della zona pubblica stessa, dove i ragazzi spesso si rollavano le canne.
Meredith sospirò.
< Te la stai prendendo per nulla, Eve >
< Non è per nulla! E' stato maleducato >, borbottò la ragazza dai capelli neri incrociando le braccia al petto e corrugando le sopracciglia, infastidita e offesa. Meredith inclinò impercettibilmente la testa, lasciando che qualche ciuffo le cadesse sul volto e osservò la sua migliore amica sotto la luce tenue dei lampioni sparsi un po' ovunque: Eveline era pallida, troppo per una ragazza della Carolina del Sud, ed aveva i capelli così neri e lucidi da poterne vedere quasi il riflesso sotto la luce gialligna; gli occhi erano cangianti e la notte le pupille le si dilatavano così tanto da non permettere più a nessuno di distinguere il vero colore dell'iride. La bionda si sfregò le mani, cercando un po' di calore.
< Lascia correre >, le consigliò semplicemente ed Eveline annuì bruscamente, non contenta di quella risposta ma consapevole di non poter ribattere; era un argomento stupido quello che avevano intavolato, ma quel martedì sera non prometteva nulla di eclatante e gli argomenti su cui spettegolare scarseggiavano a Greenville.
< Sono contenta che tu stia parlando di più >, ammise la bionda.
< In queste settimane parlavi sempre di meno. Ho temuto che fossi diventata muta >, spiegò ancora gesticolando.
Eveline ridacchiò.
< Non credo sia possibile >, e si passò una mano tra i capelli, districando con le dita qualche nodo. In quelle settimane si era chiusa ulteriormente in se stessa senza un apparente motivo: mangiava poco, dormiva ancora meno e parlava con sempre meno gente.
Eve si accomodò vicino all'amica, osservando i gruppi di ragazzi sparsi per la zona.
< Come sta tua madre? > Domandò la bruna.
Meredith strinse i pugni poggiati sulle ginocchia.
< Meglio. E' ancora un po' sconvolta >, spiegò riluttante. La verità era che sua madre non aveva ancora assimilato la mancanza di rispetto subita: era stata violenta, improvvisa, catastrofica nella sua materialità. Eveline le passò un braccio intorno al collo, stringendola a se.
< Lo troveranno quel bastardo >, la rassicurò e le poggiò un bacio tra i capelli chiari che profumavano di miele.
***
Ashton sistemò meglio l'erba nella cartina lunga, poi, facendo pressione con i pollici su entrambi i lati di essa, la distribuì correttamente. Luke, seduto al suo fianco, faceva lo stesso.
< Ashton >, mugugnò una voce femminile e accattivante, il riccio alzò lo sguardo: Katia lo osservava come un cucciolo indifeso. Si leccò le labbra.
< Che cosa c'è, Katia? > Domandò abbassando nuovamente lo sguardo sulla sua opera e infilando il filtro fatto in precedenza.
< Possiamo smezzare? > Domandò lei indicando con un cenno la canna, il biondo grugnì un attimo, non totalmente disposto alla cosa.

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Wreck || Ashton Irwin
FanfictionHa l'impulso di distruggere tutto ciò che ama prima che esso distrugga lui. E lui la ama da morire.