Capitolo 12.

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Sono alla cassa e mi dondolo sullo sgabello.
Un ragazzo con un berretto consumato entra e viene verso la mia direzione.
«Ho una consegna per una certa Clara, non mi è stato dato cognome.»
«Io mi chiamo Clara.»
«Penso sia per te, allora.»
Tira su una cosa per mostrarmela.
Un girasole.
Lo prendo tra le mie mani e leggo il bigliettino fissato al fusto.
"Oggi non potró passare, ma ho mandato un mio amico a farti compagnia."
Questo è troppo.
Il tipo nel frattempo è andato via.
Cerco di attirare l'attenzione di Arianna e mi raggiunge chiedendo cosa volessi.
«Ho bisogno, urgentemente, che mi copri per qualche minuto.»
«Cla sono sfinita, non reggerei a lavor-»
«Rosso Malpelo!», sbotto puntandole il girasole in faccia.
«Ma non vedevo l'ora di mettermi alla cassa per 10 MINUTI! Ti ringrazio!»
Si esalta improvvisamente e mi lascia sgattaiolare negli spogliatoi.
"Basta regali. Basta sorprese. Alla prossima, ti blocco. Ti denuncio per stalking."
Noto che non si collega da parecchio, quindi non aspetto e torno a lavorare.
In serata, ricevo due messaggi contemporaneamente.
Uno di Dario.
"Sono fuori finalmente".
E l'altro di Francesco.
"Va bene capo, la smetto al momento".
Che stregoneria è mai questa!
Rispondo al primo.
"Appena puoi videochiamami."
E poi al secondo.
"Niente al momento. La devi smettere e basta".
Lascio il cellulare aspettando direttamente Dario e all'altro lo ignoro completamente.
Quando il telefono squilla, rispondo immediatamente.
«Questo Francesco è uno psicopatico!»
«Buonasera anche a te! La giornata come mi è andata? Direi che è stata pesantuccia.»
Alzo gli occhi al cielo.
«Ah, questo poi!»
«Dai piantala, ho bisogno di dirti cosa mi è successo.»
Mi guarda per tutto il tempo con una faccia svogliata. Non so perché se sia effettivamente K.O. o perché sia scocciato. O entrambi.
«Non mi sembra però che tu non abbia gradito il pensiero.»
Indica il fiore che è nel vaso sul comodino alle mie spalle. Lo tolgo dall'inquadratura.
«Non c'entra con quello che ti sto dicendo.»
«Per me non ha senso parlarne.»
«Adesso mi fai imbestialire! Prima dici che devo dirti ciò che penso e poi ti stufi? Ma ce la fai?»
«Mi stufa perché sinceramente stasera avevo voglia di chiederti una cosa e adesso non la ho più. Se per il resto è tutto okay, desidererei andare a dormire.»
«Vaffanculo Dario, stavolta ti attacco io!»
Metto giù.

Per prendere sonno ho dovuto inserire la modalità aereo. Il telefono non smetteva più di vibrare.
Nel pomeriggio solito orario, solito posto, solito saluto.
Con la differenza che sono incazzata nera.
La porta della mia camera viene spalancata con violenza.
«Adesso invadi anche i miei spazi?»
Lo spingo con le mani al petto. Indietreggia di poco.
«Che ci sta succedendo? Perché non la smettiamo di litigare?»
«Me lo chiedo anche io. Sono giorni che mi rispondi sempre male.»
«Perché è proprio tutto inutile con te.»
«Inutile? Secondo me ti sei fritto il cervello.»
«Vedi, continui ad offendermi.»
«Come posso mai risponderti, Dario?»
Ci fissiamo negli occhi, lui ha un'espressione dura e per un po' regna il silenzio.
Poi abbassa la testa.
«Era meglio quando avevo l'esclusiva.», mormora.
«Cosa hai detto??»
«Niente. Vado a vedere se di sotto hanno bisogno di me.»
Lascia la stanza ma dopo un paio di minuti lo inseguo fino in giardino.
«Sono stanca di questa situazione. Ho anche io delle cose da chiederti. Possiamo parlare senza che mi inveisci contro?»
«Io? Tu, alzi la voce con me!»
Tutti gli occhi sono su di noi. Ci mancava solo che attirassimo l'attenzione.
«Dario. Lo hai appena fatto di nuovo.»
Si guarda attorno e nota la bella figura che stiamo facendo.
«Credo sia il caso di parlarne in privato.»
Esce in strada con me dietro di lui.
Non smette di camminare, anche se rallenta il passo, e lo affianco con le braccia incrociate.
«Sono giorni che ci penso.», dice.
«Anche io ho rifletutto. Vuoi dirmi prima tu?»
Annuisce.
«Domenica pensavo di portare Sofia da qualche parte, così non restate in casa. Credi sia il caso?»
Mi blocco. Non ci credo.
«Di questo volevi parlarmi ieri?»
«Sì, insomma, è una situazione delicata.»
«Dario... È normale che a Sofia faccia piacere. Bisogna solamente vedere se si lascia convincere.»
«Allora mi organizzo.», dice facendo spallucce.
Non so cosa dire. Davvero era solo questo?
«Tu cosa volevi chiedermi?»
«Credo non sia importante. Mi basta non discutere più.»
Mi volto per tornare a casa ma mi blocca per un polso.
«Sicura? Non c'è altro?»
«Sicurissima.»
E anche la prima bugia a Dario, è andata.

Mi stringo nel cappotto, seduta su una panchina alla fermata del bus

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Mi stringo nel cappotto, seduta su una panchina alla fermata del bus.
Francesco si siede al mio fianco.
«Già ho rifiutato il passaggio, te ne sei fregato e mi hai seguita fin qui. Non ho tutta questa pazienza.»
«Se lo faccio è perché hai smesso definitivamente di rispondermi.»
«Se ti ho detto di smetterla, un motivo ci sarà. Non devi rincorrermi sempre. Mi chiedo anche come tu faccia a sapere i miei orari, ma posso rispondermi da sola.»
Arianna sta superando ogni limite.
«Proprio perché mi sono reso conto di aver esagerato, sono venuto per una tregua...»
«Accettata. Ora puoi andare.»
«... E per ripartire in modo diverso.»
«Tu sei questo e non devi cambiare per me.»
«Non capisco allora perché tu abbia accettato di sentirmi...»
Adesso alzo la voce.
«Ascoltami. Sono sovrastata da mille pensieri e ti ci metti anche tu con le mille attenzioni. Quello che chiedo è un momento di pace, nient'altro. Riesci a capirlo?»
Mi guarda pensieroso e il suo volto si illumina.
«Potevi dirmelo che c'era un altro. Non avrei insistito così tanto.»
«Ma cosa stai dicendo?»
«Te lo leggo in faccia.»
«Non ho problemi a dire le cose come stanno e penso tu lo abbia notato.»
«Più che notato.»
Sorride nervoso.
«Fra, davvero. Sono stati giorni particolari. Se vuoi starmi vicino, non mi devi soffocare. Te lo chiedo per favore.»
«Che carina! Mi hai chiamato Fra.»
Questo ragazzo è la serietà fatta in persona. Lo spintono seccata.
«Chiaro e coinciso. Mi dispiace, sul serio.»
Mi lascio andare con la schiena sul vetro. Spero abbia capito.
«Domani pomeriggio usciamo?»
Lo incenerisco con gli occhi.
«Va bene, va bene.»
Alza le mani in segno di resa.
L'autobus si accosta al marciapiede.
«Non ci sarei comunque stata. Mi faccio sentire al più presto.»
Rimane solo in questo freddo sabato sera di novembre.

Il mio posto fuori dal mondo. [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora