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La mattina stessa, non andai a scuola.
Tornai a casa completamente distrutto e barcollando ancora un po'.
Mi sentivo strano e stanco nonostante avessi dormito più del solito.
Il senso di nausea mi opprimeva ma non sapevo se fosse per il post-sbronza o per ciò che avevo fatto.

Mia mamma mi venne incontro all'ingresso, i suoi occhi mi colpirono. Così grandi e rossi, portavano un fardello enorme. Colmi di delusioni e preoccupazioni di cui io ero in cima alla lista. Mi chiesi come fosse avere un figlio come me, me lo chiedevo spesso, in realtà.

Ogni qualvolta la vedevo piangere o quando, da piccolo, la vedevo asciugarsi di fretta le lacrime per paura che la vedessi. Doveva essere vergognoso, per lei, a quel tempo.

Ammettere di avere un figlio diverso da tutti, chiederti perché a lui, perché proprio a mio figlio ma non trovare risposta.
Vederlo star male, provare a farlo stare meglio ma fallire.
Doveva essere straziante.
Doveva essere straziante essere mia madre.

"Izuku, tesoro mio, che cosa ti è successo?" Mi disse con una leggera punta di ira nella sua voce, potevo solo immaginare cosa provava.
"Perché non mi hai chiamato? Sono stata in pensiero per te tutta la notte..." disse asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.

Non alzavo lo sguardo da terra, mi sentivo sporco, colpevole.
"È tutto okay mamma, sto bene. Mi dispiace" dissi prima di rivolgerle un sorriso tirato e camminare a passi lenti verso la mia camera.
Chiusi la porta alle mie spalle scivolando contro la stessa, finendo seduto a terra.

Il volto ricoperto da lacrime e le mani fra i miei capelli stopposi e scompigliati.
La sentivo piangere in cucina.

Mi stesi a terra, le ginocchia contro il petto in posizione fetale.
Mi addormentai in quella posizione dopo aver finito le lacrime, non so quanto tempo dormii ma, quando mi svegliai, in casa non c'era nessuno.

Nessun bigliettino, nessun messaggio lasciato sul frigo o per telefono.
Il campanello suonò, riscuotendomi dai miei chiassosi pensieri.
Pensai che fosse la mamma, forse aveva dimenticato le chiavi. Per questo, quando aprendo la porta, ti vidi, il mio cuore perse un battito.

"K...Kacchan?" Chiesi, la mia voce era tremolante.
Avevi le mani nelle tasche dei pantaloni della tutta, la tua felpa non era pesante e mi chiesi come mai fossi senza giacchetto a gennaio.
Ti dondolasti sui talloni cercando di non incrociare il mio sguardo.

"Posso entrare?" Chiedesti in un sussurro, feci fatica a capirti.
Annuì lentamente aprendo del tutto la porta e facendoti spazio.
Entrasti titubante, guardandoti intorno come se ti aspettassi un assalto nemico.

Ridacchiai sottecchi mentre ti guardavi attorno con circospezione.
"Allora Kacchan, a cosa devo la tua visita?" Dissi cercando di non far sembrare la mia voce troppo stridula.
Ci furono un paio di minuti di silenzio, colmati solo dal rumore sordo della lavastoviglie che probabilmente mamma aveva azionato prima di uscire.

"Se è per Kirishima... Ti ho promesso che parlerò con lui al più presto ma penso che farlo adesso sarebbe troppo avventato. Potrebbe essere ancora un po' scosso e vorrei evitare d peggiorare le cose..." dissi ben stufo di quel silenzio che mi assordava.

Non avevi ancora incrociato il mio sguardo, te ne stavi in piedi davanti al tavolo, giochicchiando con il laccino della felpa. I tuoi occhi vagavano irrequieti per tutta la stanza cercando, forse, un punto fisso.

"Non sono qui per... lui" dicesti sottovoce torturando ancora più malamente il laccio della felpa.
Ti guardai con un'espressione di confusione mista a curiosità in faccia e, probabilmente, fu questa a farti cedere.

Sospirasti rumorosamente prima di incastrare i tuoi occhi nei miei, provocandomi una scarica di brividi lungo la schiena.
"Volevo vedere come stavi" dicesti subito dopo aver interrotto il nostro brevissimo contatto visivo.
Giurai di averti visto arrossire di sfuggita e giurai di averlo fatto anche io.

Era una sensazione così strana e bella, ti sentivo così vicino Kacchan e mi piaceva davvero tanto.
Ti sorrisi calorosamente.
"Sto molto meglio Kacchan, non ho vomitato più e la testa mi gira molto meno. Grazie mille per tutto quello che hai fatto per me ieri notte" ti dissi non riuscendo a smettere di sorridere, mi sentivo così leggero in tua presenza.
Il tuo viso si rilassò leggermente e assumesti una postura meno rigida.

"In realtà ti volevo chiedere anche un'altra cosa" dicesti velocemente non guardandomi.
Assunsi, nuovamente, una faccia confusa e forse un po' preoccupata.
"Be' si, mi chiedevo se... se forse ti andava di fare un giro con me..." dicesti per poi aggiungere velocemente "sempre se ti senti bene, non voglio certo..."

"Certo che mi va" dissi interrompendoti.
Una parte di me aveva forse capito che, molto probabilmente, mi avevi chiesto di uscire sperando di far ingelosire Kirishima o di rimpiazzarlo ma, sinceramente, ero troppo annebbiato dall'euforia del momento per dare ascolto alle mie, più che fondate, paranoie.
Mi rivolgesti un sorriso appena accennato, i tuoi occhi assumettero una velata traccia di tristezza.

Corsi per il corridoio e, una volta giunto in camera, mi cambiai in fretta.
Quando uscii fuori eri nello stesso posto in cui ti avevo lasciato, lo sguardo era fisso a terra, la tua espressione non mi convinceva.

"Sei pronto?" Mi chiedesti mentre rimettevi il telefono in tasca, volevi controllare che non ti avesse scritto Kirishima?
Annuii solamente, sentirti così triste non mi aiutava a smettere di esserlo.
Al contrario, avrei voluto smettere di fare qualsiasi cosa, smettere di pensare a te solo per vederti di nuovo con il sorriso che avevi mentre ridevi quella mattina davanti a scuola.

Anche se non eri con me, vederti felice era qualcosa di stupendo.
Il suono della tua risata mi risanava completamente.
Dovevo parlare con Kirishima, mettere fine a tutto questo, non potevo vederti abbattuto di nuovo, a causa mia perdipiù.
Accennai un sorriso.
"Si, andiamo Kacchan"

I'm falling apart || BakudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora