10. Agosto

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Non riesco a trovare Noah da nessuna parte, ma Lily mi segue e mi tempesta di domande: non capisce il motivo della mia preoccupazione.
Mi giro verso di lei e le prendo le mani.
- Lily, mi dispiace. Adesso devo trovare Noah e parlare con lui. - le spiego, diretta.
- Perdonami. - è tutto ciò che riesco ad aggiungere, prima di lasciarla da sola in mezzo alla sala.

11 agosto (dopo mezzanotte)

Siamo ancora seduti qui, da soli, e l'atmosfera pesante è stata sostituita da una tranquilla chiacchierata sui vecchi tempi.
L'alcol ci rende più loquaci e disinvolti, e non so esattamente come ma mi ritrovo a dire una cosa come: "Avevo una cotta per te, che cliché!"
Dario mi guarda con un'espressione indecifrabile.
- Cosa? - mi chiede confuso.
Gli rivolgo un'occhiata diffidente e abbozzo un mezzo sorriso.
- Ma dai, non fingere che non lo sapessi! -
- Avrei dovuto? - mi domanda lui, piuttosto serio.
- Beh, era ovvio! Se n'erano accorti anche i muri. - dico, e scoppio a ridere per l'imbarazzo.
Dario si passa una mano sul viso e accenna un sorriso timido.
- Allora anche i muri sono più perspicaci di me. - afferma, poi torna a guardarmi.
- E quindi avevi una cotta per me, eh? - dice malizioso, con aria beffarda.
- Non montarti la testa! - dico, facendogli il verso e lui alza le sopracciglia in un'espressione da don Giovanni mal riuscita.
- E allora dov'è il mio regalo? - chiede poi, cercando di mantenere un tono sobrio e serio, ma ridendo sotto i baffi.
- Che regalo? Non è neanche il tuo vero compleanno! -
- Certo che lo è! Alla luce di questa scoperta, mi sarei aspettato un signor regalo. - si lamenta lui, esibendo il suo miglior accento snob.
Alzo ancora una volta gli occhi al cielo e lo guardo storto.
Lui si rimette la maglia, poi si sporge verso di me.
- Facciamo così: dammi un bacio e ti perdono.  -
Lo guardo divertita, poi mi avvicino e gli do un bacio sulla guancia.
- Contento? - ribatto.
Lui si morde il labbro e ride. Sento le guance arrossire, e spero che lui non se ne accorga.
- Eh no. - fa lui, avvicinandosi ancora di più.
- È il mio compleanno, puoi fare di meglio. - dice, battendosi un dito sulle labbra.
Lo guardo male e con i piedi gli lancio un po' di sabbia sulle gambe.
- Sei un cretino. - dico ridendo, mentre mi alzo per tornare nel locale dagli altri e per non fargli notare il mio imbarazzo.
Lui mi raggiunge con uno slancio. Sono quasi arrivata al locale quando Dario mi tira per un braccio e mi costringe a fermarmi.
- Eddai, scherzavo. - dice, ma continua a guardarmi divertito.
Per qualche motivo questa sua affermazione mi fa più rabbia che la proposta in sé.
- Tranquillo, non ho pensato per un attimo che tu fossi serio. Perché mai vorresti baciare me. - la imposto come una domanda, ma è più un'affermazione: un modo per ricordare a me stessa che non l'ho mai avuto e mai lo avrò.
- Perché dici così? - mi chiede lui, fermandomi ancora una volta mentre mi allontano.
Stringo ancora di più le braccia sul petto, perché la conversazione sta diventando scomoda e mi sento troppo esposta.
- Non è la verità? Sei ubriaco, dici cose senza senso. -
Lui mi rivolge un'occhiata ferita, come se gli avessi tirato uno schiaffo.
- Non sono ubriaco. - afferma con decisione.
- Va bene, come vuoi. - taglio corto, ma lui non lascia correre e sta volta mi trattiene con più forza, con la mano stretta sulla mia.
- Che stai facendo? - gli chiedo, vedendolo avvicinarsi sempre di più, con una strana intensità nello sguardo.
- Davvero pensi che non vorrei baciarti? - mi domanda, la voce bassa e rauca.
Sento un brivido percorrermi la schiena e salire fino alla nuca. Indietreggio mentre lui si avvicina, la sua mano adesso è ferma sul mio polso: non con forza, ma con decisione.
Vorrei rispondergli, ma faccio fatica a formulare una frase, non riesco a staccare i miei occhi dai suoi, non riesco più a ragionare. Per un attimo incolpo l'alcol, ma lui ha sempre avuto questo effetto su di me.
- Perché dovrei pensare il contrario? - rigiro la domanda e per un attimo Dario si paralizza e mi fissa incredulo.
- Dici di me, Emi, ma anche tu non sei molto perspicace. -
- Che vuol dire? - chiedo confusa, mentre dentro mi sembra di essere attraversata da un fulmine.
- Voglio dire... - inizia lui, interrompendosi e prendendo coraggio.
- Posso baciarti? -
È diretto, sicuro. Non ha mai lasciato il mio polso. Mi tira a sé con delicatezza e la mia testa è completamente avvolta nel caos. Non riesco a proferire parola, ma quando lui mi si avvicina io non faccio niente per allontanarlo.
Mi guarda ancora una volta, ma è così vicino che non riesco a metterlo a fuoco, e le mie labbra stanno già sfiorando le sue.
Ci baciamo brevemente e ci fermiamo subito. Forse anche lui ha sentito la stessa scossa che ho percepito io, quel brivido lungo la schiena, la pelle d'oca che ti prende quando sai che ciò che stai facendo è sbagliato, ma vuoi farlo lo stesso.
Lasciamo che quella sensazione ci culli e ci trascini via, così un attimo dopo ci stiamo baciando di nuovo, più intensamente. Le nostre mani si perdono fra i capelli l'uno dell'altra. La sua schiena si curva mentre io mi alzo in punta di piedi. Perdiamo l'equilibrio e poi lo ritroviamo. Sbattiamo contro il muro del locale e ce ne freghiamo. Ogni volta che ci separiamo siamo come poli opposti che si ritrovano, come se l'altro fosse ossigeno in un mondo che va a fuoco.
È tutto così surreale che temo di essere in un sogno, ma sento tutto così vividamente: la brezza notturna, l'odore di tequila, il sale e il profumo di Dario.
Poi arriva il senso di colpa.
Mi stacco da lui all'improvviso, lasciandolo confuso, interrotto. Mi porto una mano alla bocca e allora anche lui capisce.
- È sbagliato. -
Le sue mani si allontanano dalla mia vita, e fa male come un pugno nello stomaco.
La tentazione di baciarlo ancora è forte, impellente, ma uso tutte le mie forze per impedirmelo.
- Scusami. - dice Dario, ma non lo intende davvero: con gli occhi mi sta dicendo qualcos'altro.
Sento salire le lacrime, il senso di colpa mi sta divorando.
- Siamo ubriachi. È stato un errore. -
Dario fa per dire qualcosa, ma non lo lascio parlare.
- Questo non è mai successo. - la mia mente è un casino fottuto, le parole mi escono prima che io possa anche solo pensarle.
Dario annuisce, e sembra di vedermi allo specchio: siamo abbattuti, distrutti.
- È stato solo un terribile errore. - afferma.

- Noah, devi credermi. - lo prego, con la voce spezzata. Lui mi guarda a braccia conserte, si passa una mano intorno alla bocca: è arrabbiato. Non lo biasimo.
- È stato solo un errore. - provo a scusarmi, a giustificarmi. Ma come posso pretendere perdono? È solo colpa mia.
Noah mi guarda, riesco a leggere la delusione nei suoi occhi e per un attimo vorrei tornare indietro per cancellare tutto: ma cosa voglio dimenticare davvero?
Noah non mi guarda più e se ne va senza dire niente.
Così io rimango sola, ma senza più lacrime da versare.

LAST TIME - L'ultima volta che ti ho vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora