E lo condusse nella sala del trono, dove Afrodite in quel momento stava riposando dopo un'altra battuta di caccia a Stiles.
Quando la Dea vide entrare il ragazzo che stava cercando, ritenne che fosse la cosa più seccante in assoluto, come quando passi tutta la mattina a cercare gli occhiali e poi ti accorgi che ce li hai in testa.
«TU!» Afrodite si lanciò contro Stiles e cominciò a prenderlo a calci, a tirargli i capelli e a graffiarlo a sangue.
Probabilmente l'avrebbe ucciso ma, una volta accortasi che il ragazzo era incinto, non riuscì a farlo.
Stiles non si difese: si appallottolò e attese che la rabbia di Afrodite sbollisse.
La Dea si fermò per controllarsi le unghie, perché in effetti, graffiare a sangue un mortale può rovinarti la manicure, e Stiles parlò.
«Mia esimia suocera, sono venuta ad affrontare la punizione che merito per non essermi fidato di mio marito. Qualunque cosa riterrete appropriata. Farò di tutto per provarvi che lo amo e per ottenere il suo perdono»
«Perdono?!» gridò Afrodite.
«Io non riconosco il vostro matrimonio. E decisamente non ti riconosco come genero! Ma posso senz'altro organizzare una punizione. Guardie! Portate questo ragazzo mortale nelle segrete! Ho delle segrete, vero? Frustatelo, torturatelo e riportatelo qui.
Allora vedremo come mi sentirò riguardo al perdono» continuò a urlare infuriata.
Le guardie fecero come era stato loro ordinato. Fu decisamente orrendo. Non uccisero Stiles, ma quando lo riportarono di sopra era così tumefatto che era difficile persino riconoscerlo. Sì, Afrodite era una padrona di casa fatta così: molto ospitale.
«Ebbene, ragazzo, vuoi ancora dimostrare qualcosa?» lo schernì lei.
Con uno sforzo incredibile, Stiles si rimise in piedi.
«Sì, mia suocera. Tutto quello che volete» rispose cercando di non svenire.
Afrodite non poté fare a meno di sentirsi colpita. Così decise di imporre a Stiles una serie di imprese impossibili, così avrebbe fallito e sarebbe morto, ma almeno nessuno avrebbe potuto dire che lei non gli aveva dato una possibilità (tranne me, ve lo dico qui e ora: Afrodite non gli diede alcuna possibilità).
«Ti metterò alla prova, per vedere se meriti il mio perdono e l'amore di mio figlio» annunciò.
«Sei così brutto che l'unico modo per essere un buon marito è riuscire a essere un bravo casalingo. Vediamo come sai organizzare una dispensa» continuò con un sorriso malvagio stampato sul volto.La Dea trascinò Stiles nella sua divina cucina e ordinò alle ancelle di rovesciare sul pavimento tutti i sacchi di granaglie che c'erano in magazzino: orzo, frumento, avena, riso, quinoa e altri cereali. Ben presto nel locale turbinava una tormenta di semi.
«Separa questi semi» ordinò.
«Devi aver rimesso ciascun tipo nel proprio sacco prima di cena. Se fallisci, ti uccido. Oppure, ammetti la tua disfatta e io sarò clemente: mi limiterò a mandarti in esilio. Non vedrai MAI PIÙ mio figlio, ma almeno avrai ancora la tua miserabile vita» gli disse.
«Accetto la sfida, mia signora» disse Stiles anche se, guardando
la montagna di semi, non aveva idea di come ci sarebbe riuscito.
Afrodite se ne andò stizzita a farsi sistemare la manicure.
Stiles cominciò la cernita. Aveva iniziato solo da pochi minuti, quinoa, orzo, gattini di polvere, avena, quinoa, orzo, gattini, quando sul banco di cucina una formica zampettò verso di lei.
«Ehilà... come ti va?» lo salutò con un sorriso.
«Sai parlare?» Stiles la guardò.
«Sì. Mi ha mandato Demetra. Hai bisogno di aiuto?» chiese.
Stiles non capiva come una formica avrebbe potuto aiutarla, ma comunque disse:
«Certo che sì. Grazie» seppur un piccolo aiuto era meglio di niente.
«Okay. Ma se qualcuno dovesse chiedere, noi non siamo mai state qui» lo mise in guarda la formica.
Poi tirò fuori un fischietto.
«Bene, ragazze, via con il tempo!»
Milioni di formiche sciamarono dal battiscopa e si misero al lavoro, separando i vari semi nei rispettivi sacchi.
In meno di un'ora tutta la cucina era pulita e in ordine, e la dispensa di nuovo piena. Le formiche avevano persino riempito un nuovo sacco etichettandolo ordinatamente come: "Gattini di polvere e altri reperti".
«Grazie infinite!» esclamò Stiles quasi scoppiando a piangere.
«Ssh...» replicò la formica.
«Tu non ci hai mai visto»
«Mai visto chi?» chiese allora Stiles.
«Bravo ragazzo» si congratulò la formica. Poi l'intera colonia strisciò di nuovo sotto il battiscopa e scomparve.
Quando Afrodite tornò, rimase di stucco. Poi si arrabbiò.
«Non sono stupida, ragazzo. È ovvio che non hai fatto da solo. Ti ha aiutato qualche Dea, eh? Qui c'è qualcuno che mi vuole far fare brutta figura! Chi è stato?» squittì lei.
«Ehm...»
«Non importa!» gridò Afrodite.
«Hai imbrogliato, e quindi non è stata una prova equa. Ti sei guadagnata una notte di riposo sul pavimento della cucina e una crosta di pane per cena. Domattina ti troveremo un altro compito, ancora più duro!» e continuando ad urlare andò via.
Stiles passò la notte sul pavimento. Era ben lungi dall'immaginare che proprio nello stesso palazzo, a sole poche camere di distanza, Derek agonizzava per la spalla ferita e cuore ferito. Afrodite non gli aveva riferito della visita di Stiles, ma lui percepiva la presenza del marito, e la cosa rendeva il suo dolore ancora più insopportabile.
La mattina seguente, dopo un'altra nutriente crosta di pane per colazione, Stiles si vide assegnare una seconda impresa.
«Ho bisogno di lana» annunciò Afrodite.
«Ogni brava moglie dev'essere capace di cucire e rammendare, e questo richiede del buon materiale. Al confine occidentale di questa valle, vicino al fiume, troverai un gregge di pecore. Portami un po' della loro lana. Ritorna prima che
scenda la sera o ti ucciderò. A meno che tu non voglia rinunciare ora, nel qual caso...»
«Lo so, conosco la procedura» tagliò corto Stiles.
Non aveva nemmeno ribattuto sul fatto che l'avesse chiamato "moglie" e "brava casalinga". Sapeva che era solo una provocazione.
Inoltre gli facevano male le ossa e aveva lo sguardo appannato dalla fame, ma si inchinò alla Dea.
«Avrete la vostra lana»
Riguardo a quelle pecore, Afrodite si era dimenticata di citare alcuni dettagli (probabilmente le era solo sfuggito di mente). Per esempio che la loro lana era oro puro.
E che avevano corna aguzze, denti aguzzi, morsi velenosi e zoccoli d'acciaio mortali come teste d'ariete.
Stiles rimase per un momento ferma nel sole del mattino, osservando a distanza le pecore che uccidevano e divoravano ogni animale che osava avvicinarsi: ricci, conigli, cervi, cuccioli di elefante.
Il pascolo era piacevolmente costellato di ossa e teschi Umani. Stiles si rese conto che sarebbe stato impossibile anche solo avvicinare il gregge.
«Bene...» Guardò verso il fiume.
«Chissà se quest'acqua è profonda abbastanza per annegarci dentro» disse.
«Oh, non farlo» lo fermò una voce. Sembrava venire da dietro un ciuffo di canne sul bordo del fiume.
«Chi sei?» chiese Stiles.
«Vieni fuori da quelle canne!»
«Non posso» dissero le canne.
«Io sono le canne»
«Oh... Stai per farmi una ramanzina sul suicidio per annegamento?» chiese allora.
«Annegarsi non è mai la soluzione» dissero le canne.
«Piuttosto, ti darò dei suggerimenti su come si ottiene la lana, perché Era mi ha chiesto di aiutarti» spiegò.
Stiles si rilassò. Parlare con un ciuffo di canne a proposito di tosatura della lana era l'ultima delle cose insolite che gli erano capitate di recente.
«Grazie. Dimmi pure»
«Come puoi ben immaginare, se ti avvicini ora quelle pecore ti faranno a pezzi. Ma più tardi, a pomeriggio inoltrato, quando arriverà un bel tepore, saranno assonnate e molto più lente. Si raduneranno all'ombra di quei
grossi platani laggiù a sinistra. Li vedi?» disse cercando di piegarsi nella direzione voluta.
«Quegli alberi che non sembrano affatto dei platani?» chiese Stiles.
«Proprio quelli. Quando succederà, striscia dietro quei cespugli spinosi dall'altra parte del prato. Li vedi?»
«Quelli di cui non riesco a scorgere le spine perché sono troppo lontani?» fece retorico Stiles.
«Sei uno che capisce al volo. Scuoti quegli arbusti spinosi, e i tuoi problemi saranno risolti» conclusero le canne.
«Non è per mancarvi di rispetto, o Sagge Erbe di Palude, ma come può essere che scuotendo dei cespugli di rovi i miei problemi si risolveranno?» domandò Stiles ma le canne non risposero. Erano tornate a essere normalissime piante non dispensatrici di consigli.
Stiles decise che avrebbe dovuto tentare. Se Era stava cercando di aiutarlo, sarebbe stato scortese non farlo.
Aspettò fino al pomeriggio. E, come volevasi dimostrare, le dorate pecore assassine si raccolsero per fare una pennichella all'ombra dei platani.
Stiles strisciò dall'altra parte del prato. Scrollò il rovo più vicino, e piccoli fiocchi di lana d'oro caddero dai rami: le pecore dovevano aver utilizzato i rami spinosi per grattarsi la schiena.
Stiles continuò il più silenziosamente possibile, scrollando lana d'oro dai cespugli, finché non ebbe raccolto tutta quella che sarebbe stato in grado portare. Poi si affrettò verso il palazzo di Afrodite.
Quando vi arrivò, la Dea dell'amore stava consumando la propria cena abituale: tre gambi di sedano e un frullato proteico gusto cappuccino (il che potrebbe spiegare perché era sempre di pessimo umore). Guardò la lana d'oro e non seppe se sentirsi offesa o riverente.
Decise di fare quella fredda e indifferente, che era il suo atteggiamento abituale quando aveva a che fare con persone che non la facevano vincere facilmente.
«Non è poi così tanta» disse senza guardarlo negli occhi.
«Inoltre non riesco a credere che tu sia così furbo da aver scoperto come raccoglierla senza l'aiuto da parte di qualche Dio. Questa volta chi è stato?» domandò un po' stizzita.
«Ecco, c'era questo ciuffo di canne...» provò a dire Stiles, gesticolando un po' troppo. Non era proprio capace di dire bugie.
«Non importa!» lo interruppe Afrodite malamente.
«Sei una creatura spregevole. Anche solo parlarti mi fa venire voglia di fare una doccia» disse con un gesto della mano.
Sempre molto affettuosa lei.
Poi afferrò una brocca e la svuotò del contenuto.
«Una buona moglie dovrebbe essere capace di fornire acqua fresca per le necessità igieniche della casa.
Ecco il tuo terzo compito. Un chilometro a nord da qui c'è un'alta montagna, con una cascata che precipita lungo il fianco della falesia. Sulla sua cima c'è una sorgente sacra, una delle fonti che alimentano il fiume Stige,
che poi si butta nel mondo degli Inferi» spiegò la Dea con un scintilla malvagia negli occhi.
«Riempi questa brocca da quella sorgente. Non dalla base della cascata!
Se imbrogli, lo scoprirò. E riporta l'acqua finché è ancora ghiacciata. Altrimenti...» continuò Afrodite e fu in quel momento che Stiles capì che sta volta non avrebbe avuto alcuna speranza di superare la prova.
«Mi ucciderete» finì debolmente Stiles per lei.
«E no, non rinuncerò. Amo ancora vostro figlio. Farò qualsiasi cosa per guadagnarmi il suo perdono. Tornerò con la vostra acqua dello Stige» disse però, con tutta la grinta e la speranza che aveva nel cuore.Né l'uno né l'altra immaginavano che Derek stava origliando. Dalla sua stanza in fondo al corridoio aveva sentito delle voci nella sala da pranzo. In qualche modo sapeva che una di loro apparteneva a Stiles. Nonostante il lancinante dolore alla spalla si era trascinato fuori dal letto, zoppicando lungo il corridoio, e ora sbirciava da dietro la porta per vedere cosa stava succedendo.
La vista di Stiles gli risollevò immediatamente il morale. Gli sembrò che persino la ferita alla spalla andasse meglio. La cosa lo seccò un po', ma non poteva evitarlo. Lo amava ancora.
Quando sentì sua madre assegnare
a Stiles l'impresa della cascata, si sentì malissimo.
Era un compito impossibile!
Afrodite riusciva a essere peggio di... be', tutte quelle cose a cui un figlio non può paragonare la madre.
E fu anche molto impressionato dalla determinazione di Stiles a riconquistare il suo amore.
Avrebbe voluto far irruzione in sala da pranzo e pretendere che sua madre la smettesse con quella stupida faccenda della massaia perfetta, ma non poteva perché:
l) era ancora così debole che
sarebbe caduto a faccia in giù e sarebbe svenuto;
2) aveva un aspetto orrendo e non voleva che Stiles lo vedesse così.
Anche se Stiles era messo almeno dieci volte peggio, ma Derek non la
pensava così.Incredibile quello che riesce a fare l'amore.
Derek si trascinò di nuovo nella propria stanza, andò alla finestra:
«Zeus, mio Signore, ascolta! Nel corso degli anni ti ho fatto più di un favore. Ora ho bisogno che tu ne faccia uno a me» gridò verso il cielo con quanta forza gli rimaneva.Nel frattempo, Stiles era riuscito ad arrivare ai piedi della montagna. Guardò in su verso le lisce pareti a strapiombo ed ebbe la conferma di quello che aveva pensato prima.
La sua adorata suocera gli aveva una volta ancora affidato un compito che nessun mortale avrebbe potuto portare a termine. Urrà!
Dalla cima del dirupo, circa un chilometro più su, si abbatteva una cortina d'acqua che ruggiva con voce quasi umana:
«TORNA INDIETRO! NON PENSARCI NEPPURE! QUEST'ACQUA È COSÌ GELIDA CHE NON TI PUOI NEMMENO IMMAGINARE!!!»Afrodite non aveva mentito: quel posto era una delle sorgenti terrestri del fiume Stige, e questo la rendeva... mortale per ogni mortale. Anche solo la vicinanza a quella cascata colmava Stiles di disperazione.
Forse sarebbe riuscito a riempire la brocca alla base... ma raggiungere la cima? Neanche a parlarne.
Afrodite aveva preteso che l'acqua venisse prelevata dalla cima, e a imbrogliare Stiles non ci pensò nemmeno.
Non perché avrebbe potuto essere scoperto, ma perché non era nella sua natura.
Mentre era lì impietrito a guardare la cascata, dal cielo scese volteggiando un enorme uccello.
Stiles vide che si trattava di un'aquila d'oro: l'animale sacro a Zeus.
L'aquila atterrò su una roccia poco distante.
«Ehilà... come butta?» la salutò.
«Ehi, ciao» ricambiò Stiles.
«Ti manda Zeus? Mi sembra di non aver mai rassettato nessuno dei suoi templi, ultimamente» scherzò Stiles per tirarsi su di morale almeno un poco.«Rilassati. Hai un amico potente che ha chiesto un favore al grande capo» disse l'aquila.
«Ammiro la tua forza ma, a meno che tu non abbia le ali, non riuscirai mai a prendere da solo quell'acqua. Da' qui quella brocca» fece poi l'aquila con fare furbo.
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Amore e Psiche ~ Sterek
RomanceChi non ama "Amore e Psiche" di Canova? Eros che stringe fra le braccia la sua amata Psiche per portarla via con sé, i loro sguardi persi gli uni negli altri... Ed è forse con la stessa intensità che Derek ama Stiles... forse anche di più. Decisam...