2. Bologna

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Mentre camminiamo all'interno dell'aeroporto di Bologna, Lily si guarda intorno come se fosse una bambina in un negozio di giocattoli, o di caramelle.
- Lo voglio! - esclama ogni volta che adocchia un oggetto esposto che stuzzica la sua attenzione.
- È inutile. - le risponde sempre Noah.
- E questo invece? Guarda che bel porta penne. -
- Inutile.
- E quello? -
- Inutile. -
Il loro battibecco, che ormai si è trasformato in un gioco, va avanti fino a quando raggiungiamo l'uscita dell'aeroporto.
Fuori nel parcheggio, appoggiato alla sua Punto grigia, c'è papà.
Appena lo vedo mi dimentico degli altri, abbandono la valigia sul posto e gli corro incontro. Gli occhi mi bruciano e si riempiono di lacrime: sono così felice di rivederlo.
Ci stringiamo in un abbraccio e il mio viso affonda sul suo petto, nel piumino morbido e reso freddo dall'aria pungente di dicembre.
Papà mi dà un bacio sulla fronte e mi guarda.
- Mi sei mancata anche tu, topolina. - dice, per poi guardare oltre la mia testa, verso i miei due compagni di viaggio. Mi ricordo allora che non sono venuta da sola e recupero le mie buone maniere.
- Papà, lei è Lily Brown. - inizio le presentazioni e mentre mio padre allunga la mano per la classica stretta, Lily va diretta per l'abbraccio.
- Sono così contenta di conoscerti George! - esordisce entusiasta, col suo inglese dall'accento fortemente britannico.
- Il piacere è tutto mio! - prova a risponderle mio padre, con il suo inglese un po' biascicato che fa sorridere ancora di più Lily.
Poi è il turno di Noah.
- Lui è suo cugino Noah Green. - continuo, omettendo volontariamente altre informazioni che sono sottintese ma che creerebbero imbarazzo, tipo: "è anche il mio ragazzo".
I due si stringono la mano in modo risoluto e mio padre sfoggia un sorriso smagliante, che fa increspare la barba scura sulle sue guance.
- Ah, vedo che ti piacciono con i capelli lunghi come quelli del papà. - gongola poi, dopo aver notato il taglio di Noah. Sento le guance avvampare e vorrei scomparire all'istante.
- Papà! - lo riprendo imbarazzata, ma lui scoppia in una risata fragorosa e fa finta di niente.
Noah, invece, mi lancia uno sguardo compiaciuto - avevo ragione sul taglio di capelli - e io lo guardo come per dire: "te l'avevo detto" e allo stesso tempo "voglio sotterrarmi".

Il tragitto in macchina procede tranquillo e le mie ansie e paure si assopiscono, soprattutto quando vedo che mio padre e Noah vanno d'accordo, legati subito dal chiacchiericcio ininterrotto di Lily che sembra aver già conquistato il cuore di mio padre.
- Ah Emi, quasi dimenticavo. - inizia mio padre, attirando la mia attenzione ed interrompendo tutti i discorsi in atto. Mi piace quando mi chiama così, in pochi lo fanno, o meglio: in pochi hanno il permesso di farlo. L'unica altra persona era...
- Dario. - dice mio padre.
Mi sono distratta, stavo pensando ad alta voce? Me lo sono immaginata?
- Come scusa? - domando confusa.
- Ho detto che stasera ho invitato Patrizia e Alessandro insieme a Dario per cena. Mi sembrava una buona occasione per passare del tempo insieme. Tu e Dario siete sempre amici, no? -
No, papà, non lo siamo.
O forse sì? Non lo so più ormai.
Mio padre parcheggia la macchina e mi guarda, aspettando una mia reazione. La mia faccia si storce in un'espressione che non oso immaginare: un mix di paura, ansia, sensi di colpa.
Deglutisco e cerco di dissimulare al meglio delle mie capacità.
- Certo. È un'ottima idea. - rispondo, stringendo i pugni sopra alle ginocchia nel tentativo di impedire alle mie mani di tremare. Abbozzo un sorriso per rendere il tutto più credibile. Ma mio padre mi rivolge un'occhiata strana e appoggia la sua mano sulla mia in un gesto di conforto, prima di aprire lo sportello e aiutare Lily e Noah a scaricare le valigie dal bagagliaio.
Oh, papà...

Per un attimo rimango in macchina da sola insieme ai miei pensieri, che in questo momento non seguono alcuna logica.
Guardo l'ora sul telefono: sono le 18.42.
Questo significa che tra meno di un'ora Dario e i suoi genitori saranno qui, a casa mia, insieme a Lily, insieme a Noah.
Chiudo gli occhi e faccio un respiro profondo, poi esco dalla macchina e mi comporto come se niente fosse. Perché è così che dovrebbe essere: niente.

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I genitori riescono sempre a creare le situazioni peggiori, pur avendo buone intenzioni.
Come andrà questa cena? 🤔

Spero che questo secondo capitolo vi sia piaciuto!
A presto con il prossimo 😘

LAST TIME - L'ultima volta che ti ho vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora