Capitolo 14.

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«Mi spieghi perché stai scavando nel mio armadio?»
«Ti ho messo io in questa situazione. Voglio che la mia amica vada almeno vestita decente.»
«Sono abbastanza grande da farlo da sola.»
Cerco di tirarlo via.
Bussano alla porta della mia stanza e vado a vedere chi è.
«Scusatemi, volevo sapere se Dario dovesse restare a cena con noi.»
«Tranquilla Ada, andiamo via.»
Sposta sorpresa lo sguardo su di lui.
«Oh. Le hai chiesto di uscire?»
Ci guardiamo nello stesso istante e scoppiamo in una risata nervosa.
«No, ma che dici. Non sono io lo sfortunato stasera.»
Gli lancio una pantofola addosso.
«Mi avrebbe fatto piacere sapere che stesse in mani sicure.»
«La prossima volta tenterò.», scherza, «Ma non corre rischi. Il ragazzo sembra voler fare di tutto per lei.»
«Va bene, possiamo smettere di parlarne?»
La guardo come per dire "ti prego, non fare più domande". Mi rivolge uno sguardo d'intesa.
«D'accordo. Ah, Dario, ti ringrazio molto per oggi. Può non sembrare, ma hai fatto davvero tanto.»
«Non ce n'è bisogno. È stato il minimo.»
Con un sorriso richiude la porta.
«Ti ringrazio molto per oggi. Hai fatto davvero tanto. Grazie di come sei.», dico facendo il verso.
«Invidiosa. Almeno so che mi darebbe la sua benedizione nei tuoi confronti.»
La seconda pantofola gli arriva quasi nell'occhio.

«Credo sia il momento che tu vada. Fra poco sarà qui.»
Dario mi ha fatto compagnia sul marciapiede difronte casa per aspettare Francesco.
«Che io vada? Devo conoscere il ragazzo del girasole.»
Inchioda i piedi per terra e si affaccia in entrambi le direzioni.
«Tu non conoscerai proprio nessuno. Vai via subito!»
Non mi lascia insistere più di tanto e ride divertito. Mi si posiziona difronte prendendomi per le spalle.
«Allora, ho inserito il mio numero nelle chiamate veloci. Basta che premi il due e saró lì in un attimo.»
«Cosa ti fa pensare che abbia bisogno del tuo aiuto?»
«Perché tu hai sempre bisogno di me!»
Gli do le spalle dicendogli di smetterla e di andare via. Che scemo.
Mi gira intorno e mi si pone nuovamente difronte.
«Sul serio. Per qualsiasi cosa.»
«Lo so! Ora puoi andare!»
Tentenna ancora per un po'.
Io con le mani nel cappotto guardo fissa la strada.
«Volevo dirti che... Sei molto bella, stasera.»
Lo miro sottecchi.
«Ora dirai "perché ti ho aiutato io nella scelta".», dico portando gli occhi al cielo.
Mi porta una mano alla guancia. È così tiepida.
«Non hai bisogno di aiuto per esserlo.»
Sorride nervoso.
Vorrei poterla prendere, ma mi trattengo.
Lascia andare il braccio e si avvia alla sua auto.
«Passa una bella serata.»

Dopo qualche minuto, sento ancora la pressione della sua mano.
Prendo il telefono.
Schiaccio il numero due.
Chiamata in corso...
«Non pensavo che succedesse qualcosa in così poco tempo!»
Rido.
«Volevo provare se funzionava. Direi che è tutto okay.»
Vedo due fari nella mia direzione.
«È qui. Ci sentiamo più tardi.»
Una volta entrata nella macchina, si percepisce un'aria strana. Come se non ci fossimo mai visti prima.
«Mi ha sorpreso il tuo messaggio.», dice imbarazzato.
«Lo avevo detto che mi sarei fatta sentire.»
Anche io sono imbarazzata.
«Non pensavo così presto. Anzi, pensavo di non sentirti più a dire la verità.»
In effetti, nemmeno io sapevo se lo avessi scritto più.
Per tutto il tempo non prova neanche a girarsi verso di me e guida in silenzio, in una direzione a me sconosciuta. Non ho il coraggio di chiedere.
Ci troviamo in un po' di traffico.
«Hai parlato di me a questo tuo amico?»
Si riferisce al mio audio.
«Ti sorprende? Tu non hai parlato di me ai tuoi amici?»
«Nessuno sa che sto con te adesso.»
Ma subito aggiunge.
«Al momento non mi sembra il caso, non per altro. Ma a me fa piacere che tu lo abbia fatto. Mi fa capire che un pochino sono nei tuoi pensieri.»
Forse sì, ma non gli do la soddisfazione di confermarlo e lo lascio nel dubbio.
Trova un posto dove lasciare la macchina e la spegne.
«Scendiamo a fare un giro?», chiede.
«Siamo qui per questo.»
Camminiamo fianco a fianco, vicini e tentando di non sfiorarci. Come se avessimo paura nel farlo.
Nessuno dei due parla. Nessuno prova a tirar fuori un argomento.
Io non mi sforzo neanche di cercarlo. Arriviamo in un punto un po' affollato e facendo lo slalom tra le persone, lui mi fa passare ponendomi una mano dietro la schiena. È impercettibile.
Anche in questo caso evita il contatto il più possibile.
Mi sto per scocciare quando incrociamo una persona di mia conoscenza.
Non sono solita a fermarmi a salutare e a chiacchierare con i miei vecchi compagni, ma non voglio sembrare scorbutica agli occhi di Francesco.
Tra tutti quelli che potevo beccare, mi capita la più rompipalle della classe.
«Clara, tesoro! Da parecchio non ti vedevo in giro! Che piacere!»
Jessica accorcia la distanza fra noi con un abbraccio soffocante. Ricambio inorridita.
Non c'è cosa più falsa del suo gesto.
Si discosta per baciarmi entrambe le guance, lasciandomi tracce di lucidalabbra appiccicaticcio.
«Che piacere, davvero!», fingo.
Poi si rivolge, a mia sorpresa, anche a lui.
«Francesco! Ci sei anche tu!»
Lo saluta nello stesso modo.
In un attimo collego tutto, capendo perché mi dava l'impressione di conoscerlo già.
«Ma non sapevo che stavate insieme!»
Ma che inopportuna!
Cerco qualcosa da dire ma interviene Francesco.
«Non siamo fidanzati. Lei è mia cugina.»
«Cugina? Ma come? Dicevi sempre che lui era insulso, un esaltato, troppo esuberante...»
Lui mi guarda scioccato con la bocca aperta.
«Abbiamo scoperto da poco di essere cugini. Di terzo grado.», dico stringendo i denti.
Vorrei tanto ammazzarle la scimmietta che ha al posto del cervello.
Faccio una faccia talmente infuriata che intuisce che sia arrivato il momento di salutarci e lasciarci andare. Ci incamminiamo.
«Perché Jessica ha detto tutte quelle cose?»
«Liceo. Tu quinto anno. Io secondo. Hai mandato lei per avere un approccio con me ed io ho rifiutato. In privato non mi sono risparmiata nel dire cosa pensassi di te.»
Il suo volto si illumina e finalmente è tutto chiaro anche a lui.
«Ma certo! Ecco dove ti avevo già vista. Mi ricordo perfettamente che anche allora cercavi di evitarmi nei corridoi e nel cortile della scuola. Ma che ti ho fatto?»
«Penso che tu mi stia imparando a conoscere. Non volevo essere coinvolta, specialmente con un ragazzo che era sulla bocca di mezza scuola.»
«Non esageriamo. Non ero così popolare.»
«"Uh, hai visto Francesco Toneatti? Mi ha guardata", "Ho sfiorato la spalla di Francesco", "Ma quanto è figo, Toneatti".», dico imitando le mie amiche.
Alzo gli occhi al cielo e scoppia a ridere.
«Ho il mio piccolo vanto.»
Finalmente ci siamo un po' sciolti e la serata passa in modo più tranquillo.
Devo dire che è molto interessante, non tanto da elettrizzarmi ma da incuriosirmi. E ammetto che è anche molto carino, ora che lo osservo meglio.
Quando mi riaccompagna a casa, ad un certo punto tenta di avvicinarsi.
Lo fermo con una mano al petto.
«Non corriamo. Fermiamoci così, al momento, d'accordo?»
Mi guarda frustrato ma poi fa un sorrisino, portando una mano nello stesso punto di Dario, accarezzandomi.
Non sento gli stessi brividi.
Mi auguro di sentirli presto.
«Buonanotte, cugina.»
«Notte, figo Toneatti.»
Gli do un veloce bacio sulla guancia e rientro a casa.
A letto sono indecisa su chi chiamare.
Arianna.
Dario.
Chiamo Arianna.



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