17- Paris, Quais de Seine (V arrondissement)

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La Shakespeare and Company era il luogo ideale per scrivere. Nonostante il continuo via vai di turisti che da anni affollavano la libreria, essa manteneva un aura di tranquillità e raccoglimento che non era facile trovare in una città caotica come Parigi.
Romy amava quel posto e molti dei suoi libri erano venuti alla luce in quella libreria, la proprietaria era abituata a vederla entrare, questo ancora prima che diventasse Romy Parker, tanto che non aveva mai smesso di salutarla usando il suo nome di battesimo, ovvero Estelle.
Anche perché Sylvia, la proprietaria, era una conoscenza di Romy e di sua madre da quando la donna non era ancora la diva che tutti conoscevano.
Era tuttavia impossibile che l'attrice non venisse interrotta ogni tanto da qualche fan, che, riconoscendola, le chiedeva un selfie o un autografo.
Romy non rifiutava mai, ben consapevole che, senza i suoi fan, non sarebbe la diva che era.

Alan aveva preferito lasciarla lavorare da sola, poiché sapeva che in certi momenti a sua moglie dava fastidio la presenza di chiunque le fosse famigliare, a parte la bambola del principe Reaghar Targaryen, il quale era un indicatore della presenza di Romy.
La donna stava cercando di trovare un equilibrio tra il suo personaggio pubblico e la persona che era in realtà.

Ma non era così semplice, anche perché per molto tempo era stata solamente Romy Parker dimenticandosi di essere anche Estelle Lamorlière, come spesso diceva Matias, fidanzato di Anastasija, che Romy ammirava per la sua schiettezza oltre che per la sua saggezza, che l'attrice aveva tante personalità quante erano i personaggi che aveva interpretato.
Romy doveva dargli ragione, era stata talmente tante persone che più di una volta aveva rischiato di perdersi.

Il rumore dei tasti della macchina da scrivere era uno dei molti rumori che riempivano la libreria.
Si sentiva il vociare dei turisti che parlavano diverse lingue, il suono del pianoforte proveniente dal piano superiore, lo sfarfallare delle pagine dei libri tra le dita di attenti lettori, qualcuno recitava a memoria la profezia del prescelto di Star Wars.

Questo fece alzare lo sguardo dell'attrice che si mise ad ascoltare con interesse.

Lei non aveva mai seguito la saga, ma sapeva che vi era una grande quantità di persone che seguivano quella travagliata storia, tanto da impararne alcune battute a memoria oppure si erano create vere e proprie scuole per imparare ad utilizzare la spada laser.

La lingua in cui la ragazza, perché di una ragazza si trattava era l'italiano, e Romy notò che era seduta su una poltroncina attorniata da altri ragazzi, le cui magliette variopinte facevano tutte riferimento ai film di Star Wars, ascoltavano attenti, pronti ad intervenire in caso la ragazza avesse sbagliato anche una sola parola.
L'attrice si fermò ad ascoltare oltre che ad osservare la giovane.

Era una ragazza sui ventitré anni, i capelli castani le arrivavano alle spalle, gli occhi verdi erano seri e attenti, la corporatura robusta della giovane era fasciata da comodi short bianchi che però ad una prima occhiata avrebbero tranquillamente essere scambiati per una gonna, una maglietta a maniche corte rosa chiaro con disegnata sopra Minnie, le davano un aria da adolescente, completavano il suo abbigliamento un paio di sneaker dello stesso colore della maglietta.

-Ha veramente una grande memoria, ha recitato un sacco di battute dei film di Star Wars senza sbagliare una parola. Questa è una sfida che quei ragazzi le hanno lanciato, ma stanno perdendo miseramente - ridacchiò Sylvia che aveva raggiunto Romy alla sua postazione.

-Come si chiama? - domandò l'attrice.

-Giulia, viene da un paese sul Lago Maggiore, è appassionata di libri, di Natalie Portman e della Ferrari. Lo so perché ho sentito che commentava una gara con un altro turista e da come difendeva a spada tratta Sebastian Vettel, ho capito quanto doveva essere attaccata alla maglia - Sorrise ancora la libraia.

Mi chiamavano Romy Parker //WATTY2019 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora