come Romeo e Giulietta

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Jo

Era passata qualche settimana da quando Eleonore era andata via, non capivo quell'assenza, forse aveva paura delle conseguenze che le sue azioni avrebbero potuto avere sulla sua famiglia, i nazisti non sono famosi per la loro clemenza, anzi.

Stavo parlando con Ingrid, mi stava aiutando a gestire la tristezza «so che sei delusa, ma devi concentrarti! Abbiamo un lavoro da fare!» disse lei, dandomi una carezza sulla guancia, era strano sentirsi in quel modo, così sola... così persa.

Non credevo che una come me, conoscesse l'amore, non l'avevo mai provato ne avevo solo sentito parlare, mi piaceva leggere Shakespeare, immergermi nella storia di Romeo e Giulietta, due ragazzi che nonostante l'astio che c'era tra le loro famiglie... si amavano, follemente, a discapito di quello che avrebbe dovuto dividerli «Jo? Ci sei?» disse Ingrid, destandomi dai miei pensieri, la guardai confusa «il Robby Gruppe ha bisogno di supporto e tu hai bisogno di distrarti» disse «sì, signora!» replicai, imitando una sorta di saluto militare.

Mi allontanai e decisi di nascondermi nella biblioteca, raccolsi il libro che aveva raccolto Eleonore l'ultima volta e, appoggiata con le spalle alla libreria, scivolai sul pavimento ed iniziai a leggere, soffermandomi sulle prime strofe di ogni sonetto, ad un certo punto sentì qualcuno suonare Chopin al piano, ma non andai a controllare perché ero convinta fosse la mia mente, che in modo subdolo cercava di fare pressione sulla mia debolezza, ma dovevo ammettere che quelle dolci note erano un buon accompagnamento alla lettura.

Ma quel qualcuno bussò all'anta ‹sapevo ti avrei trovata qui...› disse, io alzai lo sguardo, incredula ‹sei davvero qui o ti sto immaginando, Eleonore?› le chiesi, chiudendo il libro di scatto ‹scusa se ci ho impiegato così tanto, ma... ho dovuto convincere i miei genitori ad andare via... a scappare lontano› disse, cogliendomi di sorpresa ‹e come li hai convinti?› le domandai incuriosita ‹non credevo neanche io che ci sarei riuscita, in realtà› rispose, infine si sedette al mio fianco ‹per tutto questo tempo, ho letto tutte le lettere che mi hai inviato... scusa se... ecco... ti ho fatto aspettare così tanto› appoggiò la testa sulla mia spalla ‹non hai risposto alla mia domanda: sei vera o ti sto immaginando?› ripetei, lei semplicemente inclinò la testa, mi accarezzò la guancia con il pollice, delicatamente, poggiò le sue labbra sulle mie, imprimendo un bacio candido, delicato... ma che esprimeva tutta la mancanza ‹mi sei mancata come alla notte mancano le stelle, di giorno› sussurrò, per poi riprendere il bacio, ma... in quell'istante, Ingrid piombò nella biblioteca, facendoci dividere.
Io mi alzai di scatto dal pavimento e mi aggiustai i vestiti. Eleonore la guardò dispiaciuta ‹Jocabel... ti avevo dato un ordine› disse, indicandomi l'uscita con il pollice, non dissi nulla ed uscì, lasciandole per la prima volta a parlare da sole. Ebbi quasi paura di quello che sarebbe potuto succedere, così decisi di restare fuori, e origliare quello che si sarebbero dette.

Eleonore

Jo lasciò la biblioteca, io ed Ingrid ci ritrovammo faccia a faccia, non avevo mai capito il motivo per cui non le andassi a genio, ma... l'unica cosa che mi interessava davvero era Jo e la resistenza, il resto erano solo chiacchiere inutili.

Con mia grande sorpresa, vidi la donna sorridere e spalancò le braccia, invitandomi ad abbracciarla ‹bentornata tra noi...› disse, io la strinsi e al mio naso arrivò un dolce odore di bergamotto ‹ma spezza il cuore a Jo e dovrai vedertela con me, prima di poter rimettere in questo posto!› mi avvisò guardandomi dritta negli occhi, io sorrisi, immaginavo che dietro quella maschera burbera ci fosse una donna con un cuore profondo ‹dovessi farle del male, preferirei morire› risposi, fermamente ‹d'accordo, comunque, quando ti sei presentata hai detto di aver studiato economia, giusto?› mi domandò, io annuì ‹immagino che il mio ruolo sia quello di gestire le entrate economiche?› replicai, la donna annuì ‹esatto, il tesoriere in un movimento della resistenza è importante almeno quanto quello che lo governa› disse, rimproverandomi quasi, io annuì comprendendo il mio errore ‹sì, signora, ho capito... mi metterò subito all'opera, immagino abbiate bisogno di una mano› dissi, Ingrid storse il naso di fronte alla mia scelta del "voi" ‹io direi, "abbiamo" ora fai parte della famiglia, Eleonore Schultz!› replicò, facendomi l'occhiolino.

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