Lo faccio per te

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L'umano osservava con interesse il mezzodemone, alle prese con la cucina. Keros non era abituato ad usare determinati tipi di tecnologia e quindi aveva qualche difficoltà con gli elettrodomestici. Quello che odiava di più era la lavatrice, ma in quel momento tentava invano di far partire il frullatore.
“Ti serve una mano?” si era offerto Ary.
“Faccio da solo!” aveva risposto, testardamente, il principe.
Dopo aver schiacciato tasti a casaccio, il sanguemisto si era messo ad insultare l'aggeggio elettronico, nello specifico offendendone la madre. Il mortale aveva trattenuto una risata ed era rimasto a guardarlo, incuriosito e desideroso di sapere la prossima mossa del tentatore.
“Non me lo rompere!” dovette intervenire, quando Keros iniziò a sbattere il frullatore sul tavolo.
“È rotto!” sibilò il mezzodemone.
“No. È solo staccato. Devi infilarlo nella presa della corrente, se vuoi che funzioni!”.
“Ah…”.
Keros, imbarazzato, borbottò qualcosa e poi riprese a cucinare. Stava preparando, come promesso, una ricetta del mondo dei demoni. E, mentre lo faceva, ripeteva ad alta voce gli ingredienti in demoniaco. Questo permetteva all’umano di imparare nuovi termini. Da quasi un mese i due convivevano sotto lo stesso tetto e Keros era entusiasta.
“Non avete i frullatori all'Inferno?” volle sapere il padrone di casa.
“Sì. Ma io non li uso”
“Hai altri che cucinano per te?”.
“Esattamente. Così come ho altri che lavano la mia roba. Maledetta lavatrice…”.
“Non te l'ho mai chiesto: all'Inferno ci sono molti titoli nobiliari, giusto?”.
“Sì. E dipendono dal grado angelico che possedeva il demone prima di cadere. Più elevato era di rango e più prestigioso è il titolo nobiliare all'Inferno”.
“Ma quindi hanno tutti un titolo".
“No. Solo quelli più importanti".
“E la tua famiglia a che ramo appartiene? Chi è il tuo antenato illustre? Deduco che, dato che hai dei servi che cucinano e lavano per te, tu debba avere un avo potente”.
“Quanti giri di parole…”.
“Insomma… mi vuoi dire il tuo grado nobiliare?”.
“Perché?!”.
“Perché no?”.
“Non voglio parlare di demoni e Inferno".
“Quando potrò conoscere tuo zio? Sarei onorato di conoscere colui che ti ha cresciuto”.
“Anche tu?! Ma cos'è questa fissazione?!”.
“Anche lui vorrebbe conoscermi?”.
“Sì. E non accadrà. Non molto presto, perlomeno".
“Perché?”.
Keros non rispose subito. Ricominciò ad impastare, imbrattando tutto di farina.
“Tuo zio non sa che io sono un umano, vero?” mormorò il mortale.
“Già…” ammise il sanguemisto “A lui non piacciono gli umani. Se lo scoprisse, farebbe tutto il possibile per intromettersi e tentare di dividerci. Non per farmi un dispetto, ma perché proprio non sopporta gli uomini. Capisci? Sarebbe a rischio perfino la tua vita!”.
“Oh. Capisco…”.
“Ti farò conoscere altri parenti, se vuoi. Ho tanti zii…”.
“Magari!”.
“Ora lasciami lavorare".
Con il matterello, Keros se la cavava abbastanza bene. Nonostante il suo odio nei confronti degli elettrodomestici, la cena non stava venendo affatto male
“Stai preparando anche il dolce per farti perdonare?” ipotizzò Ary.
“Perdonare? Perché? Che ho fatto?”.
“Guarda che lo so che stasera ti devi esibire al locale. Lo so che staranno tutti lì a sbavare per te e cose del genere…”.
“Tranquillo" sorrise Keros, montando la panna “Ho una sorpresa".
“Una sorpresa?”.
“Accompagnami al locale e vedrai!”.

 
Il Mephistophel era gremito di gente. Fuori dagli ingressi, lunghe file di aspiranti clienti attendevano per poter entrare. Keros ed Ary riuscirono a sfuggire a fan e code grazie all'ingresso riservato.
“Sono tutti qui per te?” si guardò attorno il mortale.
“Non esagerare. E adesso accomodati pure al tavolo ed aspettami. Spero di stupirti!”.
Mefistofele aveva intravisto l'ex allievo ed aveva raggiunto l'umano, invitandolo a sedersi. Ary continuò ad osservare quel luogo e notò una figura nell'ombra, che immediatamente gli fece provare un brivido lungo la schiena. E proprio quella figura allungò la mano, facendo cenno di sedersi al tavolo. Titubante, il mortale si avvicinò.
“Non mordo, sai" ghignò la figura, spegnendo la sigaretta nel posacenere “Siedi al mio tavolo. Da qui c'è un'ottima vista del palco”.
“Avete ragione. Da qui si vede proprio bene. Vi ringrazio…”.
“Di nulla. Vi ho visti entrare assieme, suppongo tu ci tenga a vederlo per bene, quando si esibisce".
Ary arrossì leggermente, prendendo posto ed ordinando da bere.
“Voi siete un demone?” domandò poi.
“Si nota?”.
“Non molto. È che so che qui ci sono molti demoni…”.
In realtà l’umano era terrorizzato da quello sguardo, non sapeva spiegarsi perché.
“Ti infastidisce se fumo?”.
“No, affatto. Fumo anch'io, a volte".
“Pessima abitudine, per un mortale".
“Lo so… me lo dice sempre anche Keros!”.
“Keros? Ti ha detto il suo nome?”.
“Sì… Lo so che è strano. Suppongo che voi non lo diciate mai".
“No, infatti. Io non ho bisogno di dirlo. Il mio nome in realtà lo sai già. Così come lo sanno tutti quelli che, come figli di Eva, incrociano il mio sguardo".
“Voi… voi siete Lucifero".
“È un piacere conoscerti”.
“Eh…?”.
“Non hai sentito?”.
“A voi non piacciono gli esseri umani. Lo sanno tutti. Perciò…”.
“Esatto. Non mi piacete. Non mi siete mai piaciuti. E suppongo tu sappia anche il perché”.
“Perché Dio preferisce gli esseri umani".
“No. Perché Dio pretende che io, generato dalla prima essenza delle stelle, mi inchini dinnanzi al fango".
“Io non mi sento fango".
“Siete forme di vita basate sul carbonio. Tecnicamente: terra”.
“Romanticamente: diamanti. È sempre carbonio...".
“Artisticamente: matite. È sempre carbonio!”.
Ary ridacchiò, non riuscendo a trattenersi.
“Mi fa piacere che tu sappia ridere della tua specie” alzò le spalle Lucifero.
“Sono consapevole che non sia perfetta. Poi l'idea di essere una matita mi diverte”.
“Contento tu…”.
Le luci si fecero soffuse. Anche Mefistofele era incuriosito, non avendo chiaro quel che Keros avesse in mente. Aveva chiesto di far comparire molte Succubus e così era stato. Ma perché?
Il principe camminò lentamente fino al centro del palco. Era sceso il silenzio, tutti lo fissavano. Lui sorrise, con gli occhi truccati che scintillavano con le poche luci che lo inquadravano. Con un profondo respiro, prese coraggio. Quel che stava per fare non era usuale per quelli della sua specie.
“Buonasera” salutò, con tono mellifluo “Lieto di vedervi così numerosi. Quest'oggi ho una dedica speciale per i miei fan”.
L'ultima frase la pronunciò volgendo lo sguardo verso Ary, che sorrise d'istinto. Poi Keros fece un altro profondo respiro e chiuse gli occhi. Quando tornò il silenzio, dopo l'entusiasmo espresso fra il pubblico per la dedica, il principe iniziò a cantare. Non lo aveva mai fatto davanti ad un pubblico, se non in mezzo al coro angelico in Paradiso. Non aveva voce demoniaca, non voleva che i demoni lo sentissero, ma capiva che quello era l'unico modo per accontentare gli umani, Ary compreso.
La voce di Keros era magnifica. I mortali presenti erano incantati, totalmente soggiogati dal potere che il tentatore sprigionava. Per quella ragione il principe aveva richiesto la presenza delle Succubus, e di qualche Incubus. La voce del sanguemisto era in grado di risvegliare molteplici sensazioni e desideri. In quel caso, i presenti erano spinti a perdere ogni controllo, commettendo peccati principalmente carnali. I demoni invece erano in silenzio, allibiti. Su alcuni di loro era comparso uno sguardo malinconico.
“Che… che succede?” mormorò Ary, fissando Lucifero.
Il demone, con la sigaretta di sbieco, era con la mente persa in pensieri lontani. Fra ricordi del passato e stupore per la strana scelta dell'erede, tentò di concentrarsi sull'umano al tavolo. Cosa aveva di speciale quell'anima? E perché Keros non si stava semplicemente spogliando, invece di far udire a tutti quella voce che così tanto richiamava i cieli del Paradiso? Un'idea gli balenò in mente, accompagnata da un brivido.

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