Scuse

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- Che cosa avrei dovuto fare? Lasciare che se ne andasse? -

- No Justin, avresti solo dovuto parlarle. - Nicolas tentò di convincermi che avevo sbagliato, che non era il modo di comportarmi se volevo conquistarla, ma cos'altro avrei dovuto fare?

- Tu la ami, Justin. Potrai negarlo a te stesso e nasconderlo a lei per tutto il tempo che vuoi, ma è chiaro, è davvero lampante. Tu la ami. - rimasi in silenzio, cercai di comprendere e capire realmente le sue parole. Io l'amavo? Assurdo, impossibile. Non ero capace di provare quel tipo di sentimento, non ho mai trovato nessuno che provocasse in me delle sensazioni così viscerali come l'odio e l'amore contemporaneamente. La notizia mi stordì. Olga e i suoi lineamenti particolari, come se fosse stata scolpita nel marmo. Lei e i suoi capelli afro, lei e la sua pelle d'ebano, così nera e così bella. Due qualità riunite in una sola persona, la ragazza che riuscì a strapparmi il cuore dal petto. L'amavo, questo era certo. Volevo tutto di quella ragazza e sarei stato pure disposto ad uccidere per averla. Sarebbe stata mia un giorno.

- Nicolas, ti prego, non dirlo a nessuno. -

- Justin, essere innamorati non è una colpa e neppure una vergogna. Provare quello che provi per lei è simbolo di sensibilità. Vi completate, ma ancora non conoscete le regole di questo puzzle. Prima le scoprirete e prima sarete felici uno accanto all'altra. - fece un sospiro e mi mise una mano sulla spalla guardandomi duramente negli occhi. Mi strinse leggermente la spalla, lo sguardo fraterno.

- Devi scusarti con lei. - il mio cuore ebbe un sussulto, mi innervosii.

- Perché dovrei? L'avevo avverita, sapeva che sarebbe finita in quel modo se mi avesse disobbedito. Non merita delle scuse da parte mia. -

- Il fatto che lei non ti abbia ascoltato non ti autorizza a spaventarla in quel modo. Che cosa avevi in mente? - sospirai, dopotutto era uno dei miei migliori amici.

- Avrei solo voluto che mi ascoltasse per una buona volta e che smettesse di vedermi come il cattivo ragazzo della situazione. Io non sono cattivo, non voglio che soffra, ma ancora non l'ha capito. - appoggiai la nuca sul muro alla mie spalle, stanco ormai di tutto ciò che stava capitando nella mia vita.

- Allora dimostrale che non le vuoi fare del male. Se le parole non sono servite a niente dovrai passare ai fatti. Devi smettere di essere così minaccioso. Portala ad innamorarsi di te! Deve sapere che tu la ami. - mi guardò dritto negli occhi. Mi sentii come se un intero esercito mi avesse appena investito. Le sue parole mi colpirono come un treno in corsa.

- Io ora devo andare, pensa però a quello che ti ho detto. Ci vediamo domattina? -

- Sì, colazione da Macy's? -

- Mi conosci fin troppo bene, magari dovremmo iniziare a cambiare bar! - scoppiò in una leggera risata prima di salutarmi ed uscire di casa. Toccava a me ora.

~

Sentii la porta principale chiudersi e finalmente la casa piombò nel silenzio più totale. Rimasi chiusa in camera nostra per un paio di ore, aspettando che la situazione si calmasse. Il polso non mi faceva più tanto male, a ferirmi maggiormente furono gli occhi con cui mi guardò. Pieni di odio e di rabbia, gli occhi di chi non ha mai conosciuto l'amore.

Mi sdraiai sotto le coperte e chiusi gli occhi. Sentii la porta della camera aprirsi, ma non capii se fosse solo una mia impressione o se davvero fosse entrato qualcuno in camera. Il sonno ormai mi aveva stordita e distinguere realtà ed immaginazione era sempre più difficile. Un paio di braccia mi strinsero da dietro e delle labbra mi accarezzarono il collo. Sentii una voce sussurrare:

- Mi dispiace per oggi. Non ti farei mai del male. - mi baciò il collo e mi accarezzò la pancia. Pensai fosse un sogno, ma quando si mise sopra di me realizzai di non avere più scampo.

- Che cosa stai facendo? - sussultai, incredula.

- Devi capire che non voglio farti del male. - mi baciò con passione infilandosi tra le mie gambe. Lo sentii irrigidirsi, i suoi pantaloni che sfregarono contro il mio leggero pigiama. Ansimò, le sue mani si insinuarono sotto la mia maglietta, trasalii.

- Smettila, ti prego. - non mi ascoltò, si fermò solo per guardarmi negli occhi.

- Fidati di me per una volta. Non ti farò del male. - appoggiò una mano sulla mia intimità, lo strato del tessuto a separarlo dalla mia pelle. Iniziai a sentire caldo, una sensazione pungente si fece spazio in me. Fermai la sua mano e lo guardai piena di disperazione.

- Sei perdonato, davvero. Non devi fare nulla, questo non lo voglio. - sussurrai. Non rispose, mi guardò soltanto. Spostò prima la mia mano con delicatezza e poi sentii delle dita fredde a contatto la mia parte più sensibile. Mi fissò con uno sguardo che mai avevo visto prima, sembrò quasi adorazione. Iniziò a muovere le dita delicatamente, seguendo un ritmo costante. Non riuscii a credere a quello che mi stava facendo, sembrò surreale. Iniziai a tremare sotto il suo tocco. Nessuno mai mi aveva sfiorata a quel modo. Non avrebbe mai dovuto vedermi in quello stato, non per mano sua. Decisi di distogliere lo sguardo, fissai la finestra alla mia destra, le stelle in cielo che sembravano accusarmi di aver appena compiuto un peccato. Mi trattenni, cercai di non ansimare. Non volli guardalo negli occhi, non avrebbe dovuto vedere il mio piacere.

- La finestra non ti distrarrà dal mio tocco, lo sai? - Iniziò a fare più pressione e aumentò il ritmo. Non riuscii più a trattenermi, lo guardai con gli occhi sbarrati. Tentai di scappare, di andarmene ma mi tenne con forza sotto di sé.

- L-Lasciami, ti prego. - il fiato corto, quasi sull'orlo di una crisi isterica.

- Non c'è niente che riuscirà a fermarmi. - Lo disse con una calma esasperante. Mi strinse sul materasso e con una mano bloccò i miei polsi. Ero spaventata, disorientata. Il suo tocco si fece più accentuato e mi scappò un ansimo. Non riuscii più a fermarmi, quando all'improvviso sentii qualcosa di freddo entrare mi irrigidii tutto d'un colpo. Iniziò a fare avanti e indietro con il dito, lo sentii montare dentro di me.

- Ti prego, lasciami andare! - insistette, andò più in profondità come se avesse solo un obiettivo in mente.

- Guardami negli occhi. - obbedii, privata delle mie forze. Il suo tocco si fece più impaziente e sentii che non avrei più resistito. Ansimai, volli scappare ma il suo peso non me lo permise. Infine mi irrigidii e urlai. Non era possibile, non avrebbe dovuto andare in quel modo.

- Finalmente ti sei lasciata andare. - mi baciò con dolcezza, continuò ad accarezzarmi provocandomi continui spasmi.

- C-Che cosa mi hai fatto? - naso contro naso, lui sopra di me ed io tremante sotto di lui.

- Ti ho regalato il tuo primo orgasmo. -  Rimasi sbalordita.

- Ora però devi lasciare che anche io mi liberi. Vederti in questo stato mi ha fatto veramente un certo effetto. - lasciò andare le mie mani e si tolse i pantaloni. Fui terrorizzata, non volevo fare nulla di tutto quello che aveva in mente.

- Tranquilla, non ti chiedo ancora niente.  Devi solo rimanere ferma, ci penso io al resto. - mi tolse i pantaloni e si posizionò fra le mie gambe. Lo sentii ansimare non appena le nostre intimità coperte si scontrarono. Mi morse il labbro fino a farmelo sanguinare, lo sguardo disperato. Mi tolse la maglietta e rimasi in reggiseno. Mi guardò con occhi lussuriosi, ammaliato dalla mia figura.

- Sopporta solo un altro po', okay? Poi ti lascerò andare. - e dopo quelle parole mi strinse forte tra le sue braccia ed iniziò a muoversi. Chiuse gli occhi, ansimò sul mio collo. Iniziò a torturarlo con morsi e carezze. Non esitò a stringermi il seno, come se fossi stata sua. Lo osservai in preda all'eccitazione, il fiato corto, il membro sempre più irrequieto e duro contro le mie mutandine. Strinse le mie gambe contro la sua schiena ed iniziò a possedermi pur senza togliermi la verginità. Mi graffiò facendomi spesso male, morse molti lembi della mia pelle.

- Cazzo. - lo sentii stringersi a me ulteriormente prima di venire. Sentii un liquido espandersi tra i nostri corpi. Respirò a fatica preda, anche lui, degli spasmi post orgasmo.

- Grazie per esserti fidata. - mi guardò negli occhi, alla ricerca di qualche tipo di emozione.

- Ti sbagli, non mi sono affatto fidata. Mi hai costretta, non lo vedi? - lo guardai con astio.

-  Smettila di prendermi in giro. Sei venuta e, che tu lo voglia ammettere o meno, ti è piaciuto. La conversazione è chiusa. - non dissi più nulla. In fondo aveva ragione, mi aveva regalato il mio primo orgasmo e mi era piaciuto.

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