Eravamo nella vasca, lei mi accarezzava il fianco mentre io leggevo il capitolo che avevamo lasciato incompleto il giorno prima ‹ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte, inciampi nei miei più segreti pensieri? Tu, che invadi il mondo segreto del mio essere. Ogni notte, prendi la mia mano fredda e la porti stretta al tuo cuore. Ma tu chi sei, che avanzando nel buio deli miei pensieri entri a far parte del giardino della mia anima? Ogni notte sfiori la mia pelle con dolci parole, come il canto libero di un usignolo. Ma tu chi sei che con passo silenzioso entri nei miei sogni? E sfiori le mie labbra, sento il tuo sapore, un sapore dolcissimo. Ogni notte il tuo sguardo, ruba il mio. Ogni notte, diventi mio› lessi tutto d’un fiato, ma con enfasi, mentre lei tornò a baciarmi il collo ‹questa è la mia parte preferita…› disse dolcemente, sorrisi e mi alzai, lasciando che le gocce d’acqua scivolassero in vasca, mi specchiai e osservai i miei capelli ‹mi aiuti a tagliare i capelli?› le chiesi, lei mi guardò confusa ‹come scusa? Ti stanno così bene…› disse, facendo un verso di disapprovazione ‹volevo cambiare… far entrare completamente la nuova me in questo spazio› replicai ‹beh… se la metti così, allora…›
Finalmente pulite e profumate, entrammo nella sala riunioni, Ingrid ed Hilde erano già all’opera, la prima proponeva le strategie la seconda cercava di darle ragione ‹Ingrid ragiona! Dobbiamo essere cauti, specialmente ora che il vostro gruppo ha i nazisti alle calcagna!› disse un uomo, aveva addosso la sua uniforme militare con i gradi ben in vista, Ingrid si voltò verso di me e mi guardò con aria di sfida ‹vorreste dire sulle sue! Sono convinta che sia stata lei a chiamarli e a fare la spia› sputò acida, rotai gli occhi e mi aggiunsi al tavolo cercando di ignorare i suoi commenti, mi presentai e cercando di unirmi al discorso ‹potremmo spiarli, maggior-generale Von Tresckow! Restare nell’ombra e silenziosi, osservare le loro azioni e attaccare al momento giusto› proposi, l’uomo sgranò gli occhi stupito ‹pare abbia fatto colpo!› sentì dire da Jo a Ingrid, la quale mi dedicò uno sguardo che mi avrebbe uccisa se solo ne avesse avuto la possibilità ‹è quello che stavo suggerendo, ragazza, non possiamo permetterci di alzare troppo la testa dalla sabbia, silenziosi ma letali…› passammo alle votazioni ‹chi è favorevole alla strategia alzi la mano› quasi tutto il tavolo acconsentì, esclusa Ingrid, la quale a fine incontro venne dritta da me ‹che hai intenzione di fare Eleonore, rubarmi la scena?› domandò ‹assolutamente no, Ingrid, ma bisogna fare attenzione e mantenere la testa bassa, non possiamo rischiare di mandare all’aria tutto il lavoro che abbiamo fatto.› risposi ‹parli tu? Sul serio, ragazza? Se non fosse stato per te, adesso saremmo stati ancora a Berlino!› si lamentò, io risi e scossi la testa ‹perché ti è così difficile credere al fatto che non sia stata io? Che non vi avrei mai traditi?› le chiesi esasperata ‹perché tuo fratello è un SS› rispose ‹non ho contatti con lui da almeno quattro mesi, e come ho detto al giocatore di biliardo, se dovessi incontrarlo non esiterei a sparargli› replicai, Ingrid mi guardò con gli occhi sgranati ‹non esiteresti a sparargli? Wow, questo sì che risolve tutto, eh?› commentò ironica ‹non lo so, ma pensavo ti facesse piacere sapere che sono disposta a fare tutto il necessario» risposi, lei fece una faccia strana «ripeto, prova a prendere in considerazione la possibilità che sia stato davvero qualcuno di cui ti fidi, non sono tua nemica, credimi, te ne saresti accorta» aggiunsi, ammetto che quel tono di voce spaventò anche me, non ero mai stata così scortese, ma prima o poi devi cacciare la tua vera indole, graffiare quando serve, non restare aggrappati alla paura, feci per allontanarmi, ma Ingrid mi strinse il braccio «non provare a fregarmi!» mi minacciò, con il dito «non te ne saresti accorta, se avessi già provato a farlo» replicai, facendole l’occhiolino, detto questo, voltai i tacchi e mi allontanai.
Entrai nella dispensa e notai il generale appoggiato alla tavola «salve generale!» dissi, per evitare che vedendomi entrare silenziosamente, si spaventasse «tu devi essere Eleonore» disse tendendomi la mano «sì, sono io, signore!» risposi, lui rise «non c’è bisogno di essere formali con me, signorina, chiamami per nome: Henning» io gli sorrisi «conosco il rischio per cui va incontro, non è formalità ma rispetto» replicai, lui rise e «è stato un piacere conoscerti» disse, andando via.
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La Musica Della Libertà
Historical FictionBerlino, 1950. Dal grosso salone di casa propria, una giovane donna osserva il presente, sorseggiando un calice di liquore, abbastanza pesante per mandare giù i vecchi ricordi. La musica riecheggia tra le stanze come metafora di un tempo che è fin...