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"Ouch"

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"Ouch".
Jisung sentì la sua testa venire colpita dall'ennesima pallina di carta, per poi udire le risatine dei suoi compagni di classe alle sue spalle.
Il ragazzo era stato chiamato dalla professoressa di matematica alla lavagna per risolvere un esercizio con il quale era alle prese.

Tuttavia non era facile per lui concentrarsi a causa di tutte le distrazioni che i suoi compagni attuavano nei suoi confronti, alle quali la professoressa non sembrava nemmeno dare particolare attenzione.

"Han." Sussurrò un ragazzo dal primo banco.
Il biondo si girò infastidito.
Il ragazzo che lo aveva chiamato ridacchiò, per poi dire, a voce un po' più alta: "Oh, scusami per averti chiamato, fai meglio a girarti di spalle, eviti una brutta visione a tutti noi."
A questa frase seguì una fragorosa risata da parte di tutta la classe.

Jisung strinse più fortemente il gessetto nella sua mano e sì voltò nuovamente verso la lavagna.
Cercò di continuare a svolgere l'esercizio, ma si sentiva tutti gli sguardi dei suoi compagni addosso e le loro risatine sotto i baffi.
Gli occhi gli si fecero secchi e arrossati.
Non puoi piangere qui. Pensò.

Ad aggravare la situazione era il fatto che il ragazzo non stesse indossando la sua solita mascherina oppure il suo amato cappuccio: si sentiva esposto, vulnerabile.
Una lacrima scese sulla sua guancia, mentre il gessetto produceva un rumore sempre più stridente al contatto con la lavagna, mentre la sua mano iniziava a tremare.

La condizione del biondo non passò inosservata ai suoi compagni, che iniziarono a confabulare con fare ironico tra loro.
"Cosa gli prende ancora?"
"Non saprei proprio, almeno un paio di mesi fa non piangeva così tanto."
"L'avrà lasciato il fidanzato."
Tutti a quella affermazione risero.

Jisung si irrigidì, per poi finire in fretta e furia l'esercizio e rivolgersi alla professoressa, con gli occhi gonfi e la voce tremante.
"H-ho finito. P-potrei andare in bagno per favore?"
La donna annuì con un cenno della testa e il ragazzo corse fuori dall'aula, precipitandosi ai bagni e chiudendosi in una delle cabine, scivolando di spalle contro la porta chiusa, per poi sedersi per terra, tenendosi le ginocchia con le mani.

×

Changbin aveva lo sguardo perso nel vuoto durante la noiosa lezione di storia: masticava la parte finale della sua matita, che impugnava nella mano destra, mentre era impegnato a picchiettare sul banco di legno il suo indice sinistro, producendo un rumore impercettibile, coperto dal blaterare della sua professoressa e dallo spostarsi delle lancette dell'orologio appeso sopra la lavagna.

Fece posare il suo sguardo sui vari dettagli nella classe: damle finestre e il panorama primaverile che si intravedeva da esse, alle cartine geografiche appese ai muri, e alla permanente mal riuscita della professoressa. Si soffermò qualche attimo a scrutare Felix, il ragazzo per il quale aveva una cotta.
Sorrise e sospirò, pensando di non avere alcuna possibilità con lui. Decise dunque di guardare altrove.
Fu quando i suoi occhi si posarono sulla porta lignea con un inserto in vetro che lo vide: il suo migliore amico, che avrebbe riconosciuto da chilometri, stava correndo in direzione dei bagni.

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