Capitolo 10.

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«Ciao. Pensavo di trovarti a cena.»
Ha quasi un'espressione spenta.
«Mi sono trattenuta per qualche extra. Potevi avvisarmi.»
«Non si chiama più sorpresa se te lo diceva.», esclama mia sorella.
«Come sempre hai ragione piccolina. Vado su a cambiarmi.», le dico scompigliandole i capelli.
Nella mia tuta celeste pastello raggiungo tutti nel salotto, dove stanno giocando al gioco dei mimi.
Mi siedo sul divano senza disturbare.
Fattasi l'ora, Ada scioglie la seduta e invita i bambini a dare la buonanotte a Dario, a cui dice che può trattenersi  fin quando vuole.
Aspetto che l'ultimo dei bimbi lasci la stanza.
«Hai perso il mio numero in questi giorni per caso?»
Lui è seduto di spalle sul tappeto circolare rosso.
«Ho avuto da fare.»
«Allora potevi risparmiarti di venire fin qui se ti rubo troppo tempo anche solo per farmi capire se sei vivo.»
«Potevi scrivermi anche tu.»
«Scusami se non voglio darti fastidio.»
Finalmente si gira a guardarmi.
«Dimmi. Ti ho mai detto che sei invadente?»
«Non cambiare discorso. Perché sei qui? Non hai mai fatto queste improvvisate.»
Viene a sedersi anche lui.
«Avevo voglia.»
«Ah, quindi non è perché ti sei un po' reso conto di essere scomparso.»
«Sai che non è la prima volta che succede.»
«Ma stranamente è successo dopo quella telefonata.»
Il mio cellulare si trova fra noi e vibra una volta illuminandosi.
Un messaggio.
"Sto guadagnando terreno, allora!"
Lo nascondo dietro la schiena.
«Chi è?»
«Nessuno che ti riguarda.»
«È quel ragazzo?»
«Vuoi sentirti dire che è lui?»
«Voglio che me ne parli, cazzo, Clara!»
Si alza di scatto e inizia a fare avanti e indietro, mettendosi le mani fra i capelli.
Cerco di mantenere ferma la voce.
«Dario. Non mi hai dato la possibilità.»
Si ferma al centro della stanza e sospira chiudendo gli occhi. Non l'ho mai visto tanto irrequieto.
«Sono una merda.»
«Una merda leggermente irritata.»
«Il lavoro mi sta stressando ed è uno dei motivi della mia assenza. Scusami, sto scaricando tutto su di te.»
Si risiede frastornato, massaggiandosi il volto.
«Perché non vai a casa? Ne riparliamo domani.»
«Assolutamente no. Forza, sono tutto orecchie. Qualche aggiornamento?»
Gli racconto del mio incontro di qualche ora fa.
«Francesco? Che nome banale.»
«Perché Dario è un nome stupendo.»
«Ovviamente. Vuol dire "colui che mantiene il bene", lo sapevi?»
«Un significato più che azzeccato!»
Ridiamo e mi da un cuscino sulla testa.
«Quindi il giovane uomo ha scelto di tornare alla carica. Che coraggio.»
«Vorresti dire che per me non vale la pena rischiare?»
Gli ricambio la cuscinata.
«Anche di più se si tratta di te.»
Sorride.
Non mi sta prendendo in giro. Nei suoi occhi c'è un qualcosa che non avevo mai notato prima.
«Non permettergli di farti del male.», dice tutto ad un tratto.
«Lo sai più di me che non lo permetteró.»
«Me lo auguro. Anche perché non gli conviene farmi intervenire.»
«Lo sfidi ad una battaglia di rap?»
«Stasera mi stai prendendo un po' troppo in giro.»
Mi afferra e mi tira per una caviglia, ed io inizio ad urlare. Mi solletica sui fianchi e mi dimeno pregandogli di smettere.
Nel muovermi casco dal divano e viene giù con me. Ridiamo come due cretini.
Io sono di schiena sul pavimento e lui col petto su di me.
«Ti odio, Dario Matassa. Te l'ho mai detto?»
«Tutte le volte che ne hai avuto la possibilità.»
Si appoggia sulle mani per sollevarsi e i nostri nasi si sfiorano. Ma non si allontana.
«Ed io ti ho mai detto che da questa distanza non sei affatto male?»
«Ma cos'è tutto questo schiamazzare?»
All'arrivo di Ada, si mette in piedi il più velocemente possibile e mi da una mano ad alzarmi.
Non le lascio il tempo di capire la situazione.
«Scusa, ci siamo fatti prendere la mano. Dario stava per andare via, non è vero?»
Mi rivolgo a lui cercando sostegno.
«Verissimo. Devo scappare, ci rivediamo giovedì, buonanotte!»
Una volta andato via, Ada mi chiede con lo sguardo cosa fosse successo ma lascio la stanza nel silenzio più assoluto.
Non lo so, Ada. Non lo so nemmeno io.

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