Io sono Mitch, comunque.

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Non so esattamente cosa sia preso a Christian, ma ho evitato di indagare perché lui non ha insistito più di tanto con me.
Oggi è successa una cosa che non succedeva più da tempo e che non doveva assolutamente succedere.
Sono sempre stata una persona allegra e positiva, indipendentemente da tutto, ma quando si verificano eventi del genere non sono niente di ciò che sono di solito, entro nella mia tana del terrore, tutto si offusca, la mia testa modifica la realtà. Tremo, piango, singhiozzo, urlo, imploro.
Non so dove sia il mio capo e perché sia sparito, ma non è qui, non c'era ieri quando sono andata a cambiarmi, non c'era stamattina a vedere come andava a lavoro, non c'era oggi quando sono tornata a cambiarmi e non c'è adesso che sono ad aspettarlo nel suo ufficio per iniziare il lavoro che mi ha proposto.
Oggi per l'occasione ho anche portato un po' del mio vecchio materiale che potrebbe tornarci utile, ma lui non è qui.
Rassegnata esco dal suo ufficio ma vado a sbattere contro qualcuno.
Strano, fino ad ora eri quasi riuscita a sembrare una persona normale
- mi scusi!- esclamo subito per poi notare Marlene davanti a me
- oddio, mi scusi signora Marlene!- ribadisco
- oh non ti preoccupare cara...- sembra con la testa da un'altra parte
- non vorrei essere indiscreta, ma sa mica dove posso trovare Christian? Mi aveva detto di venire nel suo ufficio oggi dopo il lavoro ma lui non c'è...- chiedo incerta.
Sono in un film, agente 007 in azione, troviamo Christian D'Angelo scavando a fondo negli affari loschi dell'azienda... pew-pew... pew-pew... HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA.
Torno nel mondo delle persone normali e attendo che Marlene mi risponda.
Mi guarda per qualche secondo, poi scuote la testa, forse per allontanare qualche pensiero
- no tesoro, non so dove sia- tira un sorriso per niente rassicurante
- sa se sta bene?- continuo a chiedere cose che non mi riguardano, ma non m'importa.
Impicciona.
Con sguardo perso mi appoggia una mano sulla spalla, mettendosi sulle punte dei piedi per la differenza di statura, tiene un po' lì la mano e poi si dilegua.
Sono tutti strani in questo posto...
Vado avanti per il mio percorso ma sbatto nuovamente contro qualcuno
- eh che cazzo però!- impreco ad alta voce.
Alzo lo sguardo e noto un uomo fissarmi.
Ha occhi marroni, freddi, distanti, i capelli brizzolati e tenuti un po' più lunghi di quelli di Christian ma con un taglio ordinato.
Perché diamine lo sto paragonando a lui?!
Da quando è diventato il mio termine di paragone?
I lineamenti sono talmente squadrati che sembra fatto con il righello, indossa un completo elegante grigio.
- E tu saresti? Il materiale per le donne delle pulizie si trova nello sgabuzzino al terzo piano- mi squadra dall'alto in basso.
Mi acciglio
- salve, sono Phoebe Thompson, lavoro per Christian D'Angelo al bar sulla spiaggia- mi presento lasciando perdere la sua precedente frase.
- Christian? Quell'inetto non fa altro che mettersi nei guai, lei lavora per me signorina, non per lui- esclama freddo ed io mi indigno
- lei è Robert D'Angelo?- domando squadrandolo come lui aveva fatto in precedenza con me
Perspicace come sempre, ragazza
- in persona dolcezza- rabbrividisco a sentire il nomignolo che mi ha affibbiato. Il suo repentino cambio di atteggiamento mi spaventa.
- sono del tutto certa di lavorare per suo figlio e non per lei, inoltre trovo davvero poco dignitoso l'aggettivo con il quale si è riferito a Christian.-
Vedo il fuoco accendersi nei suoi occhi
- Ma come si permette?! Lei non è altro che una dipendente! Non dovrebbe prendersi confidenze del genere!- mi urla contro e faccio un passo indietro intimorita.
Non deve succedere
Non deve succedere
Non deve succedere più.
Perchè sta succedendo di nuovo?
- Troverò il modo di farti licenziare! Mio figlio non deve avere voce in capitolo su questo!- si avvicina pericolosamente e nel mio cervello scatta un allarme.
Non qui.
Non qui davanti a tutti.
Mi rintano in un angolo e desidero di scomparire.
Continua ad urlarmi contro.
- allora forse tu non dovresti prenderti la confidenza di chiamarla "dolcezza"- tuona una voce alle mie spalle.
Sobbalzo e mi rintano ancora di più nel mio rifugio.
-p-per favore...- mormoro.
Phoebe il cervello, attiva il cervello
La paura non è reale
La paura non è reale
La paura non è reale
- ti prego!- continuo a dire frasi sommesse
- impertinente! Sai anche tu che questo non è il tuo posto, non hai la stoffa per essere un uomo come me- inizia ad urlare Robert contro al figlio
- e ringrazio di non essere fatto della tua stessa stoffa!- sbotta in risposta il mio capo
- no, no per favore, non ho fatto niente!- urlo
- Phoebe! - si avvicina a me quello che credo sia Christian
Hai capito Phoebe?
È Christian, non succede niente, è Christian.
- ma che razza di gente assumi?!- lo deride Robert
- assumo gente che non pensa solo ai soldi e che sa fare bene il proprio lavoro. Gente che ha un cervello al posto delle noccioline!- ribatte gelido il mio capo.
Tremo.
- portala via dalla mia vista, quelle che fanno le vittime non mi piacciono- non sento cosa risponde Christian e poi avverto il terreno mancarmi sotto ai piedi. Istintivamente mi dimeno
- no lasciami andare! Ti prego!- urlo
- Dannazione Phoebe!- inizia a correre e poi mi adagia su qualcosa di morbido.
Lacrime
Ho bisogno di piangere
Se piango è tutto finito.
- Phoebe, Phoebe guardami.- ordina con tono preoccupato Christian
- non ho fatto niente...- singhiozzo
- Phoebe, non sono arrabbiato con te, nessuno lo è, guardami- il suo accento italiano mi colpisce le orecchie ed io sto tornando con la testa al presente
- io... io... scusami- singhiozzo ancora, una lacrima mi riga la guancia
- Phoebe, non hai niente da farti perdonare
- scusa...- inizio a piangere.
Il mio capo impreca per poi mettere in moto quella che credo sia una macchina. L'andatura del veicolo mi culla finché non cado fra le braccia di Morfeo.

Maledizione al mio capo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora