Le donne non si toccano...

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Apro gli occhi. Tutto ciò che vedo è un celeste scolorito. "Liz." Mugolo.
Sento dei rumori assordanti, mi fa male la testa. "Dio, Mathias, stai bene?" Perché sta urlando?
"Non urlare." Le dico. Strizzo gli occhi per poi fare una smorfia. Mi fa male tutto.
"Non sto urlando." Dice lei, sempre urlando.
Sospiro. "Che è successo?" Apro un occhio, guardandola. Ho la gola secca, la lingua sembra pietra.
Liz tentenna un po', prima di decidere che forse è meglio non rispondermi. "Dovresti iniziare a frequentare dei corsi di autodifesa, sai?" Chiede retoricamente.
"Che c'entra?"
Si mordicchia le unghie, io a tentoni gli levo la mano dalla bocca. "Non te le mangiare." Dico dolcemente.
Prende la mai mano fra le sue, l'accarezza. "Ho detto un'altra cosa a Josef." Dice, evitando ancora la mia domanda.
"Cosa?" Non risponde.
Si morde il labbro inferiore. "Ho detto a Josef, sai.." Sbuffa. È inquieta. "Gli ho detto che non lo amo. E che.. Beh."
Mi sta salendo un'ansia assurda solo a guardarla. Deve avere un casino in testa. I suoi occhi si spostano ovunque, non incrociano mai il mio sguardo.
Le stringo dolcemente le mani, si tranquillizza. "Ho detto che ti amo."
Silenzio.
Penso che si possa sentire il battito del mio cuore accelerato.
Silenzio.
Penso che il mio cuore sia uscito dal petto.
Liz posa il suo sguardo su di me. "Sei seria?" Le chiedo.
Arrossisce. "Se non fossi seria secondo te perché mi sarei fatta picchiare?" Mi alzo di scatto mettendomi seduto, la testa gira e mi trattengo dal vomitare.
"Stagli lontana più che puoi." Dico, riferendomi a Josef. Lei annuisce. "Se ti tocca solo un'altra volta... io..." La voce si fa piccola. Che farei? "Vado lì e lo insulto. Le mani addosso non gliele metto, sarebbe inutile - ho il fisico di un soffiatore di minestrine."
"Così poi ti mena lui." Dice e alza gli occhi al cielo.
"E allora?" Scatto. "Nessuno ti deve toccare."
Neanche con un fiore.
Sorride leggermente, so che sta pensando. "Tanto mi hanno già toccata." Cerco di imitare la sua voce. Lei assottiglia gli occhi.
"Allora, mi vuoi dire che è successo?" Alzo un sopracciglio, cercando di alzarmi definitivamente dal letto.
Lei mi posa una mano sulla spalla, facendo no con la testa. Mi rimetto seduto e la osservo. I.. I lividi. I lividi, il taglio sullo zigomo, il taglietto sul labbro.
Io non riuscirei a picchiare un uomo, figurarsi una donna.
"Quando me ne sono andata, dopo le botte che ho preso, mi ha urlato che ero sua, che gli appartenevo, che quelli che avevo in faccia erano i suoi marchi." Dice lentamente.
"I lividi spariranno." La informo. Sorride leggermente.
"Quando ci ha visti a scuola non si è trattenuto. È venuto vicino a noi e ti ha dato una botta dietro la nuca." La sua voce trema leggermente. "Poi ha iniziato a colpirti ripetutamente con.. dei calci. Ho cercato di fermarlo, giuro. Ci ho provato- così tanto." Singhiozza.
Mi alzo e avvolgo le braccia in torno a lei. Dopo qualche minuto si calma. La guardo e sorrido. "Perché piangi? Fa male a me, mica a te." Uso le sue stesse parole.
"Ti posso giurare che fa male pure a me." È sincera. Lo so.
Le prendo la mano, apro la porta e percorro il corridoio che conosco a memoria. La guido verso il bagno, ci fermiamo davanti allo specchio, ognuno guarda la propria immagine riflessa. Josef ci è andato giù pesante, con me. Mi dispiace per Liz, che ha dovuto assistere.
Un grande livido rosso sulla guancia destra, un sopracciglio spaccato e il labbro è leggermente gonfio.
Mi tolgo la maglietta e nel mentre mi scappa un gemito di dolore. Mi scruto nello specchio: segni ovunque.
Liz sposta lo sguardo dal suo riflesso al mio, la vedo a disagio. "Io- mi dispiace. Dovevo fermarlo." Si addossa le colpe, non capisco perché. Quella scintilla che le attraversa sempre lo sguardo oggi è assente.
"Liz, non fanno neanche tanto male."
Si gira verso di me, mi guarda. Preme un dito su una ferita a caso, gemo. "Liz!" La riprendo.
"Non fanno male, no?" Dice.
La guardo male. "Vieni qui, cretina." Apro le braccia e lei non aspettava altro. La scintilla ritorna nei suoi occhi, il sorriso sul suo volto. Mi si scaraventa addosso, e fa malissimo, cazzo, fa davvero male. Mi stringe così forte che penso che morirò. Ma sto zitto, ingoio i gemiti.
"Ti voglio bene, Liz." Perché 'ti amo' ancora non sono abituato a dirlo.
"No, tu mi ami." Dice e ride.
E io rido con lei, anche se mi viene da piangere.
Come ha potuto picchiare Liz?

La teoria dei coloriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora