Le Ombre di Odino

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Ma in quell'istante, quando mi appoggiai sul letto, mi accorsi di star sognando, ma lei era così reale, così vera... non capivo, come poteva essere un semplice sogno? Dio, Jo, che stai facendo al mio debole cuore? Alla mia testa? Che ci fai così in profondità? Perché hai scelto me?

Io ero un bagno di sudore, come quando la febbre arriva al suo picco e piano piano scende, mi alzai di scatto, togliendomi il lenzuolo e cercai di respirare. Inspirai ed espirai più volte, una decina, cercando di calmarmi, e la soluzione la trovai nella consolazione di una sigaretta, cercai frettolosamente all'interno della borsetta e una confezione di fiammiferi, ma al loro posto trovai una lettera, ancora sigillata.

Non capivo chi mai potesse avercela messa, in fretta l'aprì, iniziando a leggerla:

"Psiche mia, Venere mi ha inviata da te per punirti, poiché invidiosa della tua divina bellezza, affinché t'innamorassi dell'uomo più brutto della terra, e, per mia maldestra mano, ho finito per scoccare la freccia sul mio stesso tallone, innamorandomi follemente di te. Odio provare questo, odio sentirmi così mortale.

Vorrei poterti rivedere al più presto, perché il pensiero di te mi desta, e diventa sempre più irruento e forte, i tuoi occhi li sogno la notte e le tue labbra... ne sento il sapore, anche senza mai averle provate.

tuo, Eros"

Terminai la lettura con il sorriso in volto, e portai la lettera al petto, stringendola come se, infondo, stessi stringendo lei, sentivo il cuore battere forte, per un attimo pensai che sarebbe esploso o che si sarebbe fermato, ma ero felice... un sentimento che non riuscivo più a provare da un po' di tempo. Feci un lungo respiro e ripiegai la lettera, nascondendola di nuovo al sicuro all'interno della borsetta.

In automatico, incominciai a canticchiare una canzone americana che, una mia compagna di studi all'università, mi aveva fatto ascoltare con il suo grammofono "how Deep is the ocean" di Irving Berlin, più che altro ne mugugnai la melodia, perché non ricordavo le parole e mi vestì per dare inizio alla mia giornata, fingere indifferenza al succedere degli eventi, ma non più di tanto.

Quella lettera mi aveva dato l'alibi, la motivazione ad accettare di prendere parte al movimento di resistenza, il nostro gruppo era "le Ombre di Odino", ma Jocabel era solo uno tra i pretesti... il motivo più importante era che non condividevo l'ideale dei miei genitori, di mio padre. Nel mio cuore c'era la ribellione e non volevo altro...

Mi guardai un'ultima volta allo specchio, dritta nei miei occhi «sono pronta» dissi tra me e me, abbottonandomi la manica della camicia «che lo show abbia inizio!» aggiunsi.

Andai in cucina, mia madre era già ai fornelli preparando la cena, la scena era quasi identica a quella del giorno precedente, con l'unica differenza che, con mia grande sorpresa, mio padre fosse seduto al pianoforte «mi stupisce» dissi, lui alzò lo sguardo «cosa, esattamente?» mi chiese «che tu abbia bandito la musica, in questa casa e poi sei il primo a sentirne la mancanza» risposi, lui rise «se credi mi manchi il baccano prodotto dalla tua musica americana, credimi, ti sbagli!» replicò lui, cercando di convincermi di aver ragione «sì, va bene! Hai ragione tu!» terminai la conversazione in quel modo, esausta nel non poter controbattere, per fortuna... quasi inesorabilmente, si avvicinava il giorno in cui sarei andata via, e non sarei più tornata.

C'erano tanti modi per aiutare la Germania, uno tra questi, era quello di restare fedeli alle proprie credenze, ai propri ideali. Credevo in una Germania libera, dove fosse possibile pensare a voce alta, ascoltare il genere di musica che più ci piace, cantare, ballare, senza aver paura di essere arrestati. Ma, per ora, non erano idee condivise dal resto della mia famiglia, e per tale motivo, dovevo allontanarmi, il prima possibile.

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