Capitolo 8

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Dopo 1 mese...

In questo preciso istante mi trovavo distesa tranquilla su un prato fatto di pizza e con affianco Leonardo di Caprio.
«tesoro vuoi mangiare con me?» mi chiese.
Io sorrisi, mi avvicinai a lui per baciarlo.
Mentre lo baciavo però sentivo qualcosa di strano, come se stessi baciando un...cane! Che schifo! Ma che ci fa un cavalier king appoggiato sul mio letto?!

«Papààààà» urlo come una matta.
Sento la porta aprirsi.
«Sorpresa! Ti piace?» mi chiese con aria tutta felice.
La mia faccia variava tra la scioccata e l'emozionata. Un cane! Tutto mio!

«Papà non dovevi...» gli dissi adandogli incontro per abbracciarlo.
«Ti volevo fare un semplice regalo, niente di che.» gli sorrisi e scendemmo a fare colazione, dopodiché obbligai Jake a salire di sopra per mostrargli Anya (si, ho deciso di chiamarla così), all'inizio era un po' indeciso se accarezzarlo o meno, poi il cane lo precedette leccandogli la mano, li lasciai fare confidenza mentre mi andavo a preparare, mettendomi dei jeans e un maglioncino.
In tutta la mia vita non ho mai avuto un cane tutto mio, in casa, fino a pochi anni fa, avevamo un cane di piccola taglia in casa, ma purtroppo per la vecchiaia morì. Ci rimasi molto male, perché c'era anche prima che io nascessi e mi ricordo quanto tempo passavo giocando con quella palla di pelo da piccola.
Quando finii di prepararmi, andammo a fare colazione per poi dirigerci a scuola.

Ero appena entrata in classe, scelsi un banco a caso e mi sedei preparandomi per l'ora di matematica. Tess stava male, però domani forse ritornerà a scuola. Quindi oggi sarei rimasta da sola, senza nessuno con cui parlare, tranne che per Jake e i suoi amici, con cui avrei pranzato in mensa, con Jacob che ogni tre su quattro mi faceva battutine pervertite e mio fratello che lo menava.

Non potrebbe andare meglio...

Dopo dieci minuti arrivò la professoressa. Sistemò la borsa sulla sedia e iniziò a scrutare la classe, forse stava cercando qualcuno...

«Quei disgraziati!» urla ad un tratto facendomi sobbalzare dalla sedia.
Deduco che sia una cosa già successa, dato che solo io mi sono spaventata.
Ad un tratto entrano in classe quattro ragazzi che con assoluta calma e ridendo se ne vanno ai loro posti.

«Non potete arrivare sempre in ritardo! Siete appena rientrati dalle vacanze in montagna, ma a quanto pare non vi hanno fatto molto bene.» grida la prof. Poi li guarda uno per uno.
«E poi, ditemi dove caspita è finito Johnson!» urla di nuovo.
Ma prima che qualcuno gli risponda, la porta viene aperta nuovamente, ed entra un ragazzo. Come se fosse tutto a rallentatore, il ragazzo si porta una mano tra i capelli biondi, scompigliandoli tutti, per poi leccarsi lentamente le labbra carnose. Ad un tratto si blocca, corruga leggermente le sopracciglia ed inizia a guardare tutte le persone in classe, in cerca di qualcosa o qualcuno. Posa lo sguardo su di me, tutto intorno si ferma. Sembra come se sono chiusa in una bolla, lui continua a guardarmi, come se ne dipendesse il mio stesso sguardo verso di lui. Sento la voce ovattata della professoressa, che lo sta sgridando. Il cuore batte all'impazzata e dei brividi mi partono per tutto il corpo, non riesco a staccargli gli occhi di dosso.
A riportarmi alla realtà fu la professoressa.
«Signorina Miller, se vuole sbavare dietro a qualche ragazzo, lo faccia all'infuori della mia lezione!» sbraita la professoressa. Non la sopporto più!
«Mi scusi prof, non succederà più...»
Dò un'ultima occhiata al ragazzo, che incazzato guarda la professoressa, come se quello che mi abbia detto ha ferito più lui che me. Poi posa di nuovo gli occhi su di me, io mi rimetto composta e ascolto la rompipalle.

Durante tutta l'ora mi sono sentita osservata. E ogni volta che cercavo di capire a quale persona appartenevano quegli occhi curiosi, il mio sguardo finì sempre nel suo. Quando mi guardava, sembrava non di buon umore, anzi sembrava arrabbiato, come se ci fosse qualcosa che lo tratteneva. Il suo sguardo era assiduo, quasi stancante se si guarda per troppo tempo, quegli occhi riuscivano a penetrarmi in profondità e avevo la sensazione che lo conoscessi già.
Come se lo conoscessi da una vita...

Cercai comunque di prendere appunti per il resto della lezione fallendo miseramente.

Quando finalmente suona la campanella, butto tutto a caso dentro la mia borsa, cerco di uscire di corsa dalla porta, ma qualcuno mi afferra il polso, non è stretta ma decisa.
Mi giro e mi ritrovo lui. Occhi verdi.
Sembra tranquillo. Io no, non lo sono per niente...
Guardo la stretta come per chiedere cosa volesse. Ma quello che sentì non mi piacque tanto.
«Mia.»ringhia non staccandomi gli occhi di dosso.
In quel momento ero allibita ma anche curiosa.

«Come scusa? Credo di non aver capito...» gli chiedo, forse aveva solo sbagliato persona oppure mi stava solo prendendo in giro.
«Sei mia.» ribadì per la seconda volta, ringhiando ancora più forte. Si avvicinò di più a me.

Cercai di allontanarlo spingendolo leggermente,fallendo.

«Senti, non so se mi hai scambiata per qualcun'altra o mi stai solo prendendo in giro, ma lasciami in pace che devo andare a lezione...» cercai di dire. Mi girai e andai verso gli spogliatoi.

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Durante l'ora di educazione fisica un deficiente mi ha tirato una palla dritta in faccia facendomi uscire il sangue dal naso. Mentre correvo per andare negli spogliatoi avevo tutti gli occhiali appannati per colpa del sudore e non riuscivo a vedere niente. Finalmente entrai. Mi sciaquai il naso e mi tolsi la maglietta che si era sporcata di sangue.
Sobbalzai quando qualcuno urlò nella mia direzione.
«E tu che cazzo ci fai qui?!»




𝗟𝗼𝘃𝗲 𝗺𝗲 𝗮𝘀 𝗜 𝗵𝗮𝘁𝗲 𝘆𝗼𝘂. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora