Controllo il telefono più volte, ossessivamente, ma non c'è nessun messaggio ad aspettarmi. Noah e Lily se ne sono andati di mattina, senza troppe premesse, e adesso sono in qualche albergo di Bologna e mi evitano da giorni.
Ho lasciato un sacco di messaggi a Lily, ho provato anche a chiamarla, ma scatta sempre la segreteria. Non riesco neanche ad arrabbiarmi con lei, perché l'ho sempre saputo che tra me e Noah avrebbe scelto lui. Ed è giusto così.
Tra poche ore c'è un aereo che mi aspetta per tornare a Londra, ma una parte di me non vorrebbe andarsene. Ora come non mai ho bisogno di casa, di papà, di mamma.
La mia mano sfiora la conchiglia che porto al collo, sovrappensiero. Quando mi accorgo di quel gesto mi sento uno schifo. Mi sfilo la collana e la rimetto nella sua scatolina nera, e vorrei tanto poter fare lo stesso con i miei ricordi.- Quindi adesso cosa farai? - mi domanda Camilla mentre mi aiuta a ripiegare i vestiti nella valigia.
- Non lo so... -
Lei mi lancia uno sguardo contrariato.
- Smettila di buttarti giù. È andata come è andata, adesso devi pensare al dopo, alle conseguenze. -
- Hai ragione, ma è difficile. - rispondo affranta.
- Sarebbe più facile se tu sapessi cosa vuoi. - dice lei gelida, ed è come aver ricevuto uno schiaffo in pieno viso.
La guardo sorpresa e all'improvviso sento l'ansia salire agli occhi, fino a riempirli di lacrime calde che non riesco a trattenere. Scivolo giù di fianco al letto, sul pavimento, e inizio a singhiozzare.
Camilla mi richiama allarmata, poi si avvicina e mi si siede accanto, abbracciandomi.
- Emi... Scusami. -
- No, non è colpa tua. È solo che... - la voce si spezza tra una parola e l'altra.
- Non ci capisco più niente. - riesco a dire, prima di tornare a piangere più forte di prima e stringermi tra le braccia della mia amica.
Camilla non dice più niente, si limita a tenermi stretta e ad accarezzarmi i capelli in silenzio.
La sua presenza mi aiuta a calmarmi e non so come farei senza di lei, che in questi momenti è la mia ancora di salvezza.- Va meglio? - mi chiede Camilla, tornando dalla cucina e porgendomi un bicchiere d'acqua.
Annuisco sommessamente e bevo un sorso in silenzio.
- Sì, grazie. - le dico, aggiustandomi il trucco sbavato sotto gli occhi.
- Bene, perché hai visite. - annuncia, indicando la soglia della stanza e rivolgendomi uno sguardo perplesso.
Sulla porta c'è Dario, con le mani affondate nelle tasche, che mi saluta con un sorriso forzato.
Prima che me ne accorga Camilla se n'è andata, lasciandomi da sola con lui.
Mi alzo dal pavimento, cercando di mascherare la crisi di pianto appena trascorsa, per poi sedermi sul bordo del letto.
- Che ci fai qui? - domando, un po' infastidita dalla sua intrusione, ma anche sorpresa.
Dario si siede accanto a me, mantenendo le distanze, e io faccio finta che la sua presenza non mi provochi le palpitazioni.
- Volevo vedere come stavi. - spiega, ma vedendo che non rispondo continua a parlare.
- Volevo chiederti scusa per Martina, per aver insistito, per averti messo in questa situazione... -
Mi giro a guardarlo e lui si ammutolisce di colpo.
- Non devi scusarti per questa situazione. Certi errori si fanno in due. -
Dario mi fissa, il suo volto è impassibile e non riesco a capire cosa gli passi per la testa. Vorrei chiedergli se lui e Martina si sono lasciati, ma poi penso che non dovrebbe importarmi e reprimo le parole prima ancora di pronunciarle.
- Il fatto è che... - inizia a dire, per poi interrompersi, ponderando se dire o meno ciò che sta pensando.
Sposta lo sguardo da me e unisce le mani davanti a sé, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Vedo la sua mascella tendersi, la pelle tirata sul suo viso, le labbra strette. Tutto il suo linguaggio del corpo urla: difesa!
- Il fatto è che per me non è stato affatto un errore. -
Cosa? penso.
- Cosa? - dico. Sono confusa e scioccata, qualcosa dentro di me sta gridando per uscire.
Dario torna a guardarmi, le mani ancora unite, le nocche bianche.
- Se potessi tornare indietro, lo rifarei. - afferma cercando i miei occhi, un contatto visivo che io gli sto negando.
- Ma cosa stai dicendo? È sbagliato, Dario... -
- È giusto per me. - insiste lui, e adesso le sue mani stanno stringendo le mie.
Sento bruciare gli occhi, ma non ce la faccio più a piangere, quindi mi impedisco di farlo.
- Ti giuro che lo rifarei. - ripete lui, appoggiando la mano sulla mia guancia e costringendomi a guardarlo.
I suoi occhi sono così profondi, in questo momento, che mi sembra di annegarci dentro. Sono così accoglienti che non vorrei riemergere più.
- E tu? - mi chiede con voce bassa. Sento il suo respiro sul mio viso ed è davvero come tornare indietro nel tempo.
Sono completamente persa nei suoi occhi, nelle sue parole. Vorrei potergli dire di sì, vorrei poter parlare a cuore aperto, ma non posso.
Così mi scanso da lui e mi allontano, alzandomi dal letto.
Dario rimane immobile sul posto per un attimo, con la mano a mezz'aria dove prima c'ero io. È una scena terribile che quasi vorrei tornare lì e abbracciarlo, ma una voce nella mia testa continua a ripetere: sbagliato, sbagliato, sbagliato.
Mi stringo tra le mie braccia e recupero la forza di parlare.
- Ho un volo per Londra tra meno di due ore. - dico, sperando che capisca ciò che c'è di sottinteso.
Non riesco più a guardarlo in faccia quando lui si alza, con un'espressione ferita in volto che non gli avevo mai visto, e se ne va a testa bassa, soffermandosi per un solo attimo accanto a me, come in attesa di un segnale da parte mia. Uso tutte le mie forze per ignorarlo: è tutto troppo per me, in questo momento.Quando sento la porta di casa chiudersi, mi sembra di tornare a respirare. Senza pensarci oltre, finisco di preparare la valigia e raggiungo mio padre per avviarci all'aeroporto.
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LAST TIME - L'ultima volta che ti ho visto
FanfictionEmilia e Dario condividono una profonda amicizia che dura per anni, fino a che Emilia vince una borsa di studio per studiare a Londra. Così, un legame che sembrava indissolubile, eventualmente si dissolve.