«Ecco un altro che ha ripreso a fumare,» commenta il tizio calmo, «dopo tutta la fatica fatta per smettere! Complimenti!»
«Che cazzo vuoi tu? Ti sembra una situazione normale questa? Ti sembra un momento dove uno può starsene tranquillo davanti a un pacchetto di sigarette e non prenderne una?»
Li guardo qualche istante, provando la stessa impressione di quando nella mia testa mi faccio coraggio per affrontare una situazione, dicendomi: «stai calmo» e subito dopo «ma stai calmo cosa? Non ce la posso fare», e di nuovo «sì, ma stai calmo», in loop. Più o meno la scena si potrebbe rappresentare così: con queste due persone a interpretare rispettivamente me e me.
«S...» sto per pronunciare il mio nome per attirare la loro attenzione e mettere così fine a questo sciocco battibecco per poterci concentrare sulle cose importanti, ma mi fermo subito; è troppo strano chiamare me stesso in seconda persona. È roba che può veramente fare impazzire qualcuno. Questo, eh! Non vedere due persone identiche a te che litigano sul tuo balcone di casa: quello sì che è qualcosa che ti mantiene sano di mente.
«Credo che dovremmo trovare dei nomi per chiamarci, tra di noi almeno.»
Quello agitato mi guarda e mi sputa il fumo in faccia: «Io non ti voglio chiamare, né te né quell'altro con il palo nel didietro.»
L'altro ridacchia; non fa nessuno sforzo per nascondere che non è con lui che sta ridendo, ma di lui. Gli lancio un'occhiata che spero lo faccia smettere, poi riprendo da dove eravamo rimasti. Ma dove eravamo rimasti?
«Cosa stavo dicendo?» Chiedo a me stesso.
«I nomi», mi risponde lui, pronto.
«Ah già, giusto. Non possiamo chiamarci tutto nello stesso modo, e non posso riferirmi ancora voi dicendo "tizio con le ciabatte" e "tizio con il coltello", dovremmo scegliere dei nuovi nomi.»
«A me "tizio con il coltello" sta bene; così ti ricordi che non ti conviene rompermi i coglioni.»
L'altro sospira: è un sospiro di stanca rassegnazione, come se non desiderasse altro che sottrarsi da questa fastidiosa ma purtroppo necessaria conversazione.
«Io un nome già ce l'ho» risponde lui, «non voglio altri nomi, cambiatelo voi due semmai.»
«Un momento! Perché dovremmo cambiarlo noi e non tu? Com'è questa storia? Ti fai una doccia, ti dai una sistemata e diventi il padrone del mondo?» L'altro gli si avvicina con irruenza, ma oltre a essere ancora dolorante inizio a sentirmi troppo stanco per intervenire. E poi non ha tutti i torti: per quale motivo dovrebbe tenersi lui il nome originale?
Sembra leggermi nel pensiero e risponde ad entrambi: «Perché io so cosa farmene, perché ora come ora se dovessi presentarmi al lavoro o a casa dei miei genitori sarei in grado di essere presente a me stesso, così come quando parlerò con Sonia: si può dire lo stesso di...» Cerca un istante le parole giuste poi ci etichetta bruscamente: «Rambo e Dory di Alla ricerca di Nemo?»
Ah, quindi io sarei Dory? A Rambo la cosa sembra fare piacere, tant'è che scoppia a ridere. Io, invece, vorrei solo prendere un antidolorifico che mi stenda, andarmene a dormire. E realizzo che anche per quello ci sarà da litigare: proprio come per il nome, abbiamo un solo letto per tre persone.
«Va bene,» mi arrendo, «usiamo tutti e tre dei soprannomi per chiamarci, va bene? Niente Rambo, o Dory. E a proposito, vaffanculo.» Parlo a entrambi, ma l'ultima parte della frase è rivolta al tizio calmo, che io soprannominerei Stronzo, se avessimo tutto il tempo del mondo per punzecchiarci e cazzeggiare sul balcone.
«Io propongo Stanco per me, e per voi due Serio e Sclero.» Fanno ridere, lo so, sembrano i nomi che sceglierebbero dei ragazzini. Eppure, con mia grande sorpresa, sembrano entrambi soddisfatti: Serio resta serio e Sclero non sclera. E io, quello Stanco, ho addosso le botte da smaltire e il disastro che sono i miei pensieri al momento. «Adesso ho bisogno di dormire», quasi li imploro, «voi non uscite, vi prego. Domani mattina a mente lucida facciamo cosa volete e troviamo una soluzione a tutto questo casino.»
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Il nascondiglio del topo
AdventureVincitrice Wattys 2021 - categoria Jolly La penultima cosa che S. vorrebbe è un topolino nella casa per cui ha appena acceso un mutuo trentennale. L'ultima è vedere la sua vita sgretolarsi sotto il naso, per aver seguito quel topo nel suo nascondigl...