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-sveglia- la voce allegra di Jason colse Agatha all'improvviso, inaspettatamente la svegliò  mentre la sua mente era concentrata su un episodio. Un episodio ben preciso. Il suo corpo tremava, lei era in preda al terrore, all' inquietudine che quel ricordo provocava in lei. Le sembrò di rivederlo, di essere ancora lì in quel momento, di avere di nuovo le sue sudice e luride mani sul suo corpo. Non aveva fatto altro che ripensare a quell'episodio delicato e spiacevole per tutta la notte. La voce di Jason era stata liberatoria, come quella bottiglia di vetro rotta in testa a Fabian. Quel suono, così liberatorio, mai, come in quel momento, una voce aveva assunto il frastuono di una bottiglia di vetro mentre si spaccava in testa a qualcuno. Eppure ora lo era diventato, la sua salvezza.

Jason si era accorto che qualcosa non andava, quando lui era entrato nella camera e aveva acceso le prime luci, notava il corpo della ragazza tremare sotto le candide e bianche lenzuola. Aveva visto la sua fronte sudare e i suoi denti sbattere, come se avesse freddo nonostante fosse coperta da un lenzuolo e fuori ci fossero più di 25 gradi. Jason, in 20 anni che era lì non aveva mai visto una persona dimenarsi nel letto a quel modo. Agatha sembrava febbricitante, blaterava cose che non esistevano e urlava dei nomi che Jason non conosceva. Subito dopo aver urlato "sveglia" il giovane corse al suo capezzale e le strinse una sua minuscola e pallida mano nelle sue al contrario grosse e forti. Le accarezzò dolcemente la fronte, asciugandola da tutto il sudore e, delicatamente, le sussurrò all'orecchio:

-Svegliati Agatha-La ragazza si tranquillizzò un momento, poi, con molta fatica e tanta lentezza aprì gli occhi e si sedette sul morbido e soffice letto.

-Che cosa è successo Agatha?- 

La ragazza lo guardava curiosa, non sapeva se dirgli la verità oppure se era meglio tacere. Infondo quel ragazzo lo aveva appena conosciuto anche se dentro di sé credeva di potersi fidare sapeva anche che c'era qualcosa di più, qualcosa che aveva costretto tutti quei ragazzi all'ubbidienza. Guardandolo però, Agatha non poté fare a meno di sciogliersi. D'altronde quel ragazzo ora era un suo amico, anzi, lo era da una vita. Lei lo conosceva dalle parole buone che uscivano dalle bocche delle persone e dagli sguardi colmi di affetto che avevano tutti gli individui quando lo ricordavano. Per tutti era una persona speciale, semplice. Per tutti lui era qualcosa di ovvio e anche fedele.

-Stavo sognando Jason. Ho fatto un brutto sogno-

-Che cosa vuol dire?- sembrava confuso nel pronunciare quelle parole.

-Sognare vuol dire vedere qualcosa-

-Tu cosa hai visto?-

-Il momento del mio rapimento. C'era...c'era...un mio amico, sì un mio amico...- "amico", le faceva schifo chiamarlo pure così.

-Tu vedi il passato-

-Beh...non proprio-mentì lei. 

-È la prima volta?-

-Sono qui solo da un giorno, si è la prima volta- stava mentendo. Lei non vedeva il suo passato, non lo percepiva come delle visioni o come delle sensazioni, il suo passato era parte integrante di lei. Lei non lo vedeva. Se lo ricordava. Tutto.

-Ricordi altro del tuo passato? - non era arrabbiato, solo voleva capire bene la situazione

-No nulla- mentì di nuovo

-Dobbiamo dirlo al capo supremo-

-Che cosa? Ma mi ucciderà- Agatha era spaventata, se il capo supremo voleva che nessuno ricordasse nulla del proprio passato allora trovandosi davanti una come lei, diversa e che non rispettava il suo esperimento e il suo prototipo di induvuduo del nuovo mondo l'avrebbe sicuramente uccisa. Ecco, aveva toppato a dirlo a Jason, d'altronde, lei lo sapeva, li erano tutti sottomessi al capo supremo. Doveva tenersi tutto, ogni cosa per sé. Perché gliel'aveva detto?

Domani è un altro giornoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora