Che guerra sia!

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Agosto 1943

Nessuno di noi si aspettava una guerra così rapida, violenta, ogni giorno sentivamo gli aerei sulle nostre teste, il sottosuolo tremava al passaggio dei carri armati, l'invasione della Polonia è costata la discesa all'inferno di tutti: nazisti, ribelli, civili. Ma soprattutto, l'intelligence ci aveva avvertiti di qualcosa di altrettanto inquietante.

Chi non rispettava le regole del Terzo Reich, chi non era considerato ariano, giusto, veniva arrestato e deportato in posti oscuri, da brividi, dove non si respira, dove la morte è l'epilogo giusto.

Per alcuni di noi è stata una liberazione, un lieto fine. Ma non tutti la pensavano in quel modo. Ricordo il fumo incessante che fuoriusciva dalle ciminiere, la puzza di bruciato, i cadaveri, bianchi ammassati l'uno sull'altro in attesa di essere cremati... in modo che nessuno potesse ricordarsi di chi fossi.

Ti toglievano il nome, i capelli, la vitalità. Una donna veniva umiliata, privata delle mestruazioni, del ventre, della propria identità, se ti avessero considerato troppo debole per lavorare di inviavano nelle camere a gas, per essere eliminato subito (o se fortunata eri scelta per esperimenti medici parascientifici), ma questo è un altro discorso che cercherò di affrontare più in avanti.

La musica si interruppe, inevitabilmente ci ritrovammo ad affrontare l'argomento, decidendo di scegliere le modalità con cui provare a combattere, fare la nostra parte in quel conflitto, ma nessuno riusciva a fornire una giusta risposta a quell'enorme domanda "come fermare tutto questo?" ce lo chiedevamo un po' tutti, ma niente poteva farsi sentire pronti ad affrontare l'enorme sfida che ci veniva posta davanti. Ma sapevamo per certo che non potevamo agire da soli, dovevamo collaborare con tutte le organizzazioni clandestine attive nel territorio del Reich ‹dobbiamo cercare alleati, abbiamo un attentato da programmare› dissi, risorgendo dal mio torpore, il generale mi guardò confuso ma consapevole del fatto che avevo ragione ‹attentare alla vita del Fuhrer come credi combaci con la tua strategia di restare nell'ombra?› domandò Ingrid ‹la strategia era valida in periodo di "pace" ora siamo in guerra, quindi la situazione è cambiata!› risposi, Jo annuì e così fecero gli altri ‹e sentiamo, chi vorresti arruolare per questa tua pazzia?› tornò a chiedere ‹Polacchi, tedeschi, italiani, russi... chiunque sia disposto a collaborare con la resistenza. Siamo in guerra, ora è chiaro a tutti!› risposi, la donna quasi fu entusiasta dell'atteggiamento che stavo mostrando ‹non credevo avessi tutta questa grinta, magari cacciala più spesso!› ironizzò ‹prima dormivo, ora sono ben sveglia.› risposi.

Mi sentivo come se fossi una persona diversa, non avevo mai covato tanto odio nel mio cuore, questo desiderio di uccidere, ma... a quanto pare, la guerra cambia tutti, trasformando chiunque in un assassino, alla fine non eravamo tanto differenti da loro.

La storia mi avrebbe costretta a chinare la testa e girarmi dall'altra parte mentre il mondo cadeva in rovina, ma io non mi sarei mai inchinata al nero, e avrei lottato con le unghie e con i denti, affinché quella coltre buia levasse le sue sporche mani dalle nostre città.

Io ero sdraiata sulla brandina con la nuca appoggiata sui palmi delle mani, guardavo il soffitto completamente pieno di crepe e ogni tanto mi capitava di pensare "quanto tempo passerà prima che ci caschi tutto addosso?", non riuscivo a chiudere occhio terrorizzata da quello che stavo vivendo, era un mondo nuovo, catastrofico, spaventoso... capace di estirpare ogni gangli vitale addirittura dal nucleo della Terra. Jo, invece, parlava con Ingrid, non so di cosa e non volevo intromettermi (e non perché non m'importasse), la mia schiena iniziò ad intorpidirsi così mi girai di lato e il mio sguardo si posò "casualmente" sul suo fondoschiena, sorrisi e mi morsi il labbro, ad un certo punto si voltò e rise, interruppe la conversazione e venne dritta da me, mi girai nuovamente di schiena e cercai di fare finta di niente «so cosa stavi facendo...» mi prese in giro «ah, sì?» domandai «stavi origliando!» disse, io scossi la testa «assolutamente no, capo» risposi «stavo guardando te, quello che vi stavate dicendo non mi interessa» aggiunsi, Jo si sedette su di me, io le poggiai la mano sulla coscia «cosa stavi guardando di preciso?» Mi guardò con un sorrisetto «avvicinati e te lo dico» risposi, facendole segno di abbassarsi, lo fece ed iniziò a baciarmi lo sterno lasciato scoperto dalla scollatura della camicetta, poi appoggiò la testa sul mio petto, con naturalezza «ho paura...» iniziò a dire «di cosa?» le chiesi confusa «di non rivederti più» rispose «se dovessero arrestarci e dovessi non farcela... cercami nel vento, ti accarezzerò la guancia la mattina, sarò presente in ogni momento del giorno» dissi, accarezzandole i capelli «sarò nella musica di un pianoforte, libero di poter suonare, sarò tra le note di Chopin» continuai a dire, mentre lei mi accarezzava l'avambraccio «sarò nel tuo cuore, come il seme del fiore più bello, in mezzo a tanta terra bruciata.» la sentì singhiozzare, le accarezzai la guancia cercando di asciugarle le lacrime «ma sarai anche in ogni lacrima che verserò» aggiunse «ti faccio una promessa, allora...» lei mi zittì «non fare promesse che non puoi mantenere, perché io potrei credere a qualsiasi cosa tu mi dica» replicò «stavo dicendo, ti prometto che qualunque cosa accada, ci rivedremo» risposi.

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