7 - Paris, Pigalle (IX arrondissement)

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L'esterno del teatro era decorato con molti elaborati fregi in marmo multicolore, colonne e statue ricche, molte delle quali ritraggono divinità della mitologia greca.

Mentre l'interno era costituito da intrecci di corridoi, vani, scale, nicchie e pianerottoli, tanto che era facile perdersi, persino per Romy che conosceva molto bene quel luogo, nonostante non ci tornasse da molti anni.

Non sapeva nemmeno lei perché stesse girovagando, senza meta in un teatro semivuoto.

Si ritrovò nel foyer, una stanza ricca di velluto rosso, foglia d'oro, e cherubini e ninfe, praticamente l'emblema della sontuosità barocca.
Era talmente sontuosa che Romy si sentí leggermente a disagio, nonostante fosse abituata al lusso.

Il suono di un pianoforte la distrasse dalla sua contemplazione.
La musica proveniva dalla sala principale, la donna si fermò dietro la porta a vetri per osservare da lontano i ballerini intenti a provare una coreografia che, sulle prime, Romy non seppe riconoscere.

Guardava con occhi avidi i corpi dei ballerini che si muovevano a ritmo, cercando disperatamente un'amica che non vedeva.

Eppure era certa che fosse lì poiché, quando si erano parlate al telefono qualche mese prima le aveva detto che ballava per quella compagnia.

Stufa di stare lì a tergiversare decise di spingere la porta ed entrare.

Si tolse gli occhiali da sole, cercando di fare meno rumore possibile e si sedette in uno degli ultimi posti della platea, in modo da non essere vista e riconosciuta.

Non era la prima volta che attuava quella sottospecie di piano, sapeva essere molto discreta quando voleva.

Non vedeva Gabrielle, da nessuna parte, forse non ballava più.

Ma le sembrava strano, dato che la sua amica non avrebbe mai lasciato il mondo del balletto.

La musica la portava indietro di quasi vent'anni, quando ancora la sua carriera non era cominciata.

Aveva quattordici anni.

Gabrielle era la figlia di René, la donna che per Romy era stata come una seconda madre.

Ricordava, come fosse stato il giorno prima, le lunghe chiacchierate con Gabrielle e sua madre, sul grande tavolo della cucina con davanti una tazza di cioccolata calda fumante.

René la lasciava respirare, a differenza di Monique.

La sua madre naturale era sempre stata una donna molto protettiva, quasi asfissiante, forse perché era rimasta scottata dalla relazione con il padre di Romy, il quale aveva abbandonato Monique, dopo la scoperta della gravidanza.

Forse per questo la donna si era presa cura di lei in modo quasi ossessivo, confinandola in una eterna adolescenza.

Romy ricordava bene tutte le volte che sua madre la chiamava "la mia bambina" anche quando bambina non era più.

Monique aveva spinto la figlia ad intraprendere la carriera di ballerina, anche se Romy non voleva.

Ma aveva comunque assecondato il volere della madre, forse perché non voleva litigare con lei.

Ricordava le unghie che laceravano la pelle della schiena, il dolore che ne derivava era un chiaro messaggio del suo disagio.

Monique voleva avere l'ultima parola su tutto, anche sul taglio dei capelli.

Molte volte, aveva tentato di scappare di casa, ma alla fine non ci era mai riuscita.

Si era fatta male talmente tante volte che ne aveva perso il conto.

Mi chiamavano Romy Parker //WATTY2019 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora