L'ha pagato per uccidermi!

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Merda merda merda.
Questo qui non ci sta proprio con la testa.
Sta piovendo da circa cinque giorni, e ieri ho passato una buona mezz'ora davanti alla finestra ad aspettare che Noé venisse a bussare alla porta di casa per portarmi via con la sua arca.
In questi cinque giorni vi chiederete cosa sia successo, è successo che quel bastardo del mio capo non si è fatto vivo nemmeno una volta e oggi, oggi se ne esce con una chiamata alle cinque del mattino intimandomi di recarmi prima a lavoro.
Ah ma io questa gliela faccio pagare, non la passerà liscia, chiunque osi farmi alzare prima del dovuto merita tanti schiaffi tante sono le porte che ho preso in faccia nella vita, e vi assicuro, sono tante.
Ovviamente sono l'unico essere umano a non saper tenere in mano un ombrello, non riesco ad avere relazioni serie nemmeno con gli oggetti, a quanto pare.
Fatto sta che questo dannatissimo ombrello non ha ben capito che il suo scopo è allontanare l'acqua da me e non ribaltarsi a piacere facendomi quasi fare la fine di Mary Poppins, con la piccola differenza che lei sa atterrare, io no.
-Grazie Dio, e poi cosa ci mettiamo?- sbotto incazzata con il mondo.
Sono le 5.53 e indovinate un po', strano ma vero, sono in ritardo.
-maledetto te e le tue chiamate mattutine- continuo ad imprecare attraversando la strada senza prestare troppa attenzione al traffico. Ancora assorta dai miei pensieri per poco non mi accorgo che una macchina si sta muovendo a tutta velocità proprio verso la sottoscritta. Non ho mai avuto i riflessi pronti, ma il mio istinto di sopravvivenza questa volta parla chiaro, o ti sposti subito o raggiungerai finalmente il tuo obiettivo di essere qualche taglia in meno. Faccio uno scatto in avanti nel tentativo di salvarmi la vita e, per una volta, ottengo risultati. Non sarò finita spiaccicata come una sardina sotto alla Range Rover nera di questo assassino, ma di sicuro dovrà sganciarmi venti euro per ripagare i miei jeans, adesso strappati sul ginocchio. Non è certo colpa mia se sono inciampata, sono sicura che quella meravigliosa auto sia dotata di freni e che si muova anche senza il bisogno di spingere tanto sull'acceleratore
-Tu!- inizio incenerendolo con lo sguardo  non appena l'uomo che Christian ha sicuramente pagato per mettermi sotto esce dalla macchina.
Tu si che hai fiducia nel genere umano!
Dopo essermi rialzata dall'asfalto mi avvicino minacciosa, ma probabilmente sembro solo ridicola. -quella macchina non ti merita!- strillo come un'impossessata. Continuo ad avanzare verso di lui
-la stai rendendo un'assassina, come te!- continuo.
Adesso vorrei tanto chiedergli quanto Christian l'abbia pagato per cercare di uccidermi ma mi viene in mente che forse sono io che lavoro un pò troppo di fantasia quindi lascio stare.
Il ragazzo di fronte a me prende a fissarmi annoiato.
-Non sei morta no? Smetti di urlare e lasciami passare- evidentemente è lui a voler essere morto.
-scusa? Stavi andando troppo veloce!- continuo a gridargli contro
-non stavo andando io troppo veloce, eri tu ad attraversare troppo lentamente- ribatte fermamente convinto di quello che dice. Lo fisso riducendo gli occhi a due fessure e cercando di capire se mi stia prendendo in giro o meno
- visto che a mio cospetto ho flash, perché non invertiamo i ruoli? Con la piccola differenza che io sarò alla guida di un treno- tiro un sorrisetto angelico e lo guardo talmente male che spero prenda fuoco.
Fesmatus incendia, fesmatus incendia, fesmatus incendia!
Devo esercitarmi di più, Bonnie ci riesce...
- quanto mi danno se ti riporto in manicomio?- chiede dal nulla appoggiandosi alla sua auto.
Non toccare quell'auto.
Ti conviene iniziare a correre.
-facciamo un bel gioco, se sparisci dalla mia vista immediatamente ti do un vantaggio sul tempo- stringo i pugni lungo i fianchi e mi ritrovo a bloccare l'impulso di tirargli un bel calcio dove non batte il sole.
-vantaggio sul tempo?- chiede confuso, poveretto, non si è evoluto, è rimasto al primo stadio di evoluzione degli scimmioni.
Mi sorge spontaneo chiedermi per quale assurdo motivo il mio cervello non comincia a dare i numeri...
Porto velocemente lo sguardo sull'orologio che, come succede troppo spesso ultimamente, non è dove dovrebbe essere.
-merda- borbotto per poi strattonare il braccio dello sconosciuto sotto ai miei occhi.
Ma cosa mi prende?
-Ehy, ma che fai!- prova a riprendersi il suo braccio ma io sto ancora cercando di capire come contare i minuti con queste dannate lancette.
Non pensavo servisse una laurea per queste cose, evidentemente mi sbagliavo.
Le 6.05
-vaffanculo- sbotto restituendogli malamente il braccio con il suo orologio troppo costoso e assolutamente inutile. Probabilmente si impiegherebbe meno tempo a capire l'ora guardando la posizione del sole che con questo aggeggio infernale.
-se mi licenziano sarai tu a trovare una soluzione- urlo, ma sto già correndo verso l'ufficio del mio ADORABILE capo.
Dieci minuti dopo sono arrivata e, sono quasi sicura, che anche la mia ora sia arrivata.
In un quarto d'ora ho rischiato di volare via, hanno provato ad uccidermi, i miei jeans nuovi si sono strappati, ho messo il piede in una pozzanghera, il mio ombrello è volato via e sono inciampata sul gradino del marciapiede.
Se il buongiorno si vede dal mattino qui c'è qualche problema di fondo.
Entro nell'ufficio di Christian senza bussare e la porta sbatte al muro a causa della violenza con cui l'ho spinta, il suo sguardo scatta in alto fino a  intercettare il mio, la scintilla d'irritazione che gli vedo passare negli occhi mi fa venire voglia di uscire di qui e andare a scavarmi la fossa.
Mi rendo conto che il mio aspetto non sia dei migliori, ho i vestiti sporchi e strappati, non voglio immaginare lo stato dei miei capelli, grondo acqua e ho sicuramente un'espressione da isterica.
Dopo qualche secondo finalmente apre bocca
- ti consiglio caldamente di incollarti l'orologio al polso appena torni a casa- la sua voce non è fredda come pensavo, utilizza quasi un tono divertito, ciò non toglie che sia arrabbiato.
-ancora tu?- sento dire da una voce che non riconosco. Con fatica sposto lo sguardo dagli occhi multicolor del mio capo e lo sposto sull'altra figura presente nella stanza.
-Tu?!- resto un secondo bloccata sul posto ma poi comincio ad avvicinarmi, arrivata a pochi centimetri da lui gli punto un dito sul petto
-come osi farti vedere ancora?!- la mia voce è bassa ma sono quasi sicura che se potessi uccidere solo parlando lui sarebbe già in stato di putrefazione.
-voi due vi conoscete?- Christian interrompe il mio monologo di insulti interiore ed io saetto lo sguardo da lui all'assassino
-si, poco fa ha cercato di uccidermi.- spiego continuando a guardare male l'intruso.
-cosa?!- dal tono sembra aver perso il suo atteggiamento formale ma quando sposto nuovamente la mia attenzione su Christian mi accorgo che è quello di sempre, e attende spiegazioni.
-io non ho cercato di ucciderla!- si difende l'altro alzando le mani in alto.
-come scusa?!- sbotto istericamente.
Io lo sapevo che Christian l'aveva pagato per uccidermi.
-Phoebe calmati- intima il mio capo ed io reprimo l'istinto di saltargli addosso e strappargli i capelli
-ho rischiato la vita per venire qui un'ora prima e adesso ritrovo il mio assassino nel tuo ufficio, secondo te dovrei calmarmi?!- continuo a strillare istericamente rendendomi conto che effettivamente ha ragione, dovrei davvero calmarmi.
-Che è success...- prova a chiedere Christian rivolto all'altro ragazzo ma io lo interrompo
-cosa ci fa qui?- punto gli occhi sul riccone con il Rolex
-siamo qui per parlare di questo, però devi sederti e dirmi per bene quello che è successo- il mio capo tenta di addolcire il tono e, nonostante sia arrabbiata con lui da giorni, apprezzo il tentativo.
-stavo correndo in ufficio- inizio, ma vengo interrotta, alla prossima gli stacco le corde vocali
-correvi perché eri in ritardo e sei talmente incosciente da non guardare la strada prima di attraversare-
-solo i pazzi vanno in giro alle cinque del mattino- ribatto stizzita
-tu, eri in giro alle cinque del mattino- tira un sorrisetto divertito ed io cerco di non sbattere un piede a terra dall'esasperazione.
-Phoebe- mi richiama Christian ed io decido di smetterla di dedicare la mia attenzione all'assassino.
Dopo aver lanciato un'ultima occhiata inceneritrice ritorno con gli occhi a quelli del mio capo.
-lui è spuntato dal nulla e mi ha quasi investita- concludo
Christian mi guarda per qualche secondo e poi porta lo sguardo da un'altra parte.
-avere a che fare con voi due, insieme, nella stessa stanza, potrebbe rivelarsi ancora peggio del previsto...- borbotta come se stesse riflettendo sulla cosa ad alta voce
-esatto, lei può andare via- si intromette il ragazzo che non resterà vivo ancora per molto se continua su questa linea.
-o forse sei tu che puoi andare via- torno di nuovo di fronte a lui minacciandolo con lo sguardo
-nessuno dei due andrà via, mi servite qui- interviene il mio capo alzando di qualche tono la voce per zittirci.
La presenza di Christian è quasi sopportabile se c'è anche l'assassino, se concentro il mio odio su di lui è quasi simpatico.
-Mitch, non cercherà più di investirti e nel caso te lo stessi chiedendo, perché so che lo stai facendo, no, non puoi correggere il suo drink con del cianuro- si rivolge a me il mio capo ed io finalmente ho il nome della persona che macchierà la mia fedina penale.
- Mitt, Pitt, Raoul o come cazzo si chiama, deve per forza respirare la mia stessa aria?- chiedo sperando che mi venga detto che non è necessario all'umanità, che il mondo continuerebbe a girare anche senza di lui e che può togliersi dai piedi.
-Tesoro...- a questo nomignolo mi irrigidisco e anche il mio capo sembra farlo.
Sposto lo sguardo su Phil e attendo che continui
- dovrai abituarti a rispettare gli orari e ad ascoltare il tuo capo perché io non sono accondiscendente come sembra esserlo Christian- ghigna e a me si mozza il fiato.

Maledizione al mio capo!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora