Capitolo 27

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Caddero, quasi precipitando, direttamente su una pila di documenti che si alzarono svolazzando tutt'attorno a loro. A Crowley bastò inspirare e sentire il puzzo di umido e muffa per sapere che si trovava nel posto giusto. Casa dolce casa.

Una Dagon piuttosto confusa lo guardava con la cornetta ancora appoggiata all'orecchio e gli occhi stralunati. 

"Una domanda - disse Ambriel, avvicinandosi al suo orecchio - hai pensato a che cosa fare una volta arrivati qui?"

"Onestamente non pensavo che non saremmo arrivati vivi fino a questo punto."

"Mi stai dicendo che dobbiamo improvvisare."

"... sì."

"Voi non siete Michael," disse Dagon. Ed effettivamente aveva ragione - siete... Raphael?"

Quella era una storia piuttosto divertente. Quasi nessuno all'Inferno aveva la minima idea che Crowley fosse stato Raphael. Del resto, nessuno laggiù parlava del proprio passato da angelo, quindi la cosa aveva parecchio senso.

"Oh, no. Ehm, non proprio. Crowley, qui."

Più Dagon li guardava più sembrava essere confusa. Ed effettivamente persino Crowley si sentiva piuttosto disorientato.

"Secondo me - sussurrò Ambriel - dobbiamo farla svenire prima che chiunque altro sappia che siamo qui nel suo ufficio."

"Eh?"

Crowley non avrebbe dovuto aver bisogno di sentirsi dire quella frase due volte perché Ambriel non la ripeté. Anzi, si lanciò su Dagon e cercò atterrarla come se stesse imitando un wrestler. Per qualche secondo la stanza fu solo un casino di braccia, gambe e scrivanie spostate. Poi Ambriel prese la cornetta che era stata abbandonata a terra e con un gesto quantomai naturale la schiantò sulla tempia del nemico, che in pochi secondi si trovò a terra, inerme. Non morta, ovviamente, ma di certo inerme.

Ambriel si alzò in piedi, si sfregò le mani e sorrise a Crowley "Perfetto, ora possiamo parlare con calma."

Crowley iniziava a vedere perché Ambriel era stata reclusa a fare scartoffie. Non era solo l'amore per la vodka. Aveva un certo lampo di follia che talvolta le attraversava gli occhi e che non era proprio rassicurante.

"Ehm... tutto bene?"

Ambriel schioccò le dita, sostituendo i propri vestiti bianchi con altri quasi identici ma completamente neri "Io ho un'idea. Ci fingiamo dei demoni, recuperiamo il tuo amorino, diciamo di doverlo portare in superficie e tutto andrà magnificamente. Sbaglio?"

"Immagino di no." Crowley fece in modo di trovarsi con i suoi soliti vestiti. A parte che per i capelli lunghi, era tale e quale al sé stesso che qualche mese prima era arrivato all'inferno insieme ad Aziraphale.

La parte non particolarmente positiva era il non avere idea di come i demoni si sarebbero comportati con lui. Avrebbero mantenuto la loro fiducia? O lo avrebbero considerato un traditore per la seconda volta? 

Ambriel e Crowley uscirono. Perlomeno Crowley sapeva dove si trovava e sapeva come arrivare agli uffici dove probabilmente avrebbe finalmente recuperato Aziraphale. Il Serpente si sentiva finalmente così vicino, eppure allo stesso tempo, mano a mano che camminava lungo quel corridoio quasi vuoto, l'ansia cresceva. Gli occhi degli altri demoni passavano addosso a lui e ad Ambriel ma nessuno si faceva nessun tipo di domanda. Probabilmente non lo conoscevano, era solo l'ennesimo demone signor nessuno. Eppure prima o poi qualcuno avrebbe capito e si sarebbe fatto delle domande. Un ex sottoposto o uno dei suoi supervisori. 

Era questione di tempo, era come correre in macchina contro un muro. Certo, non si era ancora schiantato, ma il futuro non proprio remoto si palesava in modo piuttosto preciso davanti ai suoi occhi. Ambriel invece camminava serena, probabilmente pensando che avrebbe fatto esplodere la testa a chiunque si trovasse troppo vicino.

"Hai un piano?" chiese Crowley, in un sussurro. 

L'angelo alzò la testa verso di lui e sorrise in modo terrificantemente innocente "Mi sono più o meno organizzata."

"Che?"

"Niente, è che da quel che ho capito sei uno che improvvisa troppo, quindi ho preparato qualcosina."

Eccolo, Crowley svoltò l'angolo del corridoio e vide la porta oltre la quale si trovava, probabilmente, l'ufficio in cui lavorava Aziraphale. I due affrettarono il passo, Crowley raggiunse la maniglia e la abbassò. Gli sembrava di aver atteso quel momento per tutta la vita. Aprì la porta, una ventina di demoni se ne stavano in due file, seduti alle scrivanie, occupati a compilare e lavorare. 

Una testa bionda si alzò. Disordinati ricci quasi bianchi, una nuova cicatrice attraverso il labbro, due tondi occhi azzurri. Crowley strinse le dita nell'incrociare il suo sguardo. Era lì, era davvero lì. Aveva uno sguardo così stanco, il suo angelo.

"Azazel - disse, sforzando di mantenere un tono duro e neutrale davanti a tutti gli altri demoni che avevano alzato la testa - vieni nel mio ufficio. Hai fatto un completo casino a sistemare i tuoi documenti e di certo non voglio passarci in mezzo io." 

Stava improvvisando, ma nessun demone parve accorgersene. Erano tutti abbastanza presi dal proprio lavoro, o da qualcosa che doveva essersi infilato nella loro narice destra.

"Uhm, sì, arrivo."

Aziraphale si alzò, un sorriso trattenuto per metà, e andò verso di lui. Gli arrivò vicino, tanto che le dita delle loro mani abbassate si sfiorarono, ma nulla più di quello. Non lì, non in quel momento.

Crowley tenne le labbra serrate, cercando di non far vedere quanto effettivamente fosse felice. Era nel dannato Inferno, dove ogni segno di gioia poteva essere sospetto. 

Uscirono dalla stanza senza proferire alcuna parola e Crowley pensò che non incontrare nessuno di conosciuto in quei corridoi maleodoranti fosse stato un gran colpo di fortuna. Subito dopo, giustamente, si voltò verso destra e si trovò davanti Hastur, con le sopracciglia alzate e un'espressione che diceva "Omicidio".

"Fammi indovinare - disse Ambriel - quel tipo è un problema."

Crowley si mise istintivamente davanti ad Aziraphale, come per difenderlo, e sentì le mano di lui stringersi alla manica della sua giacca.

Fu un attimo, prima che Hastur si gettasse contro di loro, seguito dagli altri demoni che stavano lì attorno.

Crowley afferrò le braccia di Aziraphale e Ambriel, tirandoli dove sapeva esserci l'ascensore più vicino. Ma già sentiva la massa demoniaca farsi troppo vicina.



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