Direi che siamo pari.

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CHRISTIAN

-Christian?- mi richiama vedendo che non ho ancora detto niente.
Lo sanno in pochi, mi serve un attimo.
- ti ho già detto che non è una cosa della quale vado fiero...- inizio mettendo le mani in tasca.
Non dice nulla, aspetta che sia io a continuare.
-L'altro giorno non volevo cacciarti in quel modo ma ho dei problemi a contenere la rabbia e avrei potuto urlarti addosso senza motivo- e nessuno merita di essere trattato in questo modo.
Abbassa lo sguardo ma poi lo rialza subito.
- Sia chiaro, non ti avrei MAI messo le mani addosso, per nessun motivo- chiarisco non appena capisco quale sia la sua paura.
Prende un respiro un po' più profondo degli altri e torna a guardarmi.
- forse sono masochista dato il fatto che in ogni momento un po' più tranquillo degli altri che ho mi metto a pensare a mio padre e a tutte le cazzate che ha fatto e che continua a fare.- sospiro pesantemente, mi sto incazzando di nuovo.
Stringo i pugni nelle tasche.
- non sono viziato, non voglio avere il comando per essere il capo e comandare tutti a bacchetta, ma io so come si porta avanti un'azienda, lui no.- mi passo una mano fra i capelli
Perchè le sto dicendo questo?
- non ti seguo, non è lui che ha dato il via a tutto?- chiede timida.
Cerco di calmarmi prima di rispondere. Tolgo di scatto le mani dalle tasche e stringo la pelle nera del divano.
Dovevo solo dirle dove sono stato, perché le sto praticamente raccontando tutta la mia vita?!
-C-Christian... stai tranquillo, se non vuoi non rispondermi...- sembra intimorita, come se avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato, la guardo negli occhi, due iridi nocciola da cerbiatta. Non so cosa abbia passato, ma quegli occhi non meritano di soffrire ancora.
Mi tranquillizzo, non è giusto che io la tratti di merda.
- mio padre non c'entra niente, è stata mia madre a fondare tutto e a portare avanti il lavoro, ma quel bastardo è riuscito a convincerla a cedergliela prima che diventasse un'azienda importante, inizialmente l'ha quasi costretta a chiamarla con il suo nome, e in seguito si è messo a giocare al dirigente serio, non sa niente di come funzionano i conti e tutto il resto, ed io devo ogni volta rimediare ai suoi errori.-
Sembra sbigottita.
Chi non lo sarebbe, tutti pensano che sia mio padre il grande uomo.
Ma si sa, dietro ad un grande uomo c'è sempre una grande donna, con la differenza che mio padre è tutto tranne che un grande uomo.
Un grande stronzo, forse.
Vedo che vorrebbe farmi altre domande ma sta zitta, almeno non devo dirle dove sono stato, forse sono riuscito a distrarla con mio padre e tutte le sue stronzate.
- come si chiama tua madre?- chiede invece dal nulla.
Non capisco perché voglia saperlo, dirglielo implica spiegare ulteriori cose ma ormai ho lanciato la freccia.
- così so per chi in realtà lavoro- alza le spalle sorridendo come se mi avesse letto nel pensiero e volesse darmi una spiegazione, sorrido di rimando, ma è un sorriso forzato, e lei lo sa, non mi preoccupo di nasconderlo.
- Margaret, Margaret D'Angelo.- stringo i pugni
- ha mantenuto il cognome di tuo padre?- chiede, sospiro pesantemente e lei si fa piccola piccola
- scusa io...- la blocco prima che possa dire altro, basta panico in mia presenza.
- non hai detto niente di sbagliato, non scusarti; non devi.- prende un respiro profondo
-V-va bene- acconsente per poi sedersi più comoda portando le mani sulle sue cosce.
- quando mia madre ha deciso di non cambiare il nome dell'azienda mio padre si è appropriato del suo, all'anagrafe non ha cambiato nulla ma ormai è conosciuto da tutti con quel nome e mia madre rimane, come sempre, nell'ombra senza prendersi i meriti che le spettano.- ringhio dalla rabbia
- e-e tu?- chiede incerta
- io ho cambiato cognome, legalmente, non voglio essere chiamato come l'uomo che ho per padre.-
Sta zitta un attimo, poi apre bocca per parlare ma la richiude subito dopo
- dai, dimmi.- la incito, tanto ormai.
- tuo padre come ha reagito?- si avvicina leggermente a me; che traguardo.
- a mio padre non frega un cazzo di me, pensa che sia una nullità e io non ho intenzione di cambiare il suo pensiero, d'altro canto io penso che lui sia solo una feccia, quindi direi che siamo pari- alzo le spalle.
-però ora basta parlare di me- esordisco ad un certo punto
- Ehy ma non mi hai detto dove sei stato!- si lamenta, ma vedo che è divertita
- ti ho già detto abbastanza.- ribatto tranquillo
- e va bene...- acconsente.
Prende fiato e comincia a parlare.

Maledizione al mio capo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora