Capitolo 7.

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Un anno prima.

A tavola c'è un gran caos.
I bimbi parlano tra di loro e con Ada di tutto ciò che hanno fatto durante la giornata. Uno di loro tenta anche di condividere qualcosa con me, non capendo che oggi sono talmente sfinita che vorrei cenare in santa pace.
Deve arrivare ancora il giorno in cui capiró come a quest'ora abbiano ancora la vitalità di chi si è appena svegliato da almeno dieci ore di sonno.
Ad un tratto Ada batte le mani e nella stanza cala il silenzio.
14 occhi sono puntati su di lei.
Tranne i miei che rimangono fissi sul piatto.
E adesso cosa avrà da dire?
«Ho una novità, bambini! Come sapete domani è il giorno della settimana in cui vengono a trovarci i nostri amici. Mi hanno comunicato che tra loro ci sarà un nuovo ragazzo.»
Partono grida di gioia e applausi.
«E questa sarebbe una novità?»
La mia voce fuori esce come una nota stonata. I bambini si fermano a guardarmi.
Ma di che stiamo parlando? Manco avesse annunciato l'arrivo di Babbo Natale.
«Ovviamente, Clara. Da parecchio non vediamo facce nuove.»
«Il mese scorso. Due giovedì e non è più tornato.»
«Ada ci ha detto che è andato a lavorare fuori.»
Luca mi si trova difronte e mi guarda con quei suoi occhioni verdi.
Vorrei tanto urlare che in realtà è scappato, non ha avuto il coraggio di aprire il cuore a queste piccole anime indifese. Spaventato dal grande amore che sanno dare.
«Giusto. Me ne ero dimenticata.» Rimango a fissarlo pensando che vorrei tanto tornare anche io all'età dell'innocenza e dell'inconscenza. Davvero tanto.
«Il motivo per cui ve l'ho detto è perché vi volevo raccomandare di comportarvi meglio del solito ed essere ospitali.»
«E cosa dovrebbero fare? Un canto di benvenuto?»
La mia ironia viene presa sul serio. Sofia dice che è una bellissima idea ed emozionati iniziano a discutere su cosa potrebbero fare.
Incredula scuoto la testa.
Ada si abbassa per dirmi una cosa all'orecchio.
«Non volendo hai detto una cosa buona.»
Sorride soddisfatta.
«Possono fare ció che vogliono, l'importante è che non mi coinvolgano. Voglio stare per fatti miei domani.»
Mi alzo lasciandoli alle loro idee.

Il giorno dopo, verso le cinque circa sento un coro di vocine. Lascio matita e album da disegno sul letto e mi affaccio alla finestra aprendo una delle ante di vetro.
I bambini sono in semicerchio, con le mani dietro la schiena, e sono intenti a far ascoltare la canzoncina che hanno preparato insieme.
Oggi sono presenti più volontari del solito e quello più esposto, quello al centro della scena, è evidente che sia il nuovo ragazzo. In fin dei conti lo spettacolino è stato pensato per lui.
Da qui in alto posso solo notare che ha i capelli castano scuro e sul volto ha della barba incolta.
Non lo percepisco imbarazzato, anzi, sembra essere onorato. Guarda incantato ognuno di loro.
"Magari ha intenzioni diverse rispetto ai precedenti", penso.
Ma mi correggo immediatamente da sola dicendomi che già settimana prossima non si presenterà più.
Anche se sul suo volto c'è una luce diversa.
L'applauso giunge in tutto il giardino nell'istante in cui i bimbi smettono di cantare.
Nonostante l'idea la consideri tutt'ora ridicola, sono stati splendidi. Sono splendidi.
Il ragazzo, quasi commosso, chiede il permesso per un abbraccio di gruppo e i bimbi lo assaliscono. Non smette di ringraziare i piccoli.
Sofia si precipita a dirgli qualcosa all'orecchio e indica verso la mia direzione.
Ha solo qualche secondo per alzare lo sguardo e fare un cenno di saluto con una mano, che chiudo all'istante finestra e tendine. Non voglio saperne niente.

Ho bisogno di andare fuori.
Sono passati pochi minuti dall'arrivo dei ragazzi, ma non ce la faró ancora per molto.
Apro l'armadio e scavo nel punto più profondo dove ho nascosto per bene qualche pacchetto di sigarette. Al momento ne ho tre con dentro 2-3 sigarette ciascuno.
Cazzo. Non mi basteranno. Ma ci penseró più tardi.
Faccio il primo viaggio al mio nascondiglio in giardino.
Lì nessuno viene mai a darmi fastidio.
Stanno giocando tutti all'ingresso e saluto velocemente chi mi conosce. Praticamente tutti.
Non è mio interesse presentarmi al nuovo che mi osserva finchè non scompaio dal suo campo visivo.
Ma cosa vuole?
Questo avviene per tre volte, facendo passare parecchi minuti tra un momento e l'altro, e per tre volte passo indisturbata.
Alla quarta volta, mentre sto spegnendo la cicca nel posacenere, sento dei passi furtivi nelle mie vicinanze. Sistemo come tutto dovrebbe essere.
A poco a poco, si svela essere lui.
«Ehi, ehi. Nessuno ti ha detto che questo posto è off limits?»
«Mmh, no. Non mi sono state imposte zone vietate a dire il vero.»
«Ah no? Allora te lo comunico io. Qui è vietato l'accesso, vedi qualcuno in giro?»
Incrocio le braccia.
Lui si gira attorno e si affaccia oltre di me.
«Credo non ci sia nessun'altro, escludendo anche i nani da giardino. Ma tu sei qui!»
Crede di potermi prendere per il culo?
«Pronto? Sono a casa mia e faccio come voglio! E posso scegliere a mio piacimento chi far accedere in questo lato del giardino.»
«Io voglio stare qui adesso. Ti dispiace?»
Mette le mani nelle tasche della felpa e punta i piedi per terra.
«Fa un po' come ti pare.»
Scocciata ritorno alla panchina.
Non ho più intenzione di chiudermi in camera. Mi segue.
«Tu devi essere Clara.»
«Che intuito! Lo devo comunicare al tuo responsabile, guadagnerai un sacco di punti per questa tua risposta esatta.»
Ride sedendosi al lato opposto della panchina.
«Che hai da ridere?»
«Mi avevano messo in guardia dal tuo caratterino.»
«Guarda, puoi star tranquillo. Il gruppo su cui ti dovresti concentrare, in questo momento, si trova dall'altra parte. Ti consiglierei di raggiungerlo il più in fretta possibile.»
«Ma lo hai detto tu stessa che questa è casa tua. Possiamo passare il nostro tempo con tutti i componenti della famiglia.»
Sto per ribattere, quando sento urlare il mio nome in modo mostruoso.
Ada grida spesso, ma stavolta sento una fitta alla pancia solo a sentirlo. Corro da lei.
È fuori in giardino con due pacchetti di sigarette fra le mani.
I miei pacchetti.
Gli ultimi che erano nascosti.
«Mi spieghi cosa sono questi?»
«Sigarette?!», chiedo in modo scontato.
Il mio modo di essere non cambia nemmeno in queste situazioni.
«Vi pregherei di lasciarci sole.»
Nell'immediato i volontari, compreso il novellino, portano i bambini dentro. Mia sorella viene portata via con più forza. Non vuole lasciarmi.
«Uno era sul tappeto della tua camera. L'altro l'ho scovato.»
«Sei entrata nella mia stanza e hai frugato nella mia roba?!»
«E tu per tutto questo tempo hai frugato nella mia borsa!»
Sono stata scoperta. Ormai sono con le mani nella marmellata.
«Come credi che-»
«In tutti questi mesi, pensavo di essere fuori controllo! Sigarette che diminuivano, che scomparivano... Ora è tutto chiaro. Il numero delle volte che è successo è inquantificabile. Ti rendi conto?»
«Ada, posso spiegarti, io-»
«Ho lasciato che restassi a casa con me. Con me! E tu fai un gesto del genere? Questo mi deve far pensare che potresti aver rubato anche dei soldi!»
Siamo viso a viso.
«Non lo farei mai!», rispondo con la voce strozzata.
«E chi può dire il contrario?»
Questa accusa mi colpisce nel profondo, anche perché proprio i soldi non mi mancano visto che sgobbo tutti i giorni per racimolare qualcosina.
Capisco la gravità della cosa solo adesso, quando è troppo tardi.
«Adesso ti dico come andranno le cose...»

Da questo momento, Ada non entrerà più in camera mia.
Nessuna sigaretta più varcherà la soglia di casa.
Da questo momento, qualcosa nel rapporto tra me e Ada si spezza.

Il mio posto fuori dal mondo. [Completa] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora