Verità

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Erano le otto, ero pronto da un'ora e l'ansia mi stava divorando. Stavo seduto sul bordo del divano e le mie gambe non smettevano di tremare. Durante il pomeriggio non ero andato allo studio, ma avevo richiamato tutti i ragazzi scusandomi per la mattina, scoprendo che Dario non aveva raccontato niente della mia fuga: aveva detto semplicemente che non ero andato, per questo si erano preoccupati non vedendomi arrivare.

Alle otto e trenta precise suonò il citofono. Non poteva essere nessun altro che lui. Misi la giaccia, e uscii: i passi incerti, le mani sudate, la testa confusa, e il cuore che mi batteva più forte che mai.

Quando aprii lo sportello della sua macchina, fui indeciso se fuggire ancora, ma il suo sorriso caldo e sereno mi accolse e salii.

"Ehi Tone!" disse, risposi solo con un "Ciao Dario!", non riuscivo nemmeno a guardarlo in faccia e tenevo gli occhi bassi, fissi sul tappetino. Lui non pronunciò altre parole, mise della musica Jazz nello stereo e partì, lasciandomi il tempo e lo spazio di rilassarmi.

Quando aveva da pensare o da riflettere sapevo che lui aveva i suoi "posti sicuri" sui colli, ed era lì che ci stavamo dirigendo.

"Ti va se ci fermiamo un attimo qui a vedere Bolo?" Si rivolse a me, rallentando davanti ad una piccola piazzola di sosta che affacciava sulla città. "Sì, non ho neanche fame!" Scendemmo e sempre in silenzio ci avvicinammo alla staccionata in legno che fungeva da parapetto. Tutto era fermo e silenzioso. Dario in piedi, immobile nel suo cappotto, scrutava l'orizzonte, io mi ero appoggiato con i gomiti alla balaustra e la testa che mi cadeva tra le spalle, appesantita dai tanti pensieri che si portava dentro. E poi Bologna, che davanti a noi era pronta ad ascoltare i nostri segreti.

Fu Dario a rompere il silenzio e avvicinandosi di qualche passo a me disse: "Ti ho portato qui perché vorrei sapere che ti succede in questo periodo?"

Tutto i miei muscoli si contrassero ed iniziarono nuovamente a tremare. "Che intendi?" chiesi.

Parlò di nuovo lui: "Lo sai benissimo anche tu che intendo: stamattina sei fuggito dopo aver sentito la mia telefonata, il tuo sguardo quel giorno dopo aver parlato con Montemagno, l'orario in cui hai iniziato ad arrivare in studio, e i tuoi occhi quando mi guardi. C'è qualcosa che devo sapere?" 

Mi aveva scoperto. Il cuore batteva ad un ritmo impazzito, nascosi la testa tra le mani e dissi: "Non lo so". In quel momento una paura viscerale, come mai prima d'allora avevo provato, mi assalì.

Se avessi confessato tutto a Dario come l'avrebbe presa? Se l'avesse presa male e non mi avesse più voluto nemmeno come amico? E Space Valley che fine avrebbe fatto?

In quell'attimo, preso dai miei pensieri, non mi accorsi nemmeno delle lacrime che iniziarono a riversarsi giù dai miei occhi. Lui però le vide. Mi prese per le spalle, mi tirò su dalla mia posizione ricurva e mi abbracciò.

Mi tuffai letteralmente in quell'abbraccio. La sua mano sui miei capelli, il mio viso sprofondato nel suo cappotto e i miei singhiozzi smorzati, sentivo il suo profumo e il suo respiro. Tutti i sentimenti che un essere umano può provare attraversarono il mio corpo: di nuovo la paura, poi l'amore, la felicità, la fiducia, l'amicizia, la riconoscenza, fin quando arrivò il coraggio: alzai lo sguardo verso di lui e verso i suoi occhi che mi scrutavano, attenti ad ogni mio sussulto. "Dario, credo di essermi innamorato di te", lo dissi velocemente, quasi sussurrato, un sibilo sfuggito dall'anima e tornai a rifugiarmi nel suo abbraccio, nascondendo il rossore del mio viso.

"Lo so" disse e accostò le sue labbra alla mia fronte, come per tranquillizzarmi, come a dirmi che andava tutto bene.

Lui lo sapeva, l'aveva sempre saputo.

NDA

Ammetto che questo sia uno dei miei capitoli preferiti.  A voi è piaciuto?

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Spazio all'amore ||Space Valley|| Tonno x Dario COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora