19. Volevo parlarti

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Aprile

- Allora, come ti senti? Ormai è questione di giorni! - mi chiede Camilla emozionata, mentre sistema i suoi vestiti sulla cassettiera vicino al mio letto. Io sospiro sovrappensiero e mi fisso le mani appoggiate in grembo.
- Nervosa... - rispondo, strappandomi le pellicine intorno alle unghie. Camilla si avvicina a me, sul bordo del letto, e mi tira una pacca sulle mani.
- Ehi! - mi lamento, rivolgendole un'occhiata offesa. Lei alza gli occhi al cielo per poi guardarmi con aria seria.
- Il tuo nervosismo ha a che fare con un certo tipo il cui nome inizia con la D e finisce con Ario? - insinua, prendendomi in giro come suo solito.
- Cosa? No! Perché dovrei essere nervosa per lui? Non sono affatto nervosa. - all'improvviso la mia voce si è fatta acuta e la mia amica scoppia a ridere.
- Sei molto credibile. - dice, mentre io affondo il viso tra le mani per l'imbarazzo.

Quando ha finito di sistemare i suoi vestiti, Camilla fa per sedersi accanto a me sul letto, ma una vibrazione riverbera sul mobile. Entrambe rimaniamo pietrificate per un momento, spostando lentamente i nostri sguardi verso la cassettiera, dove lo schermo del mio telefono si è illuminato. Camilla si sporge per leggere la notifica, poi si gira verso di me con aria sorpresa, prende il telefono e me lo passa.
- Non sono sicura di aver letto bene... - dice perplessa.

Dario: Hai da fare? Io sono già a Londra, vorrei vederti.

Fisso lo schermo sbigottita, poi torno a guardare la mia amica con gli occhi spalancati per la sorpresa.
- Forse è un'allucinazione collettiva... - mormoro incredula.
Camilla mi dà un pizzicotto sul braccio.
- Ahi! -
- Vedi? Nessuna illusione. Ora rispondi! - mi rimprovera, incrociando le braccia sul petto in modo autoritario. Le lancio un'occhiataccia e inizio a digitare sulla tastiera.

Mi sforzo di non guardare ovunque alla ricerca della sua figura, concentrandomi sull punta dei miei piedi e sul cemento sbiadito, ma è veramente difficile: ogni parte di me è all'erta, in attesa del suo arrivo, felice ma allo stesso tempo estremamente nervosa.
Sento dei passi avvicinarsi e un paio di Adidas bordeaux sbucano nel mio campo visivo, così alzo lo sguardo e mi scontro con i suoi occhi castani e un po' torbidi, oscurati dal cielo grigio di Londra.
Lui mi saluta e sembra molto teso, non riesco ancora a credere di averlo davanti, qui a Londra: sono due mondi che collidono.
- Come mai sei già qui? Pensavo che saresti venuto direttamente per la cerimonia. - gli domando, ancora stupita dalla sua presenza.
- Ho approfittato dell'occasione per vedere un po' la città. - spiega lui, mentre usciamo dal sentiero del parco per andare in mezzo al prato, dove gli scoiattoli si lasciano avvicinare.
- E poi volevo parlarti. - aggiunge, soppesando le parole e accucciandosi sull'erba.
Faccio lo stesso e mi giro verso di lui, per cercare sul suo viso qualche indizio, ma non riesco a decifrarlo.
Un paio di scoiattoli ci osservano a debita distanza, nella speranza che qualcuno di noi abbia del cibo per loro. Dario tira fuori un fazzoletto e me lo avvicina: è pieno di briciole di pane. Gli rivolgo uno sguardo interrogativo e lui alza le spalle, con un sorriso innocente che gli attraversa le guance.

Ci ritroviamo così ad attirare gli scoiattoli, che si avvicinano diffidenti per accaparrarsi le briciole e poi scappare.
- In questi ultime settimane ho pensato molto... - inizia Dario, con un pezzetto di pane appoggiato sul palmo e la mano allungata in avanti.
Nel frattempo cerco di attirare a me lo scoiattolo che sta puntando le sue briciole, come fossimo in una competizione. Dario mi lancia un'occhiata strana, allora lascio perdere e lui continua.
- Mi è rimasta molto impressa una cosa che hai detto a Capodanno. Hai detto che hai passato anni ad amarmi in silenzio... -
- Dario, io... -
- Lasciami finire. - mi interrompe lui. Rimaniamo in silenzio per un attimo e la sua ansia si fa sempre più tangibile.
- Hai detto una cosa che mi rimbomba nella testa da allora... Hai detto che ti volevo solo perché stavi con un altro. - si gira verso di me, cercando il mio sguardo, ma io punto gli occhi sull'erba davanti a me e non so cosa dire.
- Volevo dirtelo quella volta, ma ci hanno interrotti ed è successo... Tutto quello che è successo. - accompagna le sue parole con uno sbuffo amaro.
- E poi, per qualche motivo, non te l'ho più detto. -
- Che cosa? - gli chiedo, voltandomi finalmente verso di lui, con le braccia incrociate e appoggiate sulle ginocchia, ormai completamente disinteressata al resto.
Dario lascia andare le mani davanti a sé e ondeggia con fare incerto, indeciso.
Infine mi guarda diretto ed è come se il tempo rallentasse, ritagliando un angolo di mondo solo per noi.
- Che sono un idiota. Sono uno stupido per non averlo capito prima, lo so, ma è così. - parla come chi si è preparato un discorso che però non gli è uscito come voleva, mordendosi il labbro e quasi maledicendosi per come ha formulato le parole. Fa un altro sospiro, scrollandosi quella sensazione di dosso.
- Io ti amo, Emi. Anche quando guardavo le altre, vedevo sempre te. Ti amavo come ti ho amato l'ultima estate e come ti amo adesso. -
A sentire queste parole, qualcosa dentro di me trova il suo posto e qualcos'altro viene completamente messo a soqquadro. Sembra un sogno divenuto realtà, ma è spaventoso: non mi hanno mai messo in guardia sulla paura.
Una sensazione di emergenza si impossessa di me e mi spinge ad alzarmi di colpo, davanti all'espressione confusa di Dario.
La stessa sensazione mi porta a dire: - È meglio se vado, ho lasciato Camilla da sola e... Devo andare. Scusami. - per poi allontanarmi con un passo e un battito fin troppo veloci.

Quando ormai sono lontana, mi sembra di sentire la sua voce chiamarmi, così mi giro d'istinto: ma Dario è ancora lì, perso nei suoi pensieri, con la mano allungata in avanti e solo gli scoiattoli a tenergli compagnia.
Il senso d'urgenza torna a farsi sentire e quasi correndo - scappando - me ne vado.

LAST TIME - L'ultima volta che ti ho vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora