29. MOLTO RUMORE PER NULLA

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Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare.
Mahatma Gandhi

Sento uno spostamento di vento e un giornale mi viene lanciato sulla scrivania, oscurando completamente le fatture non ancora saldate che stavo controllando con premura e ciò mi costringe a scostare di poco la vista per cogliere in flagrante Rebecca con una mano davanti alla bocca mentre sbadiglia, gli occhiali da sole dalle lenti grandi e scure dietro cui riposano sicuramente gli occhi pesti di chi può aver fatto le ore piccole stanotte.

«Alice nel paese delle meraviglie, ti sei divertita insieme al genio della lampada e a Ralph Spaccatutto?».

Enfatizzo beffardo, abbassando la testa l'attimo dopo per osservare il quotidiano, riconoscere subito la fotografia incriminata e indicare il grande titolo in grassetto.

«Eccoti in tutta la tua bellezza, miss Winthrop! Sei fotogenica anche in bianco e nero mentre ti strusci sul palo! Più voti per Blaze Montgomery e tutti derivano dall'universo maschile. Il controllo dei consensi in discoteca ha funzionato, è stata una gran bella trovata, come quella di provocarmi quel giorno al palazzo dei comizi».

Faccio emergere il mio solito lato da bastardo perché tanto la galanteria con lei credo proprio non funzioni. In un modo o nell'altro mi stende al tappeto e quindi, arrivati a questo punto, tanto vale continuare a punzecchiarci e tentare, forse invano, di mettere da parte i sentimenti.

Apro il palmo della mano e lo sollevo in aria per ricercare un cinque volante dalla donna più complicata che abbia mai conosciuto, ma non sembra in vena di scherzare.

«Trattavi come un oggetto da esposizione anche Sidney? Ah no, eri solo figlio di grandi imprenditori a quei tempi, mentre ora purtroppo sei famoso. È proprio vero che danno visibilità a cani e a porci».

Si guarda attorno, leggermente disorientata e convinta di averlo solo pensato e non pronunciato ad alta voce.

«Rebecca...». La redarguisco come se fosse una bambina perché ci sono delle volte in cui credo che sia posseduta dall'anima di uno scaricatore di porto e lei di rimando sbuffa. «Comunque, non darmi la colpa di questa cosa, anche il tuo amico ti ha spronato a dare spettacolo».

«Hai ragione, devo smettere di far emergere il lato esibizionista di cui sono anche provvista, ma quando succede è perché necessito di uscire dai soliti schemi monotoni, seri e stereotipati che odio e che mi impongo».

«Credo che tu sia tutto fuorché disinibita, l'ho sempre pensato, e sono convinto anche che tu sia una persona molto divertente».

Ricerco il suo sguardo e quando lo trovo è come se avesse davanti agli occhi un gigantesco punto interrogativo.

«Da cosa lo deduci?». Appoggia gli occhiali dal sole sulla scrivania e successivamente si porta le mani alle tempie per iniziare a massaggiarsele.

«Quel giorno che hai firmato il contratto ricordo di aver affermato che tu non fossi così tagliente e poco aperta al dialogo tutti i giorni della tua vita, anzi, ad oggi sono sempre più convinto che il tuo sia un atteggiamento di difesa. Inoltre, credo più al tuo amico che a te, e lui ha un po' confermato la mia ipotesi iniziale».

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