13. Gelosia

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Sto fissando la stessa pagina da almeno mezz'ora, ma niente di ciò che leggo mi rimane in testa. Mi ero quasi dimenticata di com'era Londra, della sua diversità, ma soprattutto dei suoi ritmi densi e frenetici. Così mi sono ritrovata con le lezioni che avanzano senza aspettare nessuno e la paura costante di rimanere indietro e dover posticipare la mia laurea.
- Ehi, studiosa. Ti va un tè? - la voce di Lily interrompe il mio "studio".
Da quando io e Noah stiamo provando nuovamente a far funzionare le cose, la situazione fra me e Lily si è fatta meno tesa e siamo tornate come ai vecchi tempi, quando studiavamo insieme in biblioteca e passavamo gran parte del pomeriggio a chiacchierare.
- Sì, ti prego. Se guardo questa pagina per un altro minuto rischio di impazzire. -

La nostra università ha una specie di caffetteria vicino alla mensa, dove fanno i migliori tè al latte che io abbia mai bevuto, o per lo meno i più economici. Io e Lily ci sediamo ad un piccolo tavolo e il silenzio tra di noi viene colmato dalle voci degli altri studenti che ridono e parlano tra di loro.
- Alla fine cos'hai fatto? - mi domanda Lily, cogliendomi alla sprovvista.
La guardo confusa, senza capire esattamente a cosa si riferisca, e lei mi rivolge uno sguardo paternale.
- Dario. - sbuffa.
- Gli hai risposto o no? Ti ha scritto giorni fa ormai! - mi fa notare, con una punta di giudizio nella voce.
Lily è la mia migliore amica e ho pensato che se davvero volevo recuperare il mio rapporto con lei, non avrei dovuto nasconderle più niente, così le ho raccontato dei messaggi di Dario e di quanto mi avessero lasciata spiazzata.
Ho passato notti intere a pensare a cosa rispondergli o a sognare cosa sarebbe successo se lui fosse arrivato all'aeroporto in tempo. Ho pensato quasi ossessivamente a ciò che avrebbe potuto dirmi e ho scritto fin troppi messaggi senza mai premere il tasto "invia".
Bevo un sorso del mio tè e mi guardo intorno: in realtà farei di tutto per evitare l'argomento.
- Non gli ho risposto. - taglio corto.
Lily alza un sopracciglio, quasi incredula, poi si lascia andare all'indietro sulla sedia.
- Beh, almeno Noah ne sarà contento. - dice infine.
Annuisco e le accenno un sorriso, perché Lily ha ragione: ora devo pensare a noi, a me, Noah e ciò che stiamo recuperando.

I giorni passano e sembra quasi di essermi trasferita da Lily, dal momento che passo la maggior parte delle mie giornate a casa sua, coccolata dai piatti elaborati di sua madre Martha e dai racconti storici di suo padre Robert. Stando qui, passo gran parte del mio tempo anche con Noah, che molto spesso si presenta all'improvviso per farmi una sorpresa e stare insieme. Ultimamente le cose tra noi sono un po' strane, ma da parte di entrambi c'è molto impegno, forse anche troppo evidente: non che la cosa mi dispiaccia, mi sembra più che giusto dopo ciò che è successo.

Siamo in salotto a guardare un film, un'usanza del dopo cena in casa Brown, quando il mio cellulare vibra e si illumina alla ricezione di una notifica. Lancio un'occhiata allo schermo, chiedendomi se possa essere Dario, ma invece è un messaggio di papà. Rimprovero me stessa per averci pensato anche solo un secondo, e penso che in fondo va bene così: non ho mai risposto ai messaggi di Dario e non sentirlo mi aiuta a tenerlo lontano dalla mia testa.
Prendo il telefono e rispondo a papà, raccontandogli in breve la mia giornata, poi apro Instagram e scorro un po' tra le foto delle mie amiche.
- Perché non guardi il film invece di mandare messaggi? - mi riprende Noah, con il braccio steso lungo lo schienale del divano e appoggiato alla mia spalla.
- Ho mandato solo un messaggio, jeez.* - rispondo, un po' scocciata dai suoi toni.
- Chi ti scrive di così importante eh? - domanda lui con arroganza, schioccando la lingua alla fine della frase.
Gli rivolgo uno sguardo allibito, ma lui neanche si gira per guardarmi.
- Mio padre, voleva sapere come sto. - rispondo secca, poi blocco lo schermo del telefono e lo rimetto sul tavolino davanti al divano. Istintivamente incrocio le braccia sul petto e metto un po' di distanza fra me e Noah, ma la sua mano si stringe sulla mia spalla e mi riavvicina a sé. Mi sento infastidita dal suo gesto e dalle sue parole, ma decido di lasciar correre, perché posso capire la sua preoccupazione e la sua gelosia: se non avessi fatto ciò che ho fatto, Noah non si sentirebbe così. È solo colpa mia e sta a me sforzarmi per rimettere tutto a posto.

* Jeez: termine inglese che esprime fastidio o sorpresa, traducibile come l'italiano "cristo" usato per evidenziare una scocciatura.

LAST TIME - L'ultima volta che ti ho vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora