capitolo 8

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Michela

Camminavo in totale silenzio, assorta nei miei pensieri più cupi mentre il mio sguardo vagava alla ricerca del minimo segnale di pericolo. Non sapevo se "mio zio" fosse ancora lì o si fosse trasferito un'altra città. Sherlock lo stava cercando a mesi, ma ogni volta che sembrava averlo trovato riusciva a sfuggire e ripartivamo da capo. A distrarmi dai miei pensieri contorti furono dei singhiozzi provenienti da un vicolo buio poco lontano da noi. C'era qualcuno che stava piangendo e non avevo intenzione di non fare niente, così mi bloccai in mezzo al marciapiede attirando l'attenzione degli altri e invitandoli ad ascoltare. Loro compresero subito a cosa mi riferissi e velocemente verso l'origine di quel rumore, quello che vidi mi spezzò il cuore. Davanti a noi c'era una ragazza poco più piccola di me, rannicchiata su se stessa mentre piangeva disperata. Meredith le si avvicinò lentamente, per evitare di spaventarla, infatti appena la ragazza si accorse di lei iniziò a tremare come una foglia.

<< No- Non fatemi ma- male vi prego, non ho fatto niente. >> disse in preda al terrore come non avevo mai visto nessuno.

<< Piccola tranquilla non ti vogliamo fare niente- cercò di tranquillizzarla Meredith – abbiamo visto che piangevi molto e volevamo sapere cosa ti fosse successo. >> la ragazza sembrò convincersi e con un sospiro iniziò a raccontare.

<< Stavo andando all'acqua park con i miei amici quando, dopo essermi distratta per un attimo, non li ho più visti. Non conosco questa città e non ho niente per contattarli, non so neanche dove si trovi questo posto. >> disse per poi ritornare a piangere più di prima. Guardai gli altri per capire cosa avessimo dovuto fare, anche se la soluzione era chiara a tutti. L'idea di mettere di nuovo piede nel posto che aveva assistito ai momenti più belli della mia vita mi angosciava, ancora di più mi terrorizzava l'idea di poter incotrare la mia famiglia. Non sapevo se ci fossero ancor andati dopo la mia "morte" e sapevo che se fosse successo avrebbe mandato all'aria tutti i sei mesi precedenti.

<< Non preoccuparti, ti accompagnamo noi, tanto stiamo andando anche noi là e se i tuoi amici ti stanno cercando li incontreremo per strada. >> disse Martha con la positività che l'aveva sempre distinta. La invidiai per la sua capacità di tirare su il morale alle persone solo con il suo modo di essere. Infatti la ragazzina dopo poco smise di piangere e le sorrise felice, così ebbi la possibilità di osservarla bene. Aveva i tratti da bambina, ma nel suo sguardo vi era tutta la diffidenza di una persona che aveva visto molto per la sua età. Le era stata strappata l'innocenza, trasfomandola in una donna prima del tempo. Se ci fossimo incontrate in un'altra situazione, ad esempio tra i banchi di scuola ero sicura che saremmo potute diventare grandi amiche. Pultroppo il destino non ce l'aveva permesso, dovendo limitarci ad essere due sconosciute; aiutante e aiutata. Riprendemmo a camminare e continuai con il mio silenzio selettivo, sapendo di dover pensare a molte cose che non potevano essere rese pubbliche.

<< Come ti chiami? >> mi chiese la ragazzina e solo in quel momento mi accorsi che mi stava fissandocon accesa curiosità. Dalla sua fronte corrucciata compresi che qualcosa nei suoi pensieri non le tornava, cosa che faceva sembrare la risposta alla sua domanda essenziale.

<< Michela e tu? >> le chiesi cercando di non dare molto peso alla sua espressione e cercando di fare un po' di conversazione. Lei, all'udire il mio nome, sgranò gli occhi e mi trattenne per la manica della maglia mettendo un po' di distanza dagli altri. La guardai interrogativa e lei per tutta risposta avvicino le sue labbra al mio orecchio destro.

<< Sei la sorella gemella di Alan, figlia di Mark e Marika, ho ragione? >> mi chiese in un sussuro facendo in modo che potessi sentirla solo io. Quando sentii i nomi dei miei genitori e quello di mio fratello, dovetti trannermi dall'urlare per la sorpresa. Cercai di mantenere un certo contegno per non mostrare il mio turbamento, ma lei se ne accorse lo stesso.

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