Quando mi resi conto di essere in grado di camminare veloce, decisi di raggiungere i miei genitori in Inghilterra, fino alla fine della Guerra così come mi aveva consigliato di fare mio fratello Lutz, ma non senza pensare. Avevo deciso di portare con me la piccola Louise, aiutarla a trovare una nuova vita, una nuova opportunità.
Dopo qualche giorno passati ad attraversare boschi, cercando di evitare le pattuglie naziste stanziate in Polonia, vidi in lontananza del filo spinato, questo perché i miei occhi non avevano visto fin troppo, si sentivano urla, e la mia mente non riuscì a sopportare ulteriore sofferenza.
Mi piegai dal dolore coprendomi le orecchie, iniziai a piangere e non riuscivo a respirare, mi sentivo in uno di quei forni, sentivo il corpo bruciare «ti prego, fallo smettere» piagnucolai, Louise si precipitò ad aiutarmi «Eleonore…» mi chiamò per nome, ma fu come se non riconoscessi il suono di quella parola, il suo significato, la spinsi via, iniziai a dare di matto, ma in silenzio… non potevo attirare l’attenzione. La ragazzina cercò di trascinarmi via, ma in quel momento fu come una visione, mi sembrò di rivedere Jo dall’altro lato, avrei riconosciuto il suo volto in mezzo a quello degli altri, questo perché lei era l’unica persona di cui avessi mantenuta intatta la memoria «Jocabel…» sussurrai, correndo poi in direzione del filo spinato, ma Louise mi bloccò «che diavolo fai?» mi chiese, mi diede un ceffone «andiamo via… dai!» mi esortò a continuare a camminare, ad andare oltre, fare finta di niente.
Alla fine, mi calmai e la seguì, in silenzio. Attraversammo i boschi polacchi seguendo il sentiero, dovevamo arrivare in Belgio e da lì, imbarcarci su una nave diretta in Inghilterra, la strada era un po’ lunga e complicata, ma cosa avevamo da perdere?
Cercavamo riparo ovunque potesse essere comodo dormire, non potevamo camminare ininterrottamente «Louise… ti chiedo scusa per quello che hai dovuto vedere» dissi, mentre oltrepassavano dei roveri, la ragazzina non rispose «chi è Jocabel?» mi chiese «un angelo, una persona che ho amato» risposi «e… che le è successo?» la sua curiosità non mi stancava, anzi, era bello parlare di Jo, mi aiutava a sentirne meno la mancanza «non lo so… l’unica cosa che so è che l’hanno arrestata qualche mese prima di me» risposi «e lei ti amava?» io annuì «sì» risposi. Louise mi strinse forte la mano «lascia che io sia la tua cura contro il dolore, esattamente come lo sei stata tu per me» disse, le sorrisi «d’accordo, ora mettiamoci al riparo e dormiamo, ti va?» domandai, piantando lo zaino sul terreno «ho qualche problema a dormire la notte, ma… va bene» rispose «neanche io ci riesco piccolina, ma dobbiamo riposare» replicai, Louise annuì e si appoggiò a me, la notte in quei boschi faceva un freddo assurdo «come mai sei stata arrestata?» mi chiese ad un certo punto «facevo parte di un movimento di resistenza, ormai non esiste più, la maggior parte sono morti o come me» risposi «quando sono stata arrestata, eravamo riusciti a mettere in atto un piano per uccidere Hitler, ma… è fallito e hanno trovato il nostro bunker» aggiunsi «e tu, invece?» le chiesi, mi resi conto di non sapere nulla di lei «sono ebrea! Ci siamo rifugiati per qualche mese in Austria, ma… un nostro vicino di casa ci ha venduti alla Gestapo» rispose «sono entrata con mia madre e il mio fratellino minore… ma non li ho più visti» aggiunse, le accarezzai il braccio e le diedi un bacio sulla tempia, non dissi nulla… non avrei saputo che altro dire, sentivo solo il bisogno di dover diventare per quella ragazzina una madre ed una sorella, aveva perso tutta la famiglia e dovevo fare qualcosa.
Iniziai a canticchiare una ninna nanna ebraica, me l’aveva insegnata Jocabel poco prima di essere arrestata
“Numi, numi yaldati,
Numi, numi, nim.
Numi, numi k’tanati,
Numi, numi, nim.”
Louise iniziò ad accarezzarmi il ginocchio con le dita e cantava insieme a me «come conosci questa canzone?» mi chiese «Jo era ebrea» risposi, la ragazzina rise «Jo? Chi è Jo?» domandò confusa «Jocabel, era il diminutivo con cui ero solita chiamarla» Louise rise di nuovo, e riuscì a contagiarmi «me la canti di nuovo, per piacere?» domandò dolcemente «certo, se può aiutarti a riposare» replicai «buonanotte» sussurrò lei.
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La Musica Della Libertà
Ficción históricaBerlino, 1950. Dal grosso salone di casa propria, una giovane donna osserva il presente, sorseggiando un calice di liquore, abbastanza pesante per mandare giù i vecchi ricordi. La musica riecheggia tra le stanze come metafora di un tempo che è fin...