Capitolo 23

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Crowley era stato preso per una spalla e portato di peso, come un corpo morto, sull'unica sedia libera dell'ufficio, davanti alla scrivania.

Il mondo attorno a sé era offuscato, il suo corpo scosso dai tremiti. Non era vero, non poteva essere vero.

Remiel gli appoggiò una mano su una spalla, senza dolcezza, solo con una certa decisione, e lui si ricordò di smettere di tremare.

Non avrebbe dovuto mostrarsi così agli altri, sarebbe stato... sbagliato. Soprattutto se quegli altri erano per lui tutto meno che cari amici.

"Comprendiamo - disse Remiel in un sussurro - Che sia decisamente complicata la situazione in cui ti trovi. Ma non preoccuparti, presto si farà tutto più chiaro."

"Più chiaro di così si muore." commentò Crowley, fissando uno dei muri di un biancore abbagliante.

"Io vado a fare rapporto - disse Remiel, togliendo con grande sollievo di Crowley la mano dalla sua spalla - Ambriel, ti occupi tu delle scartoffie?"

L'angelo biondo annuì con fare annoiato, dopodiché Remiel uscì dalla stanza e rimasero in due.

Ambriel sbuffò e iniziò a smanettare silenziosamente sul computer portatile che aveva davanti a sé, in silenzio.

Crowley, non potendo fare molto altro, rimase seduto e la fissò, muto come è muta la persona che sa che deve cercare di trattenere le grida di terrore e disperazione.

Cercò di prendere un respiro profondo, di guardarsi attorno. L'ufficio era spoglio e bianco, in pieno stile Paradiso del resto, con un'unica porta, quella da cui era uscito Remiel.

"Se io adesso uscissi da questa stanza, dove mi troverei?" chiese, cercando di focalizzarsi su questi dettagli per non cadere in un attacco di panico o simili. Soprattutto con il costante, martellante senso di colpa causato dal fatto di aver praticamente abbandonato Aziraphale, che si trovava dunque solo e lontano.

"Siamo nella seconda sfera. Odio queste scartoffie, far rientrare un demone come angelo è qualcosa di interminabile - Ambriel sbuffò, tirando fuori da un cassetto una pila di documenti dall'altezza improbabile - Benvenuto nel tuo nuovo inferno, le scartoffie."

Ambriel era l'angelo dall'aria più stanca che si fosse mai visto. Aveva sul viso varie macchie dorate, i ricci biondi tenuti in un codino che lasciava liberi i capelli della nuca e due occhi tanto ambrati quanto circondati da occhiaie.

"Oh. È necessario?"

"Non è una grande idea dire ai piani alti che non ho voglia di fare il mio lavoro. Su, rispondi alle domande. Mi serve la tua firma demoniaca qui, poi partiamo con le domande."

Crowley aveva un po', un bel po' a dirla tutta, di nebbia in testa. Gli sembrava quasi di non essere davvero lì, ma di assistere al tutto come uno spettatore, il suo era un film in prima persona.

Firmò distrattamente, poi appoggiò i gomiti sulla scrivania e si portò le mani al viso.

"Prima domanda. Nome e grado precedenti alla caduta?"

"Raphael, parte dei Sette Arcangeli."

"Un pezzo grosso allora - commentò Ambriel, sbadigliando - Dobbiamo registrare le attività che ti hanno portato alla riammissione in Paradiso, dunque ci vorrà un po'. Quanto vorrei una vodka..."

Effettivamente, ci volle un po'. Il cielo fuori dalla finestra divenne dapprima di un arancione accesso, poi di un blu più profondo di qualsiasi oceano, decorato da tante stelle da non essere possibile contarle tutte.

Crowley aveva creduto che non le avrebbe viste mai più, scendendo all'Inferno. Eppure non era stato così, non lo era stato affatto.

"Ehi, non perderti a fissare il panorama, so che non ci sei abituato ma qui abbiamo della roba da fare." Ambriel entrò nel suo campo visivo, con i suoi occhi ambrati scocciati e la sua elegante maglia bianca, dalle maniche larghe.

"Eh?"

"Abbiamo ancora tanta roba da fare, mio caro, quindi sbrighiamoci."

Crowley sbuffò, ricominciando a rispondere alle domande. Ma continuava a osservare le stelle, le stesse che aveva guardato quasi ogni notte, la sua creazione, l'unica cosa di cui andasse davvero orgoglioso. Le sue nebule e le sue galassie.

Crowley stava alle stelle come i più grandi artisti alla pittura.

Si chiese se quello sarebbe stato il suo nuovo compito e si disse che in ogni caso lo avrebbe portato a termine senza alcuna gioia.

"Non voglio essere qui." disse, fuori dal nulla.

"Nemmeno io in realtà, ma sai, il libero arbitrio è per i mortali là di sotto" rispose cinicamente Abriel.

Ci volle molto tempo. Tempo durante il quale Crowley non fece altro che rispondere meccanicamente alle domande dell'altra, pensando che non voleva essere lì.

I suoi flussi di pensieri lo portavano ad Aziraphale e vicino alle lacrime, ma Crowley non voleva piangere.

A un certo punto Abriel ripose accuratamente la pila di documenti, timbrò qualcosa, smanettò per un po' con il computer e poi disse, sbadigliando "Sei libero. Fuori da qui ti daranno altre istruzioni."

Crowley si alzò, lentamente. Non voleva nemmeno uscire da lì. Insomma, quello era l'ultimo passo, una volta là fuori sarebbe stato, in via del tutto ufficiale, Raphael. Non voleva essere Raphael, non voleva stare lì, non voleva stare solo.

Fece qualche passo verso la porta, poi si fermò. Voltò la testa dietro la propria spalla, Ambriel sembrava averlo già dimenticato e fissava il computer con lo sguardo di chi vorrebbe sbattere la testa contro un muro.

"E se io... non uscissi da questa stanza?"

"Buona fortuna, il tuo futuro ti attende oltre la porta."

"Io voglio tornare all'Inferno."

Perché la dannazione era beatitudine, se passata con il suo Angelo.

Ambriel ovviamente non ne aveva idea, quindi aggrottò le sopracciglia e sorrise nervosamente, pronunciando un decisamente poco angelico "Ma che sei scemo?"

"Voglio stare con Aziraphale."

"Mio dio, ma tu... tu sei quello che se la faceva con l'angelo che è finito all'Inferno?"

"Cosa?"

"È una storia abbastanza popolare quassù. La sanno tutti." rispose lei scrollando le spalle.

"Comunque non voglio restare in questo posto."

Ambriel chiuse il portatile e lo fissò con sguardo serio "Senti, te lo dico perché mi sembri un tizio abbastanza particolare. So che questo posto fa schifo, ma non dirlo a voce alta. Ti terranno solo più d'occhio. Anche io vorrei stare di sotto, sulla Terra, è la seconda volta che vengo rimandata qui a fare scartoffie perché ho fatto caos. Non farti notare e abbassa la cresta. Adattati, avrai più possibilità di andartene, perché loro non ti lasceranno cadere di nuovo se farai cazzate. Ora va fuori e non rispondere, io non dirò una parola di più."

Crowley non disse effettivamente nulla. Uscì dalla stanza, senza sapere cosa pensare di quelle parole.

The Fall | Good OmensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora