Eravamo ancora sedute su quella panchina, al chiaro di luna, era strano essere con lei all'aria aperta, era bello poterla amare come avevo sempre desiderato fare ‹che hai fatto per tutto questo tempo?› le chiesi incuriosita ‹a parte cercarti, vorrai dire?› e a quella frase sentì un vuoto nel petto e scoppiai in lacrime ‹perdonami, ti prego...› dissi, lei mi guardò teneramente e quasi non comprese il motivo di quel pianto ‹di cosa?› domandò confusa ‹per... aver cercato di rifarmi una vita, di... aver cercato di fingere che quel capitolo non l'avessi mai scritto› risposi ‹Eleonore... se fossi morta davvero avrei voluto che tu fossi felice› cercò di rasserenarmi stringendo le mani tra le sue ‹non avrei voluto che tu restassi bloccata nel passato, per quanto bello sia stato, avrei voluto che riuscissi a trovare la felicità anche dopo di me› aggiunse, dandomi un bacio in fronte ‹tu hai passato cinque anni a cercarmi, io ti ho data per morta... mi sono rassegnata› Jo mi accarezzò la guancia, asciugandomi le lacrime, poi mi strinse al petto permettendomi di sfogarmi ‹sono di nuovo qui, sono viva› disse, con la voce tremante e quella parve una magra consolazione. Era bello riaverla tra le mie braccia, ma avrei voluto che tutto fosse andato diversamente.
«Eleonore... ti andrebbe di.... Venire a casa mia?» mi chiese, io la guardai maliziosa «certo» risposi «prima però voglio fare qualcosa di pazzo» io sorrisi e lei pure come di riflesso «che vorresti fare?» le chiesi confusa «beh... Hitler è morto, la guerra è finita da un po', siamo libere... per cui, ti andrebbe di... andare a cena?» mi propose, io annuì «sì, in effetti mi stava venendo un leggero languorino› risposi, facendola ridere, lei si alzò e mi tese la mano ‹beh... in fin dei conti... abbiamo avuto quello che desideravamo, no?› domandò, io la guardai confusa ‹che intendi?› le chiesi ‹il poterci amare senza doverci nascondere› rispose, io le sorrisi teneramente e le strinsi forte la mano ‹ti amo, non ricordo quanto tempo ho aspettato per potertelo dire di nuovo› dissi, lei mi accarezzò la guancia e mi guardò negli occhi, non mi ero mai sentita così bella come quando lei mi guardava in quel modo, infine poggiò le labbra sulle mie sigillando quella frase con un fragile bacio ‹ti amo anch'io, Eleonore... e non sai quanto sia felice di poterti tenere di nuovo tra le braccia› rispose.
Passeggiammo per Berlino, volevamo dimenticarci in fretta della guerra, di quello che avevamo subito, ma era essa a non volersi dimenticare di noi, alcune case erano ancora inagibili a seguito dei bombardamenti, e i residui di quella crepa sociale erano ancora ben visibili. La città era stata rasa al solo, divisa in due settori di occupazione: Berlino Est era sotto occupazione sovietica, a Berlino ovest si alternavano americani, francesi ed inglesi, il nuovo cancelliere era il cristiano democratico Konrad Adenauer, era stato arrestato per breve tempo durante "l'operazione Colibrì", oppositore dichiarato del partito nazista... aveva meritato apertamente il mio voto. Il poter passeggiare per strada mi faceva sentire fiera di quello che avevo contribuito a fare, ma la vittoria più importante... era poter passeggiare al fianco di Jocabel senza l'obbligo di doverci nascondere, eravamo libere di essere quelle che volevamo essere.
‹allora, che mi racconti?› mi chiese incuriosita della mia nuova vita ‹ho ripreso e terminato gli studi, ora lavoro alla banca centrale› risposi, lei sbandò ‹beh, congratulazioni! Quindi, magari, un giorno di questi potrei passare a trovarti› disse maliziosa, io la guardai e scoppiai a ridere ‹perché no, magari potresti aiutarmi a rilassare tra un turno e l'altro› a quella risposta notai un sorrisetto sul suo volto ‹che hai intenzione di fare?› le chiesi facendo la finta tonta ‹lo saprai presto, amore, non essere irrequieta› mi prese in giro ‹mh... ti va di giocare, non è così, Jo?› replicai con voce roca «suvvia, Eleonore... ricorda: l'attesa del piacere è essa stessa il piacere» scherzò, io mugugnai qualcosa e scossi la testa, mi era mancata la nostra complicità, il nostro essere così simili, così amanti.
Non mi ero mai sentita così legata a qualcuno, un'intesa come quella che avevamo io e lei era qualcosa che andava bene oltre l'attrazione fisica, ben oltre tutto quello che c'era sul nostro mondo, eravamo legate nel profondo, come da un filo.
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La Musica Della Libertà
Ficción históricaBerlino, 1950. Dal grosso salone di casa propria, una giovane donna osserva il presente, sorseggiando un calice di liquore, abbastanza pesante per mandare giù i vecchi ricordi. La musica riecheggia tra le stanze come metafora di un tempo che è fin...