Capitolo 28

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Crowley sibilò di frustrazione, sentendo i suoi inseguitori farsi più vicini. L'ascensore non era lontano, lui ne era sicuro. Anzi, pensò, illuminandosi, era poco più avanti, e poi a destra. Si tirò dietro Ambriel e Aziraphale che lo seguivano e corse con così tanta forza da sentire le gambe bruciare. Sembravano pregarlo di rallentare, ma lui non lo avrebbe fatto. Non quando era così vicino. 

Sentì un gridò e uno strattone improvvisi e cercò di resistervi. Si voltò e vide Ambriel cercare di colpire un demone che, facendo uno scatto le aveva afferrato la maglia e sembrava del tutto intenzionato a colpirla. Ambriel, in tutta risposta, si strappò una catenina dal collo e prese ciò che vi stava appeso, nascosto sotto i vestiti. Si fermò per il tempo necessario ad allungare le dita sul tappo della boccetta che aveva in mano e a lanciarne il contenuto sul nemico, che sfrigolò per un attimo, prima di liquefarsi.

Gli occhi di Crowley scintillarono di paura, eppure quell'azione aveva avuto un certo effetto vantaggioso, perché i demoni si fermarono, istintivamente spaventati. Avevano capito anche loro di cosa si trattava. Acqua santa. Aziraphale e Crowley si guardarono, come a cercare una risposta a una domanda che neanche loro conoscevano. Poi, all'improvviso, Aziraphale si voltò verso l'orda, capitanata da Hastur.

"Statemi a sentire! Siamo pieni di acqua santa! Non provate a seguirci, oppure finirete come il vostro amico."

I demoni rimasero fermi, parlottavano tra loro. 

"E' la nostra chance." disse Crowley, e i tre fecero l'unica cosa possibile. Tornarono a correre. E curvarono, arrivando finalmente davanti all'ascensore. I demoni sembravano aver abbandonato la loro corsa, forse una manciata di nemici non valeva tutto quel rischio. Arrivarono all'ascensore e ci si fiondarono dentro con la disperazione dell'uomo che annega e cerca di rimanere a galla. Crowley iniziò a credere che ce l'avrebbero fatta, e le porte iniziarono a chiudersi. Il portiere si era accorto di loro, ma poteva fare ben poco. Una volta che l'ascensore partiva, non lo si poteva riportare indietro. Poi, però, Crowley si accorse di una cosa. Hustur era là, alla fine del corridoio, ancora li seguiva, anche se lontano. 

Le porte si chiusero e Crowley abbracciò Aziraphale con così tanta forza da temere di strozzarlo. Il silenzio era totale, si sentivano solo i loro respiri mentre l'ascensore saliva e saliva. C'era più pesantezza nell'abbraccio di Aziraphale, rispetto al solito, più stanchezza. Chissà cosa aveva passato, laggiù.

Crowley gli prese una mano, dalle nocche graffiate in più punti, e la sollevò all'altezza del proprio mento, stringendola tra le sue "Angelo, mi dispiace così tanto per tutto quello che è successo, avrei dovuto proteggerti, avrei dovuto..."

Si sentiva uno schifo per tutto ciò che aveva fatto e non poteva negarlo, non a sé stesso e non ad Aziraphale. Gli baciò le nocche ferite.

"Non è tua la colpa. Sono... sono stato stupido a sottovalutare la situazione. Ma almeno siamo qui, insieme." 

Crowley non riuscì a trattenere un sorriso, eppure si rifiutò di guardarlo negli occhi. Lo faceva stare così male, il suo sguardo. Aziraphale sembrava più duro, con quell'espressione negli occhi, in qualche modo cambiato. Eppure era sempre lui. Ed era sicuro che dopo tutto quello che entrambi avevano passato, nonostante l'essere stati lontani, tutto avrebbe funzionato di nuovo. Aziraphale gli accarezzò una guancia e i due si sorrisero.

"Andrà meglio." disse il biondo, e a Crowley venne voglia di baciarlo.

"Ehi, prendetevi una stanza, piccioncini."

Ambriel stava appoggiata allo specchio dell'ascensore, con aria divertita. 

Aziraphale arrossì in volto, e proprio allora le porte dell'ascensore si aprirono, rivelando una luce meravigliosamente terrestre. I tre si gettarono fuori, non solo dall'ascensore ma dall'intero edificio dove esso stava collocato. Aziraphale, con l'aria di non essere esattamente abituato a tutta quella luminosità, si coprì gli occhi con una mano e si guardò attorno. Sorrise, gli occhi chiari brillanti di commozione, e Crowley si sentì felice di fronte a quella visione quanto a quella della sua meravigliosa Terra. Si guardò le scarpe e tossicchiò un paio di volte.

"Allora, uhm uhm. Che cosa facciamo?"

Era difficile dire dove si trovassero. Però era estate. il sole splendeva e bambini, poco lontani, giocavano in un parco. L'aria era quasi luminosa. 

"Beh, io immagino che me ne andrò per i fatti miei. E' stato un piacere conoscervi e fare casino con voi - Ambriel strinse la mano di Crowley quasi formalmente - cercate di non farvi ammazzare."

"Sicura di non voler restare con noi?" chiese Crowley, un po' incerto. Lei in tutta risposta scrollò le spalle.

"Nah, ho degli amici da incontrare in Italia. Ci si vede."

E Ambriel se ne andò, incamminandosi per la strada, confondendosi con le persone che andavano avanti e indietro e rivolgendo ai due un ultimo cenno di saluto.

"Quindi - Aziraphale si voltò verso l'altro - noi due che cosa vogliamo fare?"

Crowley si disse che, qualsiasi cosa fosse successa nel futuro, non avrebbe mai lasciato che qualcosa del genere accadesse di nuovo. Non avrebbe lasciato Aziraphale da solo, non avrebbe lasciato che qualcosa, qualsiasi cosa, li separasse di nuovo.

Nella luce di quella bella giornata, i due premettero piano la fronte contro quella dell'altro, prima di baciarsi brevemente, quasi con timore. Aveva l'impressione, Crowley, che le cose non sarebbero mai più state le stesse da allora in poi.

"Non dobbiamo farci trovare mai più." disse Aziraphale, sussurrando sulla sua pelle, e all'altro venne improvvisamente un'idea.

"Sai che ti dico? - rispose Crowley - Dovremmo fuggire insieme."

The Fall | Good OmensDove le storie prendono vita. Scoprilo ora