Capitolo 1

89 8 1
                                    

- If my time on earth was over,
Then the last thing I would doIs to pray to God and just thank himFor blessing me with youWhat you did for me was a miracleEvery word you said was trueYou were always there and protected meThis song goes out to you
Mama, I never meant to make you cry
Mama, forgive me for the times I hurt youMama, if I could only turn turn back timeMy live would be complete....-

"Us5-Mama"


Attesi lo stretto indispensabile, ossia che le porte del market si chiudessero alle mie spalle, per sistemarmi meglio gli auricolari mentre già sentivo diffondersi nell'aria quella melodia così dolce e delicata.

Mi diressi all'angolo della strada e attesi che il semaforo diventasse verde per attraversare la strada e dirigermi verso casa. Nell'attesa di quel suono meccanico, presi il cellulare per controllare eventuali messaggi ma non feci in tempo poiché lo udii e ripresi il mio cammino.
Feci appena in tempo a lasciare le strisce pedonali alle spalle che qualcuno mi venne addosso scaraventandomi a terra con tutto l'occorrente per la mia cena.

«Oh, scusami!» disse una voce maschile dallo strano accento. Sembrava molto simile a quello del mio professore di tedesco.

Con un certo imbarazzo alzai lo sguardo e arrossii.
Quel ragazzo era un modello, no anzi, un angelo: alto, con spalle e torace ampi, capelli biondi e lisci che ricadevano in un delizioso ciuffo sulla fronte e occhi...che occhi!

"Un azzurro così chiaro che assomiglia al cielo" mi ritrovai a pensare, trovando poi assurda quella vena così mielosa.

Il ragazzo, con un solo movimento del braccio, mi tirò in piedi come fossi un fuscello.
Stavo per scusarmi, colpevole di essere stata poco attenta, quando le sue labbra si aprirono in un sorriso gentile.
«Ehm grazie. Scusami per lo scontro» dissi in un sussurro.

«Scusami tu, avevo la testa altrove» ammise e notai come nell'altra mano tenesse il suo cellulare.

«Hai bisogno di aiuto?» chiesi, indicando il telefono.

«In effetti sì. Dovrei chiamare i miei amici ma ho il telefono scarico. Non vivo qui e non conosco nessuno».

«E da dove vieni, se posso permettermi?»

«Dalla Germania. Sono qui per...lavoro» disse, con una piccola pausa sospetta. Pareva essere restio nel rispondere.

"Sciocchezze, è solo una tua impressione" mi dissi.

Rimanemmo così, in silenzio, per alcuni minuti mentre le auto sfrecciavano vicino a noi e la folla continuava ad urtarci, ma eravamo presi come in un incantesimo dove i nostri occhi erano incapaci di staccarsi gli uni dagli altri. Scrutò i miei lunghi capelli neri, i jeans chiari e la canotta bianca.

«Come ti chiami?» mi chiese, sistemando il telefono nella tasca posteriore dei suoi pantaloni scuri.

«Anne e tu?»

«Chris».

«É il diminutivo di Christian?» e a tale domanda mi sorrise.

«Ci sei andata vicina. Il mio nome è Christoph».

Ero semplicemente curiosa, trovarmi davanti un simil angelo non capitava tutti i giorni così cercai di indagare. «E dove alloggi?»

«Ehm...non lo so di preciso. Non riesco ad orientarmi».

All'improvviso la mia mente elaboro un'idea molto strana, inusuale direi e, prima che vi riflettessi meglio, proposi: «Potresti venire a casa mia. Ti offro qualcosa di fresco e così potrai anche contattare i tuoi amici».

Vidi le ampie spalle rilassarsi e mi sorrise, grato. «Aggiudicato».

Mi ritrovai così a rispondere al suo sorriso.
Il tragitto fu breve ma intenso. Sentivo lo stomaco fare le capriole dall'emozione, neanche fosse il mio primo ragazzo. Quello straniero mi stava procurando delle sensazioni così strane e potenti che avevano ben poco a che fare con la calura e l'afa estiva di quel giorno.

All'improvviso Chris mi prese la mano. «Non voglio rischiare di perdere anche te».

Una volta arrivati a casa lo feci accomodare in salotto per poi recarmi in cucina e lasciare le borse della spesa. Tornai da lui con una caraffa di tè freddo e una ciotola di biscotti che mangiammo in brevissimo tempo.

«Ti ringrazio. E' stato molto gentile da parte tua».

Mi strinsi nelle spalle. «Di solito non accolgo in casa uno sconosciuto ma tu...»

Come poter giustificare la strana emozione che mi aveva suscitato non appena avevo incontrato i suoi occhi?

«Ti facevo pena immagino» scherzó lui, scoppiando in una risata.

«Touché. Raccontami un po' di te...che cosa ti porta qui in Italia?»

«Lavoro nel campo musicale assieme a degli amici».

"Ancora quel tono restio" notai.

Come in un film immaginai una grande casa con piscina, un lussuoso studio di registrazione, numerose macchine con cui presenziare alle serate e sospirai.

«Sei un cantante?»

«Più o meno».

«Un manager?» riflettei, ma Chris negò.
«Un autore? Un musicista? Un parrucchiere?» Ritentai ma senza successo.

«Beh signor voglio-fare-il-misterioso ti invidio comunque. Il tuo mondo deve essere molto affascinante. Io sono solo una noiosa ragazza di provincia con amici normali ed una vita monotona».

«Non sempre è splendido, credimi. A volte vorrei essere come te».

Strabuzzai gli occhi. «Perché scusa?»

«Mi mancano le cose semplici. Ad esempio fare la spesa in tranquillità e ospitare estranei senza aspettarmi nulla in cambio. Nel mio mondo queste cose sono molto rare».

«L'ho fatto perché sapevo che eri in difficoltà».

Lui posò la mano sulla mia e sorrise. «Grazie»

Sentii il respiro mozzarsi in gola. "Ok, ora posso morire felice".

«Prego» sussurrai e mi ritirai in bagno per darmi una calmata.


*Chris's *

"Da quanto sognavo di incontrare una ragazza così normale".

Ero sempre circondato da ragazze ambigue, civettuole che bramavano un sorriso o una parola per potermi sfruttare a loro piacimento. Ero stanco. Avevo bisogno di un pò di aria fresca.

L'orologio del salotto indicò le quattro di pomeriggio e pensai ai ragazzi. Si era dileguati alla velocità del vento lasciandomi solo in quel negozio.

"Ma dove saranno?"

Il rumore di un'auto che entrava nel vialetto di casa annunciò l'arrivo di qualcuno e, poco dopo, una signora dai capelli scuri entrò appoggiando la borsa sul tavolo dell'ingresso. Si voltò verso il salotto e mi osservò perplessa.

Anna tornò proprio in quel momento. «Mamma, questo è Chris».

La madre mi rivolse un sorriso di circostanza e si avvicinò, allungando la mano che subito presi.

«Piacere Chris, io sono Nóra», poi si rivolse alla ragazza, «ricordi che stasera ho la cena di lavoro? Bene, vado a fare una doccia».

«Allora signor cantante, dove eravamo rimasti?» chiese la giovane, sedendosi al mio fianco.

«Oh basta parlare di me! Raccontami di te...» ma non riuscii a terminare la frase che il mio cellulare iniziò a squillare.

Anne allora mi lasciò solo nel suo salotto ed io potei rispondere utilizzando il tedesco.

***

BABY I LIKEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora