22. Usciamo?

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Tre giorni dopo

Non mi accorgo neanche del tragitto dall'aeroporto a casa, perché sono rimasta in silenzio a controllare il telefono ossessivamente, mentre papà era tutto concentrato a guidare e a parlare da solo, senza accorgersi che non gli stavo prestando attenzione.
Dario è il pensiero fisso che mi martella in testa mentre varco la soglia di casa e vado in camera, il telefono sempre stretto in mano, ma senza alcun messaggio ad illuminarne lo schermo. Disfo la valigia e metto i vestiti a lavare, controllando in continuazione che internet funzioni e che il telefono abbia abbastanza batteria.
Mi chiedo cosa stia facendo Dario, se si sia già pentito di ciò che mi ha detto o se abbia dimenticato che tornavo oggi. La mia testa si riempie di paranoie inutili senza che io possa fermarla e, prima che l'ansia si impadronisca ancora più di me, decido di lasciar perdere tutto, così saluto papà ed esco di casa in fretta e furia.

Scendo le rampe di scale del palazzo, quasi saltando da un pianerottolo all'altro per l'agitazione, mentre nella mia mente ripercorro tutte le strade e i mezzi che devo prendere per raggiungere Dario. I miei piedi si muovono da soli mentre io sono così distratta che non guardo dove vado e, aprendo il portone, mi scontro con qualcuno. Lo spavento mi riporta alla realtà e quando incrocio gli occhi di Dario rimango momentaneamente spaesata.
- Ciao anche a te. - fa lui, guardandomi stranito e sorpreso. Sento un sorriso farsi strada sul mio volto e non riesco a trattenerlo.
- Come mai così di fretta? - mi domanda incrociando le braccia sul petto, mentre una smorfia molto simile a un sorriso si disegna nello spazio tra le sue guance.
- Stavo venendo da te. - dico, indagando la sua espressione per capire cosa gli passi per la testa, ma Dario è indecifrabile come al solito.
- A quanto pare mi hai battuto sul tempo. -
Dario ride con fare beffardo e i suoi occhi si fissano su di me, insistenti.
- Chi dice che sono qui per te? - afferma malizioso.
Aggrotto le sopracciglia per sottolineare il mio disappunto e lui sorride ancora di più. Rimaniamo in silenzio per un po', a guardarci con occhi dispettosi e felici allo stesso tempo.
- Hai smaltito la sbronza? - mi domanda poi, dal nulla, come se tre giorni non fossero sufficienti a riprendersi. Lo guardo con espressione confusa prima di annuire e lui mi si avvicina lentamente, le braccia ancora strette e incrociate sul petto.
Le mie labbra stanno per chiedergli perché ma, prima ancora che la mia voce possa prendere forma, vengono silenziate dalle sue.
Dario si è mosso in modo fulmineo e adesso le sue mani sono strette intorno al mio viso e mi attirano a lui senza paura.
Le nostre bocche si incastrano come pezzi di un puzzle che forse non sono quelli giusti ma che per qualche motivo si completano comunque, ed è diverso da come lo ricordavo, ma allo stesso tempo è familiare: il senso di urgenza, la forza che ci spinge l'uno all'altra sono gli stessi; il mare, la salsedine e l'odore pungente di tequila sono invece lontani, sostituiti adesso dal profumo di dopobarba e dal suono del portone del palazzo che si chiude dietro di noi, mentre ci spingiamo sulla parete e ci baciamo come se nessun vicino potesse sbucare da un momento all'altro e interromperci. Il mondo è deserto ed è stato svuotato solo per noi, per questo momento unicamente nostro.
Lascio scivolare le mie mani dietro la sua nuca, avvicinandolo a me, anche se siamo già vicini, ermetici. Con lui ogni bacio sembra l'ultimo e poi non lo è mai, le nostre labbra si cercano a vicenda, si attirano come calamite, così come noi, che non riusciamo a staccarci l'uno dall'altra, affamati, famelici.
Una porta si chiude rumorosamente e dei passi rimbombano sulle scale, velocemente com'è iniziato il nostro bacio si interrompe, e io e Dario ci comportiamo come se niente fosse. Una signora anziana ci guarda poco convinta e ci saluta, prima di aprire il portone e uscire dall'edificio. Quando la porta si richiude, Dario si gira a guardarmi e insieme scoppiamo a ridere, ma dura poco: giusto il tempo di guardarci ancora una volta e tornare a baciarci come prima, o forse di più.
- Bentornata. - mi sussurra Dario tra un bacio e l'altro, con la mano impigliata fra i miei capelli e le labbra che solleticano le mie guance, il mio collo.
Un'altra porta si chiude nel palazzo e altri passi percorrono le scale, mentre noi ci stacchiamo nuovamente, un po' in imbarazzo.
- Usciamo? - mi domanda infine lui, prendendomi per mano e indicando il portone, e sembra quasi che mi stia dicendo: "Usciamo a far vedere al mondo quanto siamo felici?".
E la risposta, ovviamente, è .




FINE.

Grazie per aver aspettato pazientemente la fine di un'altra fanfiction! 🥺
Come sempre ringrazio chi mi ha seguito e ha commentato, spero che anche questa storia vi sia piaciuta e vi abbia appassionato tanto quanto le altre.
Visto che la mia mente è piena di storie che vogliono essere raccontate, rimane solo una cosa da dire: a presto!
🥰❤️

LAST TIME - L'ultima volta che ti ho vistoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora