Colori

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Non parlai più, decisi di tacere e di non proferire più parola o rumore che potesse in qualche modo disturbarlo. Ne avevo paura, lo temevo eppure una parte di me era decisa a capire, comprendere cosa si nascondesse dietro i gesti azzardati e le parole che tanto sembravano non appartenergli. Ero curiosa, tuttavia speravo che la mia voglia di conoscenza non venisse mai soddisfatta. Ero assetata eppure non volevo bere per paura di conoscere finalmente il vero sapore di ciò che andavo bramando. Non lo amavo, questo era chiaro, ma lo desideravo in quanto essere umano. Mi terrorizzava, non so bene se fosse la mia voglia di conoscerlo e decriptarlo a fondo oppure se fosse semplicemente lui.

Rimase in silenzio per tutto il resto del viaggio in macchina, proibendomi silenziosamente ogni azione o gesto. Stringeva il volante come se fosse un essere umano e lui lo volesse uccidere, inaspriva il volto ad ogni mio sospiro e parola mancata. Mi guardava di sottecchi, con la coda dell'occhio, consapevole del mio imbarazzo e del mio stato di amareggiamento. Non parlava, non parlò mai.

Ci fermammo due volte, entrambe le volte lo vidi allontanarsi dalla macchina e premere il tasto con il quale mi avrebbe poi imprigionata definitivamente all'interno dell'abitacolo a quattro ruote. Mai uno uno sguardo o un segno di ripensamento, nei suoi gesti lessi risolutezza assoluta. Vidi il tempo scorrere lentamente, persone osservarmi da lontano domandandosi forse perché una ragazza come me fosse seduta all'interno di un'auto come quella, una Brabus Mercedes classe G. Vidi un uomo in giacca e cravatta correre, la ventiquattr'ore in mano, dirigersi verso la propria macchina in ritardo forse per un incontro d'affari. Scorsi all'improvviso  dal mio specchietto una madre e una bambina camminare mano nella mano, sorridersi a vicenda. Pensai a come sarebbe stata differente la mia vita se avessi ricevuto uno solo di quegli sguardi amorevoli. Non sarei qui oggi, sarei sicuramente altrove intenta a realizzare i miei sogni ed essere finalmente la donna che ho sempre desiderato di essere. Smisi di fantasticare, trovai due pupille marroni intente ad osservarmi, guardai più attentamente e vidi un dolce sorriso accompagnare quegli occhi estremamente interessati. Un sorriso con qualche buco, questo è certo, ma mai vidi sorriso più bello di quello. 

"Claire, cosa stai facendo?" sentii la madre urlare qualche metro più indietro.

"Niente mamma, ho visto una cosa stranamente bella!" la bambina che scoprii chiamarsi Claire mi rivolse un sorriso prima di girarsi verso la madre e saltarle al collo.

"Ah sì? Che cos'è questa cosa stranamente bella?" fecero naso-naso, capii cosa voleva dire amare.

"Una ragazza con una pelle scurissima! Ma non scura brutta, scura bella bella" Immaginai Claire con gli occhi scintillanti di chi è convinto di aver compreso tutto della vita.

"Amore, cosa vuol dire bella bella?" la madre rise, in cerca di qualcosa che potesse spiegare l'eccitazione della figlia.

"Era neera come il cielo la notte, anche io suoi occhi erano neri, nerissimi! Mamma , io ho paura del buio, però lei era un buio bellissimo" la madre guardò la figlia con stupore crescente.

"Amore, te l'ho detto mille volte che si dice di colore e non nera!" vidi poi solo le loro ombre allontanarsi sullo sfondo di un cielo rosa. Alzai lo sguardo e vidi il sole rosso, le strade d'asfalto nero, i grattacieli grigi e le luci al neon dei bar fare capolino con le loro molteplici sfumature. Pensai a me, io al centro di quell'uragano di colori. No, la madre si sbagliava. Io non ero di colore, ero semplicemente nera, inchiostro su un foglio bianco, opaca e fredda come una notte d'inverno.

La Venere neraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora