17. Adesso basta

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Con questo messaggio, sei ufficialmente invitata alla mia graduation ceremony.
Mi raccomando, prepara le valigie in tempo e porta lo spirito giusto!

Mando il messaggio a Camilla con un sorriso stampato in faccia.

P.S: ti ho già preso i biglietti quindi più che un invito è un obbligo.

La mia amica risponde entusiasta e mi manda l'ennesima foto del suo chihuahua, scrivendoci accanto: "basta che ci sia alcool" e facendomi scoppiare a ridere nella solitudine della mia stanza.

Sto pensando giusto ai due mesi che mi separano dalla laurea, quando sento bussare inaspettatamente alla porta. Mi allontano dalla scrivania per andare a vedere chi è e davanti a me sbucano due occhi verdi e un ciuffo castano e ribelle.
- Ehi. - mi saluta Noah, allungandosi per darmi un bacio a stampo sulle labbra.
- Come mai sei qui? Non avevamo fissato... - provo a chiedere, anche se non voglio passare per quella che non apprezza le sorprese.
- Avevo voglia di vederti. - dice lui, rivolgendomi un sorriso smagliante.
- Ma è tardi, come hai fatto ad entrare nel dormitorio? -
Noah ignora la mia domanda, ma entra nella stanza e si chiude la porta alle spalle, per poi rivolgermi un sorriso malizioso e posare le sue mani sui miei fianchi.
- Com'è andata oggi? - mi domanda, avanzando e facendomi indietreggiare fino al bordo del letto, dove ci sediamo. Gli racconto un po' della mia giornata immersa nello studio, e lui mi racconta della sua, anche se frettolosamente e senza approfondire.
Gli sto dicendo che ho iniziato a mandare i primi inviti per la cerimonia, mentre lui inizia a ad accarezzarmi i capelli, e poi il collo. Mi distrae, con quel suo aspetto quasi perfetto, e i suoi modi di fare gentili e decisi allo stesso tempo. Ad un certo punto smettiamo di parlare e ci baciamo, le sue mani mi percorrono la pelle nuda del collo e mi abbassano la spallina della maglietta, mentre le sue labbra sfiorano prima il mio collo, poi la spalla scoperta.
Ho sempre trovato Noah molto attraente e la me di poco tempo fa sarebbe passata direttamente ai fatti, ma in questo momento non riesco a liberare la mente e l'idea di fare sesso con Noah mi sembra quasi... Sbagliata.
Cerco di calmare la situazione, di tenere a freno l'istinto di Noah, ma lui continua a baciarmi il collo.
Lo richiamo, nel tentativo di fargli capire che non intendo andare oltre e, quando percepisce il mio irrigidimento, si ferma all'improvviso.
- Tutto ok? - mi domanda dopo un momento di silenzio e di confusione.
Stringo le dita in grembo ed evito il suo sguardo: mi sento in imbarazzo.
- Sì, sì, tutto bene. È solo che è tardi, avevo in programma di andare a dormire presto e... -
- Capisco. - dice Noah.
- Davvero? - gli domando, senza sapere esattamente perché mi serva una conferma. Quando torno a guardarlo, però, lui non sembra affatto tranquillo.
Dopo un altro attimo di silenzio, Noah si alza di colpo dal letto e si passa una mano sul viso, preso dalla frustrazione.
- Cos'è? Non sono abbastanza? - sbotta, dandomi le spalle.
- Qual è il problema questa volta, eh? - continua, alzando la voce.
Poi si gira verso di me e non riesco neanche a guardarlo in faccia perché sembra di vedere un'altra persona.
- È sempre per quell'idiota?! - continua, avvicinando il viso al mio con fare minaccioso.
Ma poi torna a darmi le spalle e si allontana dal letto.
- Perché tutta questa rabbia? Per una cazzata simile... - provo a dire, facendo per alzarmi, ma lui si gira verso di me e avanza, e io ricado a sedere sul letto.
- Scommetto che con lui non ci avresti pensato due volte. - ringhia.
- Come scusa? - sono scioccata dalla sua reazione. Certo, abbiamo discusso altre volte, ma non avevo ancora visto questo suo lato pieno di ira e disprezzo.
- Magari è proprio così, no? Altro che un semplice bacio. -
- Ma che cosa stai dicendo, Noah? - cerco di farlo ritornare in sé, ma lui non sente ragioni.
- Cazzo, Emily. Sei proprio una... - si interrompe, guardandomi con un'espressione schifata in volto, ma sospendendo il suo giudizio.
Alzo il mento in segno di sfida, anche se gli occhi bruciano e le lacrime spingono per uscire.
- Una cosa? - lo affronto.
Noah non dice niente, ma le sue labbra si stringono e si fanno sottili.
- Vattene. - dico.
Lui mi guarda sorpreso, come se lo stessi privando di un suo diritto: quello di essere qui, a occupare il mio spazio, a essere arrabbiato e offendermi.
- Ti ho detto di andartene. - ripeto, imperativa, senza mai staccargli i miei occhi delusi di dosso.
Noah abbassa lo sguardo, la sua bocca si muove ma non emette alcun suono, nessuna scusa. Così se ne va, senza aggiungere niente.
Fisso la porta che si chiude dietro di lui e, dopo un momento di completo spaesamento, finalmente le lacrime mi scivolano lungo le guance.
In quel momento mi ritrovo a pensare: "Adesso basta, ho finito di giustificarlo."

LAST TIME - L'ultima volta che ti ho vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora