C’era una volta una bambina molto magra e pallida dal nome ambiguo.
Questa bambina stava frequentando da poco una nuova classe, nella nuova città in cui si era trasferita da non molto tempo.
Un giorno, i suoi compagni di classe decidono di giocare a fare linguacce, tra cui anche la difficile posa della lingua ad “U” che soltanto riesce a chi ha appunto la lingua piatta e rosea.
Perché sì, ragazzi miei, questa nostra protagonista aveva tutto tranne che una sottile, piatta e graziosa lingua rosata.
La bambina dal nome ed aspetto indefinibili in tutti i sensi possibili, provò a farsi avanti nel gruppo, tirando fuori la sua, di lingua.
Non tardarono così ad arrivare gran parte delle loro espressioni tra stupore e disgusto.
“Sembra un grosso serpente bavoso, pieno di graffi” disse uno dei bambini.
La bambina, offesa un poco, ricacciò dentro la bocca la propria lingua, ma ad un tratto una voce balenò nella sua mente, per poi uscire dalle sue labbra spalancate all’improvviso: “Chi è stato tra di voi a dire che sono bavoso?”
Eh già, la sua lingua ora sembrava davvero un grosso, enorme e lunghissimo serpente, color rosso carne e ricoperto di una bava che lo faceva sembrare tutto lucido come se avesse avuto davvero le squame.
Non aveva gli occhi né la bocca, ma le vene pulsavano e dalle cicatrici sembravano uscire dei lunghi canini affilati, o degli enormi aculei.
La sua voce era mutevole, virile ed acuta a momenti alternati.
“Si faccia avanti perché altrimenti lo cercherò io, e non sarà piacevole” aggiunse.
Il grosso serpente non era altro che il nascosto orgoglio della nostra strana bambina protagonista, uscito fuori grazie alle cattive parole del coetaneo.
Ma lei aveva troppa paura di mostrare cosa riteneva bello e stupefacente di sé, e quindi, seppur con pessimi risultati, preferì nascondere, come altre sue passioni ed aspetti, questa sua particolarità.
Il morboso ego però era troppo grande per poter esser nascosto, ed ecco spiegato perché non riuscì la bambina a tenerselo dentro.
Ed ecco il malvagio serpente color carne, andare dritto dal bambino colpevole.
La nostra bambina però, forte ancora della sua corazza, si tirò indietro, facendo così evitare alla sua grossa lingua dentata di circondare il bambino.
“Loro non sapevano! Non farli allontanare, almeno per ora!”
Pensò la nostra bambina, ma la lingua riuscì comunque a sentire i suoi pensieri, e con sommo malincuore, tornò al suo posto, sussurrando queste parole:
“E così hai deciso di nascondermi, la tua parte preferita di mille giochi di fantasia, per degli ignoranti poveri d’animo. Piuttosto che rivelare che mi stimi perché parte di te, vuoi dimenticarmi/evitarmi così che in futuro tu voglia/possa somigliare a tutti loro, perché ti comincio già a far provare vergogna…”I bambini ovviamente, non vennero creduti, quando raccontarono la storia. Loro però non erano il mostro, quindi non avevano avuto nessuna colpa, nessuna ombra di dubbio o timore; lei sì. Era lei, giustamente, ad avere qualcosa che non andava nel suo aspetto, qualcosa di mostruoso che si notava anche nella realtà.
16 Novembre 2018