La teoria dei colori

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I colori possono essere buoni o cattivi, dipende da come li usi.
Il bianco può essere la purezza o il nulla.
Il blu può essere la notte o il freddo di uno sguardo, dello sguardo di Liz.
Il rosso può essere l'amore, il bellissimo amore che provavo nei confronti di Liz, o la rabbia, quella che è venuta dopo, quando mi ha lasciato l'anello di plastica sul banco insieme a un biglietto: "Addio".
Non valevo neanche una parola detta a voce? Neanche uno sguardo? Neanche un ripensamento?
Il viola può essere la felicità o l'invidia, la gelosia provata nei confronti di Josef. Li ho rivisti insieme e nuovamente avvinghiati. Mi sono chiesto il perché. Perché Liz non ha rispetto per se stessa? Poteva tornare da me, poteva dirmi d'aver sbagliato, potevamo fare l'amore. Non l'avrei mai picchiata. Non le avrei mai fatto del male.
Il verde può essere la speranza, la speranza di rivedere Liz rientrare in casa, salutare Arina con un "ma oggi sta benissimo, signora". Il verde scuro può essere la speranza bruciata quando lei, da quella porta, non è più rientrata.
Il giallo può essere il fuoco, una fiamma che si accende dentro, la passione. La passione di quel momento, quando Liz mi ha baciato per la prima volta e voleva fare l'amore - l'amore! - con me, povero disgraziato.
Il nero. Il nero è l'unico colore che per me rappresenta solo cose brutte. Nero come il vuoto che ha lasciato Elizabeth nel mio petto, nero come le borse che porto sotto gli occhi, nero come il mio sguardo malinconico, nero come il buio, nero come gli abissi del mare, nero come il mio cuore carbonizzato.
Il nero è l'unico colore che riesco a vedere, l'unico colore che colora le mie giornate. Non c'è neanche il bianco. La vita con me è stata così ingiusta da avermi regalato un'esistenza monocolore: nera.
"Come stai, Mathias?" Non me lo chiedo più. Non m'interessa. I primi giorni l'ho fatto, la risposta era sempre la stessa: nero, nero, nero.
Esco dalla stanza, incrocio lo sguardo di mia madre e le sorrido un po'. Mi guarda con compassione. "Come stai?" Mi chiede mentre s'avvicina.
Mi fa male il cuore, perché prima solo due persone me lo chiedevano: io e Liz.
Cerco di sorridere ma fallisco, fallisco miseramente. "Male." Rispondo.
Arina strabuzza gli occhi, mai avevo risposto con un "bene" o un "male".
Crollo sul pavimento e la casa si riempie di singhiozzi e dolore.

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