Capitolo 4. Tana

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A ogni mio tentativo di deglutire cresce la sensazione di avere dell'argilla in gola, che si indurisce secondo dopo secondo. In compenso la mia presenza non genera alcun turbamento nei due topi, che indisturbati hanno avviato la loro routine di igiene personale mattutina, come se io non ci fossi. In effetti, credo l'argilla che mi sembra di avere in gola sia in qualche modo passata dalle vene per poi solidificarsi del tutto, considerata la mia attuale rigidità e immobilità fisica, del tutto fuori dal mio controllo.

Sono come un povero stronzo che ha incontrato lo sguardo di Medusa, sono la statua di Condillac che non ha ancora acquistato i suoi sensi, sono Phoenix, a cui Shaka della Vergine i sensi li ha tolti. Un vero peccato che, a differenza dei Cavalieri dello Zodiaco, io ne abbia solo cinque. Il sesto, nel caso, mi suggerirebbe un controllo neurologico.

Ora che ci penso non sapevo nemmeno che i roditori si lavassero il musetto con le zampe come i gatti e altri animali ben più carini. Questa, giuro, è l'unica cosa sensata a cui riesco a pensare al momento. Non è un granché, me ne rendo conto, ma ogni volta che provo a darmi una spiegazione razionale dello strano fenomeno a cui sto assistendo, sprofondo nell'angoscia e nella certezza matematica che le mie allucinazioni siano un sintomo di un certo male che non voglio affrontare. Non a ventotto anni. E l'ansia mi sta facendo fischiare le orecchie. Oppure è acufene.

Sei sempre stato ipocondriaco, mi rassicuro, non è niente di brutto, è solo la solita paranoia di avere qualcosa, è la stessa storia di quando hai dolori intercostali o mal di testa e pensi subito al peggio. Ora siediti un attimo e calmati, vedrai che passa. Sono sempre stato anche un tipo facile da convincere: il consiglio che mi sono dato da solo sembra bypassare la parte di me in preda al panico e arrivare direttamente alle mie sinapsi. Mi ritrovo seduto sul pavimento, incapace di capire come abbiano fatto le mie ginocchia a piegarsi, visto che il sangue al loro interno è argilla, oppure ghiaccio. Sì, ora inizio a considerare anche ipotermia e congelamento: devo aver letto da qualche parte che il sangue congela quando raggiunge una temperatura di venti gradi, non mi sembra una temperatura così difficile da raggiungere, magari mi sono addormentato con le finestre aperte, oppure... no, basta. L'ultima è una scemenza che non convince nemmeno il mio Io più fantasioso o quello che conosce tutti gli episodi di Grey's Anatomy. Eppure, e lo si può affermare senza esagerare o mentire, non mi trovo forse in una circostanza in cui la realtà supera la fantasia? Allo stato attuale non dovrebbe valere tutto?

Resto in questo stato confusionario tutto il giorno, in un continuo alternarsi di totale incredulità, rifiuto di formulare teorie realistiche, estremi tentativi di razionalizzare e ricerca spasmodica di spiegazioni valide. Nel primo dei due casi non faccio altro che negare, anche davanti all'evidenza fisica dei due ratti. Nell'ultimo svolgo approfondite ricerche su Google e leggo quanto più possibile sui seguenti argomenti: allucinazioni psichiche, allucinazioni visive, intossicazione, schizofrenia, delirio zooptico, acufene, sdoppiamento di corpi e persino alchimia.

Verso l'ora di pranzo vedo Sonia 2 (per successione numerica, è il nome capitato al topolino fuori dalla gabbietta) sgambettare prima in giro per la stanza, poi verso il mucchietto di cianfrusaglie da cui ho presunto venisse fuori Sonia 1 (quello in gabbia). Durante la sua assenza posso fingere che non esista, riesco persino ad alzarmi e a riprendere il controllo di me stesso e di buona parte della mia casa. Doccia, un panino, un paio di telefonate, qualche altra ricerca. Do anche un po' di pane a Sonia 1, impossibilitata a procacciarsi il cibo perché rinchiusa.

Da uno scatolone in attesa di essere svuotato recupero l'agenda che mi hanno dato in Banca e decido di usarla per annotare le stranezze che mi sembra di vivere questa mattina. Un po' come quando ho dovuto tenere un diario alimentare per le intolleranze alimentari. Lo specialista che mi prenderà in cura, che sia un neurologo o uno psichiatra, sarà contento di sapere che mi sono portato avanti con i compiti. Dicevo? Ipocondriaco e facile da convincere, in pratica il paziente perfetto.

Quando Sonia 2 viene fuori dal suo nascondiglio ho la conferma: prendere nota degli strani fenomeni in corso mi fa sentire lievemente meglio e mi promuove al grado di privilegiato osservatore di un fenomeno più unico che raro. Mi dà inoltre il coraggio di tornare a muovermi liberamente in casa mia per andare a scrutare la tana del topolino al fine di stabilirne la dimensione e calcolare le possibilità che da lì vengano fuori altre Sonia.

Mi decido finalmente a pulire intorno a quella che deve essere la tana dei topi e raccogliere in un sacchetto tutto ciò che dovrò gettare. Scopro quasi subito che, diversamente da quanto presunto all'inizio, in realtà il fantomatico mucchietto di robaccia non celava affatto un rifugio per roditori, né tanto meno un cartoonesco buco a "U rovesciata" nello spigolo tra il muro e il pavimento, grande abbastanza per far passare un Jerry pronto a infastidire un gatto di nome Tom. Mi vedo sfumare davanti agli occhi la possibilità di fare scarica barile sui miei genitori per avermi creato così inconcludente. Allora da dove arrivano le due Sonia?

Sul muro, in basso, c'è solo una fenditura stretta, somigliante più a uno strappo che a un vero e proprio buco, di dimensioni appena sufficienti al passaggio di quel piccolo roditore, nulla di più grande; da qui mi è impossibile determinare se dall'altra parte ci sia spazio per una coppia di topolini o per un'intera colonia, così inizio a picchiettare sul muro intorno allo spiraglio, convinto di riuscire in questo modo a distinguere il muro cavo dal muro pieno: l'averlo visto fare in qualche film mi fa credere come un cretino che io ne sia capace. Il risultato è che sto letteralmente bussando a una micro-porticina sul mio muro, quando dall'altra parte un esserino viene a chiedere «chi è?». No, non sento anche le voci, non ancora: sono solo io che faccio un doppiaggio in tempo reale per sdrammatizzare il momento, che di divertente e buffo ha ben poco. È un altro dei miei talenti: reazioni che alla maggior parte delle altre persone appaiono inappropriate e fuori contesto. Vedremo poi come reagiranno loro, quelli normali, davanti a stranezze di questa portata! Per quel che mi riguarda credo che a impedirmi di perdere ciò che resta del mio equilibrio psichico sia proprio il mio senso dell'umorismo: finché me ne resterà un po' potrò (forse) salvarmi dall'impazzire.

L'esserino si sporge dalla soglia, annusa l'aria con il suo musetto topesco e, stabilito che ciò che ha davanti a sé è solo una stupida statua di Condillac che non costituisce per lui nessun tipo di minaccia, zampetta fuori correndo spedito verso la gabbietta. Fulmineo getto uno sguardo alla zampa anteriore destra.

C'è. La ferita, simile a quella di Sonia 1 e Sonia 2, solo leggermente più chiara, c'è. Pochi istanti dopo li vedo tutti e tre insieme: uno nella gabbietta e gli altri due fuori, riuniti intorno a un minuscolo altare invisibile sul quale hanno appena sacrificato la sanità mentale del povero disgraziato che li guarda.

Annoto tutto ed esco di casa di corsa come se stessi scappando via per sempre. Purtroppo, dovrò tornare e affrontare la realtà, non prima però di aver comprato stucco, disinfettante, trappole per topi, roba forte da bere e sigarette. Non fumo da quattro anni, ma credo che oggi ricomincerò. 

Il nascondiglio del topoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora