«Otto»

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Passò altro tempo dopo il nostro ultimo incontro. Lavorare da solo al progetto di filosofia era diventato estenuante, così come raccontare ai professori che tra di noi correva buon sangue. In realtà, Erik mi inviava la sua parte ed io inserivo la mia. Oltre quelle duemila battiture non proferivamo alcuna parola, neppure quelle usuali che si usano per le convenzioni. Le mie ricerche sul passato di Erik le avevo estese anche a livello scolastico, cercando addirittura negli archivi. Ogni volta che lui incontrava qualcosa che avesse a che fare con il suo passato iniziava ad avere incubi o strani scombussolamenti. In più qualche giorno dopo avremmo avuto anche la presentazione dei nostri contenuti. Mi sentivo in un limbo tedioso nel quale la mia sorte era già scritta; in quei mesi avevo abbandonato la mia saccenteria, l'importanza della tesi e non mi ero neppure soffermato tanto su Engels come avevo previsto all'inizio del mio viaggio.

Raggiunsi il colmo della sofferenza quando mi resi conto che nello stomaco avvertivo un enorme macigno che stava occludendo, non solo le vie respiratorie che componevano il mio apparato, ma tutto mi sembrava superficiale e inutile. Da quando avevo posato gli occhi su quel ragazzo nulla più era considerevole d'attenzione se non quei suoi occhi vitrei e indecifrabili. Erik, la mia tentazione. La mia sconfitta. Egli si aggirava nella mia mente come il fantasma di un amore mai consumato. Eppure, aveva fatto presto ad andarsene e a prendersi gioco di me. Ma tra poco sarebbe tutto finito e io sarei ripartito per gli Stati Uniti.

Friend to this ground

Affermava un poeta e compositore vecchio come l'umanità, ma giovane come la bellezza del sole. L'unica persona che ti capisce è quella che ti spezza il cuore.
*
-Si può sapere perché stai saltando le lezioni, Charles? - mi chiese distrattamente Hans in una telefonata
-Ho una brutta influenza - risposi con naturalezza io
-Per questo avevi un volto così sciupato e sofferente la scorsa settimana - osservò lui
-già, una brutta influenza-
-Sai neppure Erik sta venendo - aggiunse poi - non è una novità, in verità -
-Sì, infatti - conclusi io
-Sei sicuro che io non possa fare nulla? - dall'altro capo del telefono avvertii una preoccupazione tangibile
-No, ci vedremo alla presentazione e vedrai che starò meglio -
-Allora una buona serata, amico-
-Buonanotte, Hans- sussurrai.

In quello stesso momento Raven si presentò con una tazza di tè fumante, la sua compagnia in quel momento non mi dispiaceva più di tanto
-Che succede? A me non sembri malato -
-Sono un po'... diciamo stanco, ecco-
-Erik? -
-Che cosa ha a che fare Erik con questo? -
-Ah, non lo so- mi rispose sinceramente Raven - dimmelo tu -
-nulla, in particolare. Abbiamo avuto una discussione e ci troviamo su due fronti di pensiero diversi-
-È difficile concordare con l'uomo del millennio Charles Xavier -
*
Raven decise di uscire con una nuova conoscenza, qui a Berlino. Io afferrai Espiazione dalla libreria e iniziai a leggerlo. Bello, drammatico al punto giusto ma tutto il contrario di ciò che mi aspettavo davvero io. Non ricordo neppure quanto tempo passai, immerso tra le righe del libro. Ad un certo punto chiusi sicuramente gli occhi perché avvertii un tonfo violento provenire dalla finestra del mio appartamento. Mi alzai, scostai la veneziana dalla fimestra e mi ritrovai di fronte uno scenario serale e poco movimento. Dovevo essermi sbagliato o aver sentito male, ma quando avvertii altri colpi provenienti dalla porta, questa volta, mi spaventai. Mi avvicinai com cautela al portone
-Chi è? - domandai
-Erik - proferì l'altro uomo fuori dal portone con una voce stranamente flebile. Decisi di aprire la porta senza esitazione e mi ritrovai Erik con o capelli scompigliati, le labbra contorte in una smorfia di dolore e un braccio insanguinato.
-Dio, Erik- urlai inorridito - cosa è successo? Hai fatto un incidente? - mentre gli rivolgevo quella domanda, lo convinsi a sedersi sulla poltrona
-Sono... sono stato io- farfugliò lui
-a fare cosa? - chiesi preoccupato
-Io ho distrutto tutto- confessò con amarezza, mentre abbassava il capo sperando di ignorare il mio sguardo. Utilizzai le dita e tutta la delicatezza di cui disponevo per alzargli il mento e incontrare i suoi occhi tormentati. Il suo volto era quasi rigato dalle lacrime
-Va tutto bene - tentai di rassicurarlo strofinando i polpastrelli delle mani sulla barba ispida e ruvida, incontrando poi la delicatezza dei lineamenti. Lui scosse il capo - No, ho distrutto una casa e ferito una donna-
-Ma di cosa stai parlando? - mentre continuavamo a parlare avevo ripreso a guardare la sua brutta ferita e decisi di cercare la cassetta degli attrezzi per tamponare le ferite sulle braccia
-Forse dovremmo andare in ospedale - affermai dopo qualche tentativo di medicazione, mentre il sangue continuava a defluire.
-Non andiamo in ospedale - mi bloccò un braccio e avvicinò il mio volto al suo
-Erik, se vuoi che io ti aiuti devi dirmi la verità. Non vuoi andare in ospedale? Non vedi che stai sanguinando? Ho tante domande a cui non so darmi una risposta. No esistono informazioni su di te e per giunta ti presenti qui malato-
-Non posso dirti nulla, non voglio, scapperesti. Io ho capito che non voglio farti scappare" Non so se fu una mia impressione ma le nostre labbra si sfiorarono lievemente
-E pensi che mentirmi aiuti? -
-Non lo so! Tu non sai di cosa io sia capace, sono un mostro- emise un gemito di dolore e abbassò di nuovo gli occhi
-No! - affermai con decisione - Tu sei meraviglioso, Erik. Non so chi ti abbia detto queste cose ma sei un ragazzo brillante. L'unico ragazzo - Non riuscii a terminare e fui colto da un improvviso bacio. All'inizio era delicato, poi profuse in un'intensità che mi lasciò senza fiato. Questa volta fu lui ad indugiare;avvertii la sua lingua tra la fessura delle labbra e aprii la bocca per scoprire il sapore del suo bacio. Ci baciammo per dei minuti indefinibili quantisticamente, poi appoggiai la testa sulle sue spalle.
-Sei incredibile , Charles- mi sussurrò, sfregando le sue mani tra i miei capelli. Sorrisi di cuore alla sua affermazione, il mio cuore stava battendo all'impazzata e terminai la sua medicazione cercando di limitare il dolore. La ferita era abbastanza brutta e profonda ma, per quella sera, avrei limitato le domande al giorno successivo.
-Me ne vado- esordì dopo qualche minuto
-In queste condizioni?- inarcai un sopracciglio. Lui si mise in piedi e mi prese il volto tra le mani, rilasciandomi dei baci delicati sull'incavo delle labbra - resta- implorai quasi io
-non voglio dare fastidio. L'appartamento è piccolo e lo dividi con Raven-
-Dubito che Raven rientrerà stasera, - risposi prontamente - c'è abbastanza posto per entrambi. Vorrei evitare di lasciarti andare a casa in queste condizioni - lui mi sorrise.
-Devi avvisare qualcuno? Non so chiamare a casa-
-Tutto ciò che c'è da sapere lo dico a te- quella frase mi scaldò il cuore
-Mi dispiace per averti trattato male, Charles. Il mio interesse nei tuoi confronti è sempre stato alto-
-Pensavo di non piacerti, onestamente -
-Invece sei incredibile e disgustosamente intelligente - sorrisi di nuovo. Quella notte passammo diverse ora a parlare di letteratura, cinema, luoghi. Eravamo abbracciati l'uno all'altro e sorvegliati solo da una flebile lucina. Mi sentivo ricolmo di gioia.

Contrizione, sinonimo della mia sofferenza ¦¦ CherikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora