Dolore.
Contrizione.
Afflizione.
Ma voi che ne sapete?
❑❑❒
Ero arrivato da due giorni a Berlino, tutt'altra storia rispetto all'America. Se il professor Mitchum non mi avesse invogliato ad iniziare una ricerca sperimentale su Engels neppure mi sarei apprestato a venire qui. Le metropoli americane sono grigie come in Germania, sì, ma c'è sempre quello spiraglio solidale che ti invoglia a scendere per strada e a sorridere.
Queste prime, sconsiderate impressioni, non sarebbero state nulla a confronto di ciò che mi sarebbe capitato nei mesi successivi. Per giunta, pioveva da quando il mio aereo aveva atterrato. Ingurgitai le ultime gocce di té verde e presi la metro per raggiungere la mia facoltà di filosofia, all'università. Ero stato invitato la sera prima solo ad una cena amichevole per matricole, qui avevo conosciuto Hans la mia unica conoscenza tedesca, al momento.
Notai il volto accogliente di Hans appena imboccavo le scale per raggiungere l'aula e mi chiedeva sempre le stesse cose: cosa hai fatto, dormito bene, mangiato bene. Le mie relazioni amicali non erano mai profonde, ma lacerate da una disarmante banalità. Mentre lui parlava ed io prestavo poco ascolto, notai che l'assistente di filosofia apprestava a comparire in aula. Mi giravo per vedere gli altri; in quei volti vidi veramente poco. Ad un certo punto incontrai il volto di un ragazzo bellissimo: occhi tormentati fra l'azzurro e il grigio. Corpo scolpito e sguardo saccente. Hans dovette notare il mio interessamento perché attaccò subito bottone, sulla questione :
-Quello lì dev'essere Erik, uno che sta sempre per conto suo-
-Segue i nostri corsi di filosofia? -
-Vaga qua e là, non l'ho mai visto con nessuno-
- Credo che stia iniziando la lezione -
Non sapevo che, da quel momento, Erik sarebbe stato tutto per me.
L'assistente decise di parlare della violenza e dei regimi totalitari. Non era certo una novità, considerati gli insegnamenti storici e le vicende sanguinose cui la Germania aveva preso parte. Egli chiese a molti di intervenire, senza entusiasmo, la conversazione fu animata dal nulla. Sbuffai notevolmente, alzai la mano in modo saccente e provai ad intervenire-Io credo che la violenza non nasca solo in un momento di crisi. Essa proviene da un processo lungo e determinato da cause sommerse che, gli attori coinvolti, non sono riusciti ad afferrare subito- sospirai
-Non esiste una società inanimata dalla violenza-
-Cosa glielo fa credere signor Xavier? Argomenti, la prego... -
- Noi crediamo che l'economia o la politica influenzino i nostri comportamenti solo negli interessi o negli introiti. Che si stabilisca un regime piuttosto che un altro per evitare una sommossa popolare. Ma la violenza siamo noi: quanto sono violente le nostre indifferenze? Oggi ammazziamo per la religione, domani per i soldi, il mese prossimo per amore. Perché noi vogliamo possedere tutto, tutto ci pervade ma nulla è nostro veramente -
-una visione molto dettagliata -
-E mi scusi per questa insolente intromissione, ma è impensabile essere così miopi da non vedere -
-Ho apprezzato, Signor Xavier. Ma i contrasti che stanno sorgendo mi suggeriscono di ampliare la conversazione. Per giovedì vorrei un esposto sul concetto di violenza. Mi aspetto grandi cose, da lei, Xavier -
Anche Hans mi stava guardando in malo modo, dopo la lezione sembrava quasi disgustato dalla mia saccenza. Ero stato sempre repellente per quelli che non arrivavano al mio intellettualismo. E sono modesto. Chiesi perdono congedandomi dal tavolo della mensa e mi avviai verso il bagno, per una boccata d'aria. Non so per quante volte m'interrogai sull'immagine che vedevo nello specchio, mi sembrava uno sconosciuto. Strofinai le dita in modo distratto e udii una voce alle mie spalle. La voce di Erik, la prima volta, in cui facemmo l'amore con le parole.
-I bambini nascono urlando, le madri soffrono allo stesso modo. Piangiamo gran parte del nostro tempo. Passiamo le giornate a diventare qualcuno, ammazzeremmo senza esitare. Non esiste violenza che non possa non essere ripetuta-
-Perché non l'hai detto a lezione? -
-Tu - mi puntò un dito contro - non osservi, quelli parlano di capitale e neppure conoscono. Non sanno-
-La riflessione non è per tutti - concordai - Charles Xavier- mi avvicinai per tendergli la mano. La accettò in modo abbastanza titubante, ma sembrava compiaciuto - Erik- non pronunciò il cognome, era un nessuno. L'avrei scoperto tardi.
Stava indietreggiando per andare via, lo bloccai e non mi sarei mai pentito di questo. Lo invitai ad andare in sala studio, accettò. Iniziammo a parlare di musica, film, libri. Era impressionante, un mio pari. Un umano con i miei interessi, mi piaceva la sua compagnia.
Erik mi spiegò che non aveva mai avuto amici, non gli interessavano i discorsi vuoti. Io me li facevo andare bene, ma lui era categorico.-Questo posto pullula di ricconi già sistemati- mi diceva fra una pagina e l'altra
-Tu? Da dove vieni? Non mi sembri tedesco -
-America-
-Cazzo- aggiunse fischiando - La roba di Hollywood ti piace? -
-Se è "roba" tipo Casablanca sí-
-Ah, no. Mi piace più Taxi Driver-
-Che paragone inetto, Erik. Sono due capolavori ma sono diversissimi -
-Sí, ma il mondo è così -
-Così come? -
-Una mezza merda, sai quanti Travis ci sono in giro? -
-Molti immagino - annuimmo sorridendo, entrambi.
Il resto della giornata fu rilassante, ci salutammo solo intorno alle sette. Ma a casa notai una cosa assai strana: avevamo parlato poco di noi stessi, alcuni discorsi erano vuoti. Non avevo un cognome, nessun indirizzo dove rintracciarlo. Chiesi ad Hans. Mi disse di non spappolarmi troppo il cervello perché lui spariva, io ero intenzionato a trovarlo.
❑❑❒
Giorno due, lui non c'era.
Tre, no
Quattro, no
Cinque, sei, sette.
Niente.
Decisi di azzardare una mossa, dopo la lezione di filosofia non avevo più visto Mr. Mistero. Quell'uomo magnetico che mi aveva stregato. Con una scusa abbastanza banale e plausibile chiesi alla segreteria dell'alloggio di Erik per restituirgli un libro a lui caro. Quando arrivai nel dormitorio lo vidi fumare sul balcone e lo chiamai a gran voce. Il suo sguardo era indecifrabile, non sembrava aver apprezzato molto. Tuttavia, mi aveva aperto la porta e provai...
-Non sei più venuto a lezione -
-Avevo da fare-
-Capisco - rimanemmo in silenzio per qualche minuto
-Che ci fai qui? -
-Ecco... -Mi guardava, sempre con gli stessi occhi azzurri - Volevo passare un po' di tempo con te-
-Non sono di compagnia, Charles-
Adoravo il mio nome uscire dalle sue labbra, l'effetto che faceva-Hai pranzato? - Chiesi ignorando quell'affermazione
-No, tu? - mi osserva, chissà se con il mio stesso ardore
-No, potremmo andare da qualche parte-
-Cinema? -
-Al cinema si mangia bene? - gli chiesi perplesso
-Sì, cibo per la mente-
CONTINUA...
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Contrizione, sinonimo della mia sofferenza ¦¦ Cherik
Fanfiction¦¦ Cherik¦¦ Erik si è trasferito a Berlino dopo dodici anni dalla perdita della madre. I Lehnsherr erano molto ricchi e non badavano a spese, ma quando la tragedia ha coinvolto un'intera famiglia il ragazzo si è gettato nell'abisso più totale. Per e...